Rassegna stampa

La scialuppa di Ferrando pattuglia Rifondazione, “una nave che affonda”

Il futuro dei ribelli del Prc. Il capo del Partito comunista dei lavoratori raccoglie militanti ex bertinottiani e offre una sponda ai nuovi dissidenti. “Marcos o Marchionne? Marx”

4 Agosto 2006

Roma. “Rifondazione è una nave che affonda”. Appassionato di comunismo nonmeno che di aria di mare, Marco Ferrandosente il vento e vede il suo ex partito, dice, che imbarca acqua, “la prua è già sotto”, e certo non se ne addolora. Lui, che fu escluso dalle liste del Senato alla vigilia del voto, adesso pattuglia avanti e indietro, giorno dopo giorno, l’intera penisola, nei luoghi doveil partito di Fausto Bertinotti e Franco Giordano è più in sofferenza per la contingenza governativa. “In Puglia, da Lecce a Taranto a Foggia raccolgo consensi, tanti militanti di Rifondazione passano con noi, in Sicilia da Corleone a Belpasso a Siracusa, a nord da Varese a Mantova”, dettaglia.

“Rifondazione ormai sta sviluppando una specie di rifondazione socialdemocratica di Rifondazione comunista, a tutti gli effetti si è trasformato nell’ala sinistra del centrosinistra”. A giugno Ferrando ha dato vita al movimento costitutivo del Partito comunista dei lavoratori, che pensa di rafforzare seguendo passo passo il travaglio degli ex compagni. “Non possono sganciarsi dalle politiche di governo, e questo non gli consente nessuna foglia di fico: devono dare l’arrosto senza neanche la contropartita del fumo con cui nasconderlo”, analizza.

“E’ una partita di scambio. E’ parte della storia del Novecento: un partito di sinistra che in cambio di un ruolo istituzionale e di un ministro e mezzo si compromette nella gestione di programmi e politiche delle classi dominanti”. La presidenza di Montecitorio a Bertinotti è, per Ferrando, “il sigillo di assoluta stabilità” garantita dal Prc, il passaggiodella guida del partito a Giordano “un ulteriore elemento di difficoltà, quello era il partito di Bertinotti e se non c’è Bertinotti la percezione è: dov’è finita Rifondazione?”.

Ovvio che, in particolare, l’occhio ferrandiano cada sulle tribolazioni della minoranza interna, i dissidenti che hanno votato l’Afghanistan e poi il Dpef, “e la fiduciasette volte”. Per l’ultima volta, dicono Malabarbae Cannavò e Grassi e tutti gli altri. Ferrando ironizza: “Il vero ultimatum l’ha dato il governo a loro, più che loro al governo”. Si capisce che Ferrrando presti attenzione, ma senza grandi illusioni. “Speravo in una ricollocazione di questi compagni all’opposizione – dice – ma per l’ennesima volta ho dovuto constatare la loro resa. Non sono molto incoraggiato sulla prospettiva di una loro demarcazione in autunno”. Riconosce che “anche per loro la situazione è difficile: quando la barca affonda, si rischia di essere coinvolti nella catastrofe anche se dissidenti. I loro margini di manovra ormai sono sempre più esigui. Invece di ringraziarli per la fiducia, il gruppo dirigente li ha messi sotto schiaffo”.

Margini di manovra che invece, secondo Ferrando, per il suo Partito Comunista dei Lavoratori si allarganoa dismisura. “Uniamo le forze, ma dovete scegliere”. Per l’autunno, promette, “lanceremo unaffondo a 180 gradi nei confronti di tutta la sinistra italiana”, per il momento ha una proposta da fare ai dissidenti, ma ha pure delle condizioni da porre. “Al di là delle oscillazioni del vostro percorso – fa sapere Ferrando ai ribelli dell’ex partito – siete arrivatial capolinea e dovete scegliere: chinare il capo nella disciplina di governo o rompere con Rifondazione, tagliare il cordone ombelicale”. Si può, aggiunge, “unire le vostre forze alle nostre, costruire insieme il movimento per il Partito comunista dei lavoratori. La condizione, appunto, è la rottura con Rifondazione e la collocazione netta all’opposizione”. Per Ferrando, Malabarba e gli altri “non possono più stare in mezzo al guado, non possono più essere né carne né pesce, devono scegliere cosa fare da grande”. Lui, intanto, continua ad andare avanti e indietro per l’Italia. Il sito del suo movimento è una sorta di marcia trionfale, compagni che passano da Rifondazione in ogni dove, da Fermo a Riva Trigoso, dal Vibonese al Molise, da Padova a Porto San Giorgio, “in tanti aderiscono al nostro partito, non ragioniamo in termini di centinaia ma di migliaia. Un processo molecolare diffuso in tutto il territorio nazionale”. Ed al gruppo dirigente, invece, finora non è arrivato nessuno? “In effetti non abbiamo ancora intaccato il gruppo dirigente nazionale. Marciano tutti come marinai disciplinati sulla nave che va a picco”.

E il bertinottiano elogio della “buona borghesia” rappresentata da Sergio Marchionne? La nuova icona al posto del subcomandanteMarcos? Ferrando ha un brivido di orrore (politico): “Tra quello di Marcos e quello di Marchionne, preferisco il poster di Marx”.

da Il Foglio

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