Prima pagina
PER L’UNITA’ E LA RADICALIZZAZIONE DEL MOVIMENTO DI LOTTA
E’ L’ORA DI UNA SVOLTA DI TUTTO IL SINDACALISMO DI CLASSE
29 Marzo 2009
volantino PCL distribuito in occasione dello sciopero generale del sindacalismo di base
La manifestazione odierna ci vede pienamente partecipi, come tutte le manifestazioni e gli scioperi contro le politiche dominanti. Tanto più in presenza ,in questo caso, di rivendicazioni immediate del sindacalismo di base che condividiamo e sosteniamo .
Ma ciò che non vediamo è una proposta reale e complessiva sul terreno dell’azione che sia all’altezza della gravità della crisi sociale e di un livello dello scontro qualitativamente nuovo.
Di fronte alla più grande crisi capitalistica degli ultimi 80 anni e al governo italiano più reazionario dal 1960, il movimento dei lavoratori registra una drammatica impasse di azione e di prospettiva. La burocrazia dirigente della CGIL si limita a reagire , in una logica di apparato, alla propria esclusione dal tavolo di concertazione, inseguendo il recupero di una intesa con Confindustria: per questo Epifani non solo rifiuta ogni prova di forza col padronato e con lo stesso governo, ma si vanta pubblicamente, sui giornali borghesi, di saper evitare in Italia una “rivolta sociale” alla greca. Le manifestazioni trimestrali della CGIL- anche imponenti-vengono dunque finalizzate da un lato a “premere” sul padronato per ottenere un’apertura, e dall’altro a disinnescare quell’esplosione sociale che Epifani considera “un rischio”.
La risposta dei gruppi dirigenti del sindacalismo di base ci pare profondamente subalterna. Nei fatti tutta la loro azione sembra ridursi ad un inseguimento- separato e a distanza- dello scadenzario rituale di mobilitazione della CGIL ( iniziative trimestrali, scioperi dimostrativi..), naturalmente su scala quantitativa più ridotta: in una logica attenta a salvaguardare uno spazio di propria presenza ed immagine dalla concorrenza della CGIL, più che ad indicare e costruire una reale alternativa di lotta del mondo del lavoro. Quasi che il problema fosse conservare il proprio ruolo, più che sviluppare il movimento reale delle masse e lottare in esso per un’egemonia alternativa. Che senso ha avuto, ad esempio, disertare lo sciopero generale della Fiom il 13 febbraio, se non autorecintarsi dal cuore della classe operaia industriale, senza peraltro avanzare alcuna proposta alternativa d’azione? Il risultato è quello di concorrere, di fatto, alla crisi di prospettiva e di sbocco del movimento di classe. Che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Pensiamo che la linea complessiva delle direzioni sindacali ( confederali e di base) vada radicalmente mutata, in direzione di una politica di unità e radicalità del movimento operaio. L’esigenza primaria dei lavoratori è quella di ricomporre la massima unità della propria lotta ad un livello di scontro qualitativamente nuovo. E’ quella di vincere insieme, non di perdere in ordine sparso. Tutta l’avanguardia di classe, ovunque collocata sindacalmente, è chiamata a rispondere a tale esigenza . Fuori da una pura ottica conservativa di concorrenza di sigla tra sigle.
1)E’ necessario che tutte le forze del sindacalismo di classe- interne ed esterne alla CGIL, e con il pieno coinvolgimento della Fiom- lavorino ad una grande assemblea nazionale di delegati eletti, di carattere intercategoriale, che si assuma la responsabilità di definire e proporre all’intero movimento dei lavoratori una piattaforma di svolta e una svolta di lotta: unitaria, radicale, di massa. La proposta di una grande assemblea di delegati, interconfederale e democratica, avrebbe , per la sua pubblica rappresentatività, un impatto di massa incomparabilmente superiore ad una tradizionale proposta separata di questa o quell’altra sigla. E soprattutto una maggiore capacità di entratura nella classe operaia industriale, perno decisivo dello scontro sociale.
2)E’ necessario legare la convocazione dell’assemblea dei delegati alla proposta di una vertenza generale unificante del mondo del lavoro, dei precari , dei disoccupati, che configuri una vera prova di forza con le classi dominanti e il loro governo. Le tradizionali manifestazioni una tantum del sindacalismo confederale o di base sono un’utile occasione di manifestazione di dissenso, ma non spostano di una virgola i concreti rapporti di forza fra le classi. Tanto più a fronte dell’attuale valanga della crisi. Occorre voltare pagina. Solo una svolta di lotta concentrata e radicale, solo un’autentica esplosione sociale può liberare una scenario nuovo. Se Epifani lamenta “il rischio” di un’esplosione sociale, tutta l’avanguardia di classe è chiamata a investire apertamente e unitariamente in questa prospettiva. Sia in termini di piattaforma, sia in termini di forme di lotta e di organizzazione ( occupazione di aziende in crisi, comitati di sciopero, casse di resistenza..). La costruzione di uno sciopero generale vero, a carattere prolungato, su una piattaforma unificante, va pubblicamente perseguita. In altri paesi europei ( Grecia, Francia, Islanda, Estonia ) sotto la pressione della crisi, vanno maturando nuovi livelli di scontro ,che stanno seriamente preoccupando le classi dominanti. Sarebbe davvero sconcertante se in Italia continuasse, imperterrita, la vecchia routine.
Nei fatti solo una risposta anticapitalistica alla crisi può aprire dal basso una scenario nuovo. Solo una lotta per un governo dei lavoratori, contro industriali e banchieri bancarottieri, può consentire, cammin facendo, conquiste parziali e difesa dei vecchi diritti. E viceversa, senza un’esplosione sociale radicale che sfidi apertamente le classi dominanti, il movimento operaio rischia un nuovo drammatico arretramento. Con possibili ricadute ulteriori sul terreno dei diritti democratici( diritto di sciopero..). E con possibili ulteriori regressioni della propria stessa cultura ( sentimenti xenofobi..).
Altre sinistre, ieri corresponsabili della politiche antioperaie del governo Prodi, sono impegnate unicamente a costruire cartelli elettorali tra loro, rimuovendo la stessa esigenza dell’unificazione del movimento reale attorno a una proposta di svolta. Il PCL, unico partito della sinistra che non si compromesso con i governi padronali, pone l’unificazione e radicalizzazione del movimento reale al centro della propria azione e proposta politica: in ogni lotta, in ogni luogo di lavoro, in ogni sindacato. E subordinerà la sua stessa campagna elettorale allo sviluppo di questa azione e proposta .
IL PCL STA PROMUOVENDO UNA CAMPAGNA NAZIONALE PER LA NAZIONALIZZAZIONE DELLE AZIENDE IN CRISI E DELLE BANCHE, CHE HA GIA’ RACCOLTO UN NUMERO SIGNIFICATIVO DI ADESIONI TRA DELEGATI E STRUTTURE SINDACALI . PUOI TROVARE IL TESTO DELLA CAMPAGNA SUL SITO NAZIONALE DEL PCL ( pclavoratori.it)








