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Pagare per lavorare, ovvero del concorso docenti 2024

9 Marzo 2024
concorsoscuola


Tra una settimana partiranno le prove scritte del concorso straordinario docenti 2024. che vede la partecipazione di quasi cinquecentomila candidati per meno di 25.000 posti.

E, per l'ultima volta, i 24 Crediti Formativi Universitari (CFU, una sorta di unità di misura con cui presumibilmente quantificare lo studio e la preparazione) saranno validi come requisiti per la partecipazione ai concorsi della scuola. Negli ultimi anni, per ottenere i crediti in questione, prerequisiti fondamentali per la partecipazione al concorso ordinario indetto nel 2020 (e svoltosi nel 2022), hanno battuto cassa enti ed esamifici, spessissimo privati, per un volume complessivo di denaro non irrilevante.

Con la Riforma Bianchi, dal 2025 saranno 60 i crediti necessari per conseguire l'abilitazione o partecipare al concorso. La riforma fa già sentire i suoi effetti sulle precarie e i precari dell'insegnamento che da anni si barcamenano tra riforme e novità dell'ultimo minuto dovendo pagare profumatamente di tasca propria le conseguenze di queste decisioni prese dall'alto: proprio da questo concorso infatti, chi dovesse risultare vincitore dovrà colmare il vuoto che c'è tra i 24 CFU posseduti e i 60 da possedere. Come? Pagando, ovviamente. E, oltre a pagare, lavorando gratis sotto forma di tirocinio.
L'ipotetico vincitore del concorso che si terrà tra pochi giorni dovrà infatti svolgere un anno di prova a contratto a tempo determinato: di mattina dovrà fare lezione come insegnante, mentre di pomeriggio dovrà obbligatoriamente seguire il corso formativo per raggiungere il famigerato numero di crediti previsti dalla nuova riforma. E per giunta a pagamento.

Al termine dell'anno di prova si dovrà sostenere un esame, superato il quale c'è il passaggio all'assunzione a tempo indeterminato (conferma del ruolo). Qualora l'esame non fosse superato, l'aspirante docente dovrà ripetere l'anno di prova e avrà un solo tentativo disponibile per superare di nuovo l'esame.

Pagare per lavorare è una pratica di moda da qualche anno, e non solo nella scuola, ma accettare questa condizione significa innanzitutto piegarsi a un potenzialmente infinito numero di requisiti a pagamento. E significa escludere alcuni insegnanti dalla possibilità di svolgere il mestiere per cui hanno già conseguito una laurea triennale, una laurea magistrale e, per adesso, almeno i 24 CFU previsti. Vuol dire escludere, soprattutto, chi non può più permettersi di continuare a pagare per, un giorno, lavorare. Cioè la maggior parte.

SG

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