Interventi

Per il raggruppamento dei trotskisti

16 Aprile 2024
trot


«Il movimento operaio si era così rafforzato in diversi paesi d'Europa che Marx poté pensare di esaudire un desiderio nutrito da tempo: fondar un'associazione operaia estesa ai paesi più progrediti dell'Europa e dell'America, incarnante il carattere internazionale del movimento socialista sia per gli operai sia per i borghesi e i governi, per dare coraggio e forza al proletariato e terrore a suoi nemici. Una riunione popolare tenuta il 28 settembre 1864 in St. Martin's Hall a Londra (in favore della Polonia, allora subente una nuova repressione russa) offrì lo spunto di far la proposta, accolta con entusiasmo. L'Associazione internazionale degli operai fu fondata. L'assemblea elesse un Consiglio generale provvisorio con sede a Londra, e Marx fu l'anima di questo e di tutti i seguenti Consigli generali fino al Congresso dell'Aja. Marx scrisse quasi tutti i documenti emanati dal Consiglio generale dell'Internazionale (dall'Indirizzo inaugurale del 1864 fino all'Indirizzo sulla guerra civile in Francia del 1870)»
(Friedrich Engels, Karl Marx)

L’internazionalismo è una parte essenziale del marxismo rivoluzionario, un internazionalismo strutturato che non si perde nella sua semplice declinazione di mera solidarietà, ma organizza il movimento operaio. Viviamo in un tempo di crisi economica, ma la nostra è soprattutto una crisi della direzione della classe operaia, una crisi delle fondamenta del marxismo. Oggi, dalla parola “crisi” deriva una visione e divisione negativa delle organizzazioni trotskiste conseguenti. La crisi dovrebbe al contrario essere una spinta verso il cambiamento, una spinta per invertire questa tendenza delle forze trotskiste ad autoproclamarsi come uniche portatrici di verità. Una spinta verso il raggruppamento. Dobbiamo avere coraggio di farlo, perché solo attraverso il processo fusionistico delle direzioni del movimento operaio, la classe operaia potrà innescare un reale e concreto cambiamento.

I trotskisti devono avere il coraggio di tale cambiamento perché questo è il loro ruolo fondamentale. Ma perché le organizzazioni trotskiste non procedono in questa direzione? Le motivazioni sono molteplici, alcune sembrano sfuggire, ma al di là delle divergenze politiche (tali o presunte, quasi mai insormontabili), quasi sempre alla base delle divergenze ci stanno motivazioni puramente formali che possono riassumersi con “non abbiamo omogeneità politica”, un problema reale ma non così determinante se si volesse davvero procedere alla riunificazione.

Infatti l’internazionale Comunista vedeva ai suoi inizi posizioni che spaziavano da Bordiga a Bucharin e pensare che l’autorappresentazione tattica bordighista possa essere omogenea al FUA, non ha alcun senso logico (per inciso, il Fronte Unico antimperialista, stabilito al IV congresso IC, era una tattica che prevedeva un’unione di tutte le forze di classe contro l’imperialismo per conquistare così l’egemonia all’interno del movimento operaio, ed è ovvio che una tattica del genere era del tutto agli antipodi dall’isolazionismo settario di Bordiga).

Curioso come i trotskisti conseguenti non morenisti, rivendichino a gran voce il Quarto Congresso dell’ IC con Lenin in vita, nel quale è presente il FUA ma poi con la scure della teoria attaccano il FUR morenista (su cui abbiamo le nostre perplessità), come se il FUR fosse qualcosa di molto diverso dal FUA, quando in realtà qualche aspetto di somiglianza ne aveva. La verità è che Il Quarto Congresso della III Internazionale per il movimento trotskysta, è rivendicato forse in modo cangiante a seconda della convenienza.

Trotsky, ricordiamo, dopo la presa del potere di Hitler, definì irrecuperabile l’internazionale stalinizzata, perché mutata geneticamente e decise di rifondare una nuova Internazionale, la Quarta, ma non lo fece solo per la ormai prossima esplosione della Seconda Guerra mondiale ma anche e soprattutto perché voleva lasciare il programma del bolscevismo alle generazioni future, uno strumento di lotta per l’avanguardia. Un’avanguardia che, al momento della nascita della Quarta era tutt’altro che omogenea, ma Trotsky non pretese eccessive affinità. Alla base della Quarta, Trotsky pose le necessità storiche della classe operaia rivoluzionaria, non delle valutazioni politiche assolute di questo o quel gruppo, tanto meno inchiodò qualcuno di questi al loro passato.

Ma in che modo è nata la Quarta Internazionale? Con quale metodo? La domanda è semplice come è semplice la sua risposta: per raggruppamento.

Nel febbraio del ’29 Trotsky fu espulso dell’Unione Sovietica ed esiliato in Turchia sull’isola di Prinkipo e dall’inizio pose il processo di raggruppamento su scala internazionale. Una riunione svoltasi a Parigi il 6 aprile del 1930 diede l’impulso a questo sforzo politico organizzativo che sfocerà poi nella IV. Alla riunione parteciparono 8 gruppi d’opposizione di vari partiti comunisti e fu discussa la proposta di una conferenza internazionale che avrebbe dato vita alla fusione delle varie organizzazioni. Venne anche formalizzato un Bureau Internazionale.

Trotsky e l’Opposizione di Sinistra, poco dopo l’ascesa del nazismo che decretò come abbiamo scritto l’irriformabilità della Internazionale Comunista stalinizzata, diedero vita al “blocco dei quattro” (il Socialistische Arbeiterpartei tedesco, SAP, i due partiti olandesi – il Revolutionair Socialistische Partij, RSP, e l’Onafhankelijke Socialistische Partij - OSP) a Parigi il 27-28 agosto del 1933, attorno ad un nuovo progetto politico, la costruzione di una nuova internazionale. È evidente che queste organizzazioni non avevano le stesse posizioni dell’Opposizione di sinistra, su tanti aspetti. Trotsky però, proprio come Lenin, non ha mai voluto, nei fatti, rilanciare una nuova Internazionale rigida e assuefatta ideologicamente. Per la chiarezza dei principi vi era la discussione e l’unità d’intenti, tutti aspetti che mancano oggi alla stragrande maggioranza delle organizzazioni che si richiamano al trotskismo.

Il movimento trotskista nonostante le vittime, non ha mai rimandato il processo di costruzione della Quarta, in attesa dell’unità d’intenti; non ha mai assunto una posizione attendista giustificata da una sorta d’impossibilità politica a costruire l’Organizzazione. Non ha mai confuso il processo di raggruppamento col processo politico dagli scranni di un tribunale marxista improvvisato per ammettere o escludere chi non era del tutto simile o identico alle posizioni che si ritenevano più o meno corrette in quel momento.

La Quarta procedette in questo modo:

1. Nomina del comitato esecutivo internazionale

Alla presidenza d’onore della conferenza tutti i delegati mettono i nomi dei loro cari compagni: Léon Sedov, Erwin Wolf, Rudolf Klement, vecchi membri del segretariato internazionale dei bolscevichi leninisti caduti nella lotta contro la contro-rivoluzione stalinista, Ignace Reiss, De Moulin (Freund), Skalos, tutte le vittime dell'orrore terrorismo fascista e stalinista e di tutti gli imprigionati e vittime della lotta di classe internazionale, combattenti della IV internazionale in prima fila come Ta Tu Thau. Poi V. a nome del SI (Segretariato Internazionale) fa un breve rapporto riassumendo l’attività del SI dal 1936, data della sua precedente istituzione.

Nel 1939 la conferenza è stata preparata rapidamente: i documenti principali non erano stati discussi nelle sezioni. Un progresso importante è stato fatto. Questa conferenza è stata preparata in condizioni estremante difficili sotto i colpi di una repressione del nostro movimento senza precedenti. Il nostro compagno Klement è stato ucciso nel corso della preparazione [1]
Ciononostante siamo riusciti ad assicurare una vera e profonda preparazione politica.
Le tesi politiche generali sono state pubblicate nel mese di maggio in francese, tedesco, inglese e russo e discusse tanto dalle direzioni delle sezioni nazionali che dai membri della base.

Dunque quando qualche organizzazione trotskista adduce ancor oggi motivazioni di mancata omogeneità per rifiutare un processo di convergenza, caratterizzato dall’unità degli intenti, non è un’organizzazione davvero genuina, perché nei fatti antepone i propri interessi di struttura a quelli della classe operaia. L’organizzazione sana fa esattamente il contrario. Si aggiunga che subordinare l’interesse generale della classe operaia, ai propri interessi di struttura, significa nei fatti anteporre lo sciovinismo di partito all’internazionalismo, anche se ammantato da regolari “Internazionali Frazione” o da qualche altra surrogata proiezione internazionale. Più i militanti fanno così, più appaiono per quanto cantino l’Internazionale, dei trotskisti non completi.

Trotsky lanciò un appello per la convergenza delle organizzazioni marxiste, ma non ha mai proceduto in modo lineare, o meglio non ha mai fatto unicamente questo, ma ha mantenuto rapporti esclusivamente binari con singole, particolari organizzazioni, sempre per procedere poi, magari dopo anni, verso una possibile convergenza.

Questo metodo è totalmente contrapposto e in antitesi al metodo del raggruppamento. Quando si vuole davvero il raggruppamento, si deve fare tutt’altro, ovvero raggrupparsi anche con chi, pur nella diversità, si riconosce sostanzialmente simile, non dilettarsi in rapporti binari con piccole frazioni internazionali e soprattutto avere il coraggio di subordinare i propri interessi di frazione per un contenitore più grande.

Il raggruppamento per omogeneità di vedute è l’ultimo grido del “trotskista eterodosso” (c’è anche questo, a volte e purtroppo...). Perché se è vero che i partiti, anche quando sono piccoli, non sono un club di discussione, è vero anche che la politica si fa con la discussione. E vorremmo quindi sapere che discussione si potrà mai fare tra compagni omogenei che hanno sempre la stessa identità di vedute? Erano omogenei Gramsci e Bordiga nella discussione decisiva sui consigli di fabbrica? Erano omogenei Trotsky e Lenin nella discussione sui sindacati dopo la rivoluzione? No erano molto distanti tra loro, ma quella distanza non tracciava un solco tra loro, perché tutti e due (e quattro!) si riconoscevano nella stessa cornice politica, si riconoscevano cioè rivoluzionari comunisti che volevano davvero promuovere la causa della classe operaia.

Ecco la lista delle organizzazioni partecipanti alla fondazione della Quarta Internazionale:
Organizzazioni regolarmente affiliate:
Francia: Partito Operaio Internazionalista (bolscevico-leninista). Gioventù Socialista Rivoluzionaria.
Inghilterra: Lega Socialista Rivoluzionaria.
Belgio: Partito Socialista Rivoluzionario. Gioventù Socialista Rivoluzionaria.
Germania: Comunisti Internazionalisti di Germania.
Polonia: Gruppo Bolscevico-leninista.
Stati Uniti: Partito Socialista Operaio. Gioventù Socialista.
Canada: Gruppo Bolscevico-leninista.
Olanda: Gruppo Bolscevico-leninista.
Grecia: Lega Comunista Internazionalista, Unione dei Comunisti Internazionalisti.
Svizzera: Azione Marxista (collegamento sezione simpatizzante)
Cecoslovacchia: Gruppo Iskra-Banner.
Norvegia: Gruppo Bolscevico-leninista.
Romania: Gruppo Bolscevico-leninista (collegamento sezione simpatizzante)
Austria: Comunisti rivoluzionari (collegamento sezione simpatizzante)
URSS: Opposizione di Sinistra (bolscevico-leninista).
Messico: Lega Comunista Internazionalista.
Cuba: Partito Operaio Rivoluzionario.
Santo Domingo: Bolscevichi-leninisti.
Brasile: Partito Operaio leninista.
Argentina: Gruppo Bolscevico-leninista.
Cile: Partito Operaio Rivoluzionario.
Bolivia: Gruppo Bolscevico-leninista.
Uruguay: Gruppo Bolscevico-leninista.
Cina: Lega Comunista Internazionalista.
Indocina: Unione dei Bolscevichi Leninisti.
Australia: Partito Operaio
Africa del Sud: Gruppo Bolscevico-leninista.

Esistono inoltre due gruppi legati al SI senza esservi affiliati in Cecoslovacchia (Proletar) e in Danimarca.

Come si vede da questo ampio e variegato elenco, rispetto a Trotsky, le attuali formazioni trotskiste non procedono secondo il metodo del raggruppamento di allora, hanno un metodo inverso e di comodo, anche per giustificare il loro presunto internazionalismo agli occhi della propria base. Molte organizzazioni aggirano la naturale e ovvia esigenza di unificazione dei gruppi militanti marxisti, con la giustificazione d’incompatibilità programmatica, anche se la questione non assume sempre queste forme. Per fare un esempio, se la UIT dovesse discutere col PO argentino di una possibile fusione, è chiaro che la posizione di non accettazione della Russia come paese imperialista da parte del PO, rappresenterebbe un problema (visto che trattasi di una posizione alquanto lunare) oppure sarebbe complesso riproporre una ricomposizione con la Mst dopo l’assurda tattica, settaria, elettorale avanzata negli ultimi tempi dalla Mst. Oppure una possibile convergenza tra FT e l’universo mondo trotskysta non avendo la FT (PTS) il centralismo democratico a livello internazionale, aspetto a nostro avviso molto preoccupante. Ma se tutte le organizzazioni fossero mosse dall’esigenza di rifondare la Quarta, subordinerebbero le loro proiezioni d’internazionale frazione a questa esigenza oggettiva e con l’ausilio del centralismo democratico ci si avvierebbe verso una nuova internazionale.

Come diceva Trotsky: «Non è il potere che corrompe, ma la paura: la paura di perdere il potere». E l’abbiamo visto in qualsiasi contesto, grande o piccolo. Pensiamo al PO alla FT.

Senza centralismo democratico non vi è un sano trotskismo. Per non parlare di quello che davvero possiamo definire “morenismo sostanziale”, se per morenismo, nella vulgata lambertista o pablista si intende la capacità di cambiare posizione politica dall’oggi al domani, nella mera ottica opportunista. Così abbiamo organizzazioni che hanno preso formalmente le distanze dal morenismo, ma poi si sono avvitate in settari voli pindarci opponendosi alla sacra unità dei trotskisti nel FIT. Noi preferiamo la coerenza, indipendentemente dal fatto che qualcuno voglia arredare la sua sede con la foto di Moreno. A questo proposito la pretesa dell’eliminazione preliminare della foto di Moreno - che lo ricordiamo è e resterà per sempre un trotskista (con all’attivo anche cose buone, non meno di altri) – da sede e siti di gruppi coi quali si dovrebbe entrare in rapporti, è pregiudizialmente sbagliata.

Questa paura non la si riscontra solo nelle politiche di “controllo” interno, ma anche e soprattutto verso le forze potenzialmente antagoniste: quante sette abbiamo conosciuto nell’universo comunista, tutte basate grosso modo sul motto di Gaio Giulio Cesare: «Preferisco essere primo qui (un piccolissimo villaggio delle Alpi, nda) che secondo a Roma». Invece, molte organizzazioni preferiscono vegetare nel loro ambiente nazionale anziché porsi una vera e propria progettualità internazionale. E stiamo parlando di organizzazioni, tendenze che hanno una storia pluridecennale. Una storia che comincia ad essere statica.

Il problema dell’aggregazione delle direzioni rivoluzionarie, è un problema anche di ego politico e di questioni personali. La valutazione di un buon gruppo dirigente deve basarsi non su un successo effimero dell’organizzazione, ma sul progresso delle oggettive istanze della classe operaia, ampliando le sue rivendicazioni, facendone una cassa di risonanza a livello internazionale, mettendo davvero in pratica la sintesi del Manifesto del Partito Comunista: «proletari di tutti i Paesi unitivi», il cui ovvio corollario dovrebbe essere «Partiti Comunisti (trotskisti) di tutto il mondo fondetevi nella Quarta». Altrimenti non si capisce perché tutti questi compagni dovrebbero essere chiamati avanguardie, quando non vanno molto più in là di un’adesione astratta al marxismo. Perché va da sé che se non si procede davvero all’unificazione della maggior parte dei trotskisti, non si fa nulla nei fatti nemmeno per l’unità dei proletari.

The last but not the least è il problema che possiamo definire di genere ideologico. Quello che abbiamo notato come CQI, minoranza del PCL, che è difficile, molto difficile dire di aver sbagliato nel corso della propria vita politica. Fare retromarcia su quella singola organizzazione come su quel movimento, come sulla singola opinione. Non è facile ammettere di poter fallire. Questo tentativo affannoso di dimostrare di essere intoccabili, di non essere vulnerabili all’errore, di seguire sempre la via politica corretta è un’arma a doppio taglio.

Un’occasione per ammettere i propri errori è, in fin dei conti, un’eccezionale opportunità di crescita e di miglioramento, indubbiamente necessario anche ai fini della lotta di classe, non a caso gli psicologi Roy Lewick e Leah Polin hanno scoperto che è sempre più facile sentirsi dire, “va bene” piuttosto che “va bene, sono sicuro di aver sbagliato, ho commesso un errore”. Questo vale per tutte le organizzazioni ed internazionali frazione e/o frazioni internazionali.

È il caso di organizzazioni che hanno e provano a superare il trotskismo, partendo dalla forma, lanciando appelli per una V internazionale dissolvendo la centralità della classe operaia, oppure di altre organizzazioni ancorate ad aspetti revisionisti dell’entrismo (strategico e non tattico). Tuttavia nonostante tutte le divergenze, anche importanti, siamo i primi a dire che non sarebbe un problema insormontabile da superare, se davvero si avessero gli stessi intenti. Non sarebbe un problema insuperabile se queste organizzazioni, non mettessero appunto al di sopra di tutto la conservazione della propria autocentrata organizzazione, magari mettendo pure il veto per il raggruppamento politico, vincolandolo ad una sorta di espiazione politica per un passato morenista, healysta, lambertista.

Sono sciocchezza prive di fondamento teorico. Ovviamente, un bilancio politico di tali esperienze va fatto, ma non può rappresentare la conditio sine qua non per il raggruppamento. Lenin non ha mai chiesto a Trotsky di fare un bilancio del suo passato e della Mezhraionka, come non l’avrebbe chiesto a Martov se, alla vigilia della rivoluzione d’Ottobre, con la sua tendenza menscevica internazionalista, si fosse unito ai bolscevichi come parve possibile in un primo momento.

I fallimenti politici, piccoli o grandi che siano, delle organizzazioni internazionali trotskiste, hanno portato al fallimento e all’implosione della Quarta Internazionale. Ma non sono solo le errate analisi politiche ad averla distrutta, spesso hanno influito e pure molto di più, specie oggi, anche atteggiamenti ipercentralizzati, alimentati da egoismi patologici. In molti casi, nel corso della storia, si tende a dare, quasi esclusivamente, una valutazione politica alle scissioni del movimento operaio e questo non sempre rappresenta la realtà, anzi è molto riduttivo.



COSA FARE?

Dobbiamo avere il coraggio di raggruppare l’universo del movimento trotskista conseguente e per fare questo, le piccole organizzazioni, devono avere il coraggio di entrare oggi, immediatamente, in un’organizzazione che abbia il centralismo democratico; la giusta analisi sull’imperialismo cinese e russo; il giusto concetto dell’autodeterminazione dei popoli, per i conflitti come quello in in Ucraina; la voglia di ricostruire la Quarta partendo dalla centralità della classe operaia; un corretto approccio verso le elezioni e il relativo e possibile sostegno critico (come da tradizione leninista) al secondo turno. Ci sia la volontà di anteporre all’esigenza di classe la propria organizzazione.

L’organizzazione che più si avvicina ai punti qui delineati e che sono poi anche i principali assi è la UIT (con tutti i suoi limiti, errori che nessuno nasconde). Coi compagni e le compagne di quell’organizzazione, dobbiamo lanciare una volta dentro, un appello alle altre forze trotskiste che condividono gli intenti di fondo, perché si uniscano e fondano al suo interno per il rilancio della Quarta Internazionale. Se il metodo è quello del raggruppamento, vogliamo unirci siano prima le piccole organizzazioni a cedere un minino la loro sovranità per l’etica della lotta di classe. Altre scelte non reggono come non hanno retto alla prova del tempo. Ai nostri critici che ci dicono perché allora la UIT già non lo fa, rispondiamo che è vero solo in parte, ma che certo un ulteriore motivo per entrarci è l’accelerazione della battaglia al suo interno perché questo appello sia sempre più chiaro e forte.



Nota

1 - Della conferenza internazionale

Tendenza CQI

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FONTE