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Ucraina. A dieci anni da Maidan

La difesa di una linea di classe e rivoluzionaria, ieri e oggi

10 Aprile 2024
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Il Partito Comunista dei Lavoratori istruisce la propria line politica ai principi del trotskismo conseguente. L’analisi della situazione internazionale e dei suoi principali accadimenti è sviluppata sulla base dei concetti categoriali del marxismo rivoluzionario senza alcuna concessione a posizioni di comodo, opportuniste o semplicemente per accattivarsi facili consensi nella sinistra.
Per questo segue un tracciato prevalentemente lineare e internamente coerente. La posizione sulla guerra in Ucraina è chiara. L’imperialismo russo ha attaccato proditoriamente un paese come quello ucraino, economicamente dipendente. Lo ha fatto in uno scenario di indebolimento politico militare degli imperialismi occidentali suoi antagonisti, a cominciare dagli USA.
Per il popolo ucraino vale il diritto di autodeterminazione nazionale difeso strenuamente da Lenin, e che è stato accusato per questo di essere il “folle” inventore dell’Ucraina.
Al principio di autodeterminazione nazionale consegue il diritto del popolo ucraino a difendersi dall’aggressione russa nei modi che ritiene necessari e opportuni. Ciò include il pieno diritto alla difesa armata per respingere l’invasione e il diritto ad armarsi al meglio per conseguire questo scopo, potendo chiedere le armi a chiunque possa offrirgliele.
Il PCL ha sostenuto incondizionatamente la resistenza del popolo ucraino, così come allo stesso modo supporta la resistenza palestinese.
Il partito ha assunto questa posizione controcorrente nella sinistra italiana, attardata su posizioni pacifiste ipocrite che raccomandano la resa della resistenza ucraina, posizioni disfattiste che disertano sostanzialmente il diritto di autodeterminazione dei popoli, o addirittura posizioni obbiettivamente collaterali al regime putiniano (post-stalinisti).
Per questo, da questi settori della sinistra, si è attirato una forte polemica piena di accuse: guerrafondaio, filonazionalista o addirittura filo-NATO.
Inoltre, il PCL è stato criticato per la sua analisi presuntamente scorretta sulla storia recente dell’Ucraina e i suoi drammatici cambi di governo. Il PCL non avrebbe compreso sostanzialmente la trama internazionale che ha portato alla caduta del governo filorusso e all’avvento di un governo propenso invece verso la UE e la NATO in seguito ai fatti della rivolta di piazza Maidan del 2014.
Questa polemica è del tutto pretestuosa, e al netto di una certa malevola saccenza, dimostra solo l’ignoranza delle reali posizioni che il nostro partito assunse durante gli avvenimenti che nel complesso hanno assunto il nome giornalistico di Euromaidan.
Per questo, per tornare testardamente a spiegare ai simpatizzanti e alle avanguardie militanti della sinistra, spesso ingannati da cricche settarie interessate solo alla propria autoconservazione e a conquistare facilmente consensi in settori della sinistra tradizionalmente condizionati dai cascami di impianti ideologici completamente falliti, di seguito consigliamo una rassegna degli articoli più importanti scritti dal partito sulla questione ucraina nel 2014.
Questi articoli testimoniano la linearità del riferimento ai principi del marxismo rivoluzionario, ovviamente riportato al contesto della situazione attuale; linearità che consente di prendere oggi di fronte ai grandi conflitti già esplosi e a quelli che covano nel prossimo futuro (Ucraina, Palestina, Medio Oriente, Africa, Taiwan...) la linea politica più corretta.



UCRAINA: UN MOVIMENTO REAZIONARIO CONTRO UN REGIME REAZIONARIO. SOLO LA CLASSE OPERAIA PUÒ COSTRUIRE UN'ALTERNATIVA

11 febbraio 2014


Dal novembre 2013 il regime poliziesco semibonapartista del Presidente ucraino Yanukovich è minacciato da un movimento reazionario di massa, essenzialmente concentrato nella parte occidentale dell'Ucraina e a Kiev, egemonizzato a livello di piazza da forze fasciste o fascistoidi.

È essenziale un'analisi marxista e di classe della dinamica in corso, contro rappresentazioni ideologiche di segno opposto che attraversano il campo stesso della sinistra.

Il regime ucraino non ha nulla di progressivo, né dal punto di vista sociale né da quello politico. Sotto il profilo sociale si basa sul potere di una nomenclatura capitalista di estrazione burocratica, emersa dai processi di privatizzazione degli anni '90, nel quadro della più generale restaurazione borghese nell'Est Europeo di fine Novecento: una borghesia di magnati arricchitasi in vent'anni sullo sfruttamento brutale della classe operaia, pagata con salari medi di 300 euro mensili a fronte di prezzi correnti occidentali (in particolare a Kiev).
Sotto il profilo politico, il regime parlamentare ucraino ha progressivamente rafforzato negli anni i suoi aspetti bonapartisti sullo stesso terreno costituzionale, con una nuova Costituzione (2010) che ha ampliato considerevolmente il potere presidenziale. Il potere presidenziale a sua volta si fonda sulla pratica diffusa dell'arbitrio poliziesco, dei servizi segreti, dei metodi censori e intimidatori: un patrimonio di esperienza e di strumenti spesso ereditato del vecchio stato staliniano e oggi messo a disposizione della nuova classe capitalista.

Parallelamente, non ha certo nulla di progressivo la dinamica e natura del movimento di opposizione levatosi contro il regime. Al contrario. Per la sua composizione sociale, e direzione politica, ha tutte le caratteristiche di un movimento reazionario di massa. Il suo profilo è nettamente a destra dello stesso movimento della cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004. Allora confuse aspirazioni democratiche di settori popolari furono incorporate dentro un movimento borghese liberal-liberista, fortemente antioperaio, sostenuto dalle borghesie occidentali (USA e UE). Oggi lo scontento popolare verso il regime è inquadrato e organizzato da un campo di forze nel quale il peso e il ruolo di organizzazioni fasciste o semifasciste, tutte russofobe e antisemite, è molto più consistente di quello di dieci anni fa: dal partito nazionalista reazionario di Svoboda – nato da un'organizzazione fascista e tuttora inneggiante a Stepan Bandera, collaborazionista di Hitler – sino a formazioni apertamente naziste come Causa Comune (Spilna Sprava) e Settore di Destra (Pravyj Sector).

Naturalmente il campo delle opposizioni è composito, e non si riduce all'estrema destra. Va dal partito Patria, di natura liberalcapitalista, guidato da Yulia Tymoshenko, oggi in carcere, al partito cattolico popolare diretto dall'ex pugile Klitshko, corteggiato dal Partito Popolare Europeo e in particolare dalla CDU della Merkel. Queste forze, tra loro concorrenti, puntano a un'alternanza liberale di governo, economicamente assistita dalla UE. Riflettono le pressioni di un settore crescente della stessa borghesia ucraina che si va distaccando dal regime e dalle sue relazioni privilegiate con la Russia per inseguire i vantaggi del mercato europeo e del suo business. Peraltro, a differenza che in Russia, i grandi industriali ucraini e le loro lobby (la holding SKM di Akhmentov, il clan di Firtach nel campo dei trasporti, il potente gruppo industrial-finanziario di Kolomoisky...) hanno di fatto proprie dirette rappresentanze parlamentari e di clan, all'interno dei diversi partiti, di governo e di opposizione. Il loro distacco da Yanukovich ha dunque un effetto diretto sugli equilibri politici e istituzionali. E misura l'indebolimento del regime.

Ma un aspetto importante della dinamica in corso è la crisi di egemonia delle opposizioni borghesi tradizionali, liberali o cattoliche, all'interno della stessa mobilitazione popolare, a tutto vantaggio dell'estrema destra.

La maggioranza della borghesia ucraina e del campo ufficiale delle opposizioni vorrebbe utilizzare la mobilitazione popolare, i sentimenti russofobi, l'avversione diffusa contro la corruzione del regime, come strumento di pressione istituzionale per ottenere l'anticipo delle elezioni politiche (formalmente previste per il 2015) e incassare con esse l'alternanza di governo. Per questo vuole evitare di trascinare lo scontro sul terreno incontrollabile della rivolta di piazza e della guerra civile, esponendosi al rischio oltretutto di una repressione militare assistita dalla Russia. E chiede alle diplomazie europee e all'amministrazione americana di intercedere, nelle forme possibili, per favorire uno sbocco controllato e concordato della crisi. La crisi economica gravissima dell'Ucraina, con l'esplosione abnorme del debito pubblico e il rischio concreto di una bancarotta in tempi brevi, rappresenta a sua volta un'arma di pressione delle opposizioni sulla UE per un suo intervento risolutore.

Ma il disegno delle opposizioni europeiste si scontra con diversi ostacoli.

Innanzitutto ostacoli di ordine internazionale: le contraddizioni clamorose tra diplomazia europea e americana su sbocchi ed equilibri del dopo crisi; le divisioni tra gli imperialismi europei sul rapporto con la Russia, e di conseguenza sulla vicenda ucraina (l'imperialismo italiano oggi molto esposto e proiettato in una relazione economica speciale con Putin è non a caso molto silente e disimpegnato sull'Ucraina, a differenza dell'imperialismo tedesco); e soprattutto la straordinaria crisi economica (e istituzionale) dell'Unione Europea, che oggi ha ben poco da offrire all'Ucraina, se non un accordo di associazione che in cambio di nuovi sacrifici per la popolazione ucraina (a partire da ristrutturazioni industriali e licenziamenti di massa) prevede per i prossimi sette anni la concessione di un solo miliardo di euro. Ciò a fronte di una voragine debitoria fuori controllo, e dell'ingiunzione del Fondo Monetario Internazionale all'Ucraina di... ridurre i sussidi alle famiglie per pagare le bollette, quale garanzia di affidabilità per ottenere un prestito di 15 miliardi, secondo la prassi ordinaria dello strozzinaggio.
Proprio la crisi dell'unione capitalistica europea, e l'indebolimento economico e politico dell'imperialismo USA su scala mondiale, hanno aperto il varco all'inserimento dell'imperialismo russo, che con sua interessata offerta di 15 miliardi di prestiti e di sconti sulle forniture di gas mira a recuperare l'Ucraina al proprio pieno controllo dentro il disegno dell'unione doganale euroasiatica tra gli ex Stati dell'URSS (cui hanno aderito per ora solo Bielorussia e Kazakistan). Un'eventualità che segnerebbe una nuova sconfitta della UE.

Parallelamente le opposizioni tradizionali a Yanukovich pagano lo stallo del proprio progetto sul versante del rapporto di massa. La piazza di Maidan nel cuore di Kiev resta affollata e resistente. Ma anche sempre più diffidente verso opposizioni irrisolute che non offrono sbocchi. Da qui la dinamica di progressivo rafforzamento della presa di massa delle organizzazioni fasciste, spesso in un gioco di reciproco scavalco e concorrenza nella gestione di piazza. Le milizie paramilitari «anticomuniste» guidate da reduci della guerra afghana e da veterani dell'esercito, protagoniste di aggressioni e pestaggi contro attivisti democratici e di sinistra, diventano il punto di riferimento di crescenti settori studenteschi, di gioventù disoccupata, di piccola borghesia impoverita. Tanto più a fronte di un regime che per cercare di uscire dal vicolo cieco combina confusamente manovre conciliative (dimissioni del governo Azarov, e addirittura il 25 gennaio offerta del governo alle opposizioni) con leggi liberticide di tipo putiniano e brutale repressione militare e giudiziaria. Unendo insieme un'immagine di debolezza e di odiosa arroganza, entrambi fattori di radicalizzazione del movimento. In questo quadro, le opposizioni tradizionali non paiono in grado né di dirigere il movimento né di cercare uno spazio d'intesa col regime, restando prigioniere di una dinamica incontrollata cui non offrono sbocchi.

La crisi ucraina pertanto è oggi in qualche modo sospesa nell'equilibrio instabile e provvisorio di tre debolezze: quella di un governo borghese semibonapartista che ha perso larga parte della propria base d'appoggio ma che è ancora in grado di restare in sella; quella di un'opposizione borghese europeista, che vorrebbe rimpiazzarlo in modo indolore ma non sa come fare; quella di un movimento reazionario che occupa piazze e palazzi ma non è ancora in grado di prendere il potere.

Questa situazione non durerà a lungo. Ed è esposta a sbocchi potenzialmente drammatici.
Solo un ingresso in campo della classe operaia ucraina, con le proprie rivendicazioni sociali e di classe, può spezzare la polarizzazione tra forze reazionarie, disgregare i loro blocchi sociali, ricomporre l'opposizione su nuove basi e prospettive. La classe operaia ucraina non partecipa ad oggi al movimento reazionario in atto, ed è un fatto assolutamente positivo. Ma è rimasta sinora sostanzialmente passiva a fronte della crisi politica e sociale. Una sua irruzione sulla scena potrebbe rappresentare un fattore formidabile di svolta, assieme alla costruzione di un partito marxista rivoluzionario che si candidi alla sua direzione. Solo una rivoluzione socialista può liberare i lavoratori dell'Ucraina dall'oppressione politica e sociale, nella prospettiva di un'Europa socialista.

Contro un regime capitalista corrotto e oppressivo, e contro una reazione fascistoide e antisemita. Contro ogni subordinazione dell'Ucraina all'imperialismo russo.
Contro ogni subordinazione dell'Ucraina all'Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri.
Per un'alternativa di classe indipendente, per un governo dei lavoratori in Ucraina, per la prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.




NÉ CON I LIBERALFASCISTI DI KIEV NÉ CON IL BONAPARTISTA PUTIN. PER UN'UCRAINA SOCIALISTA UNITA

2 marzo 2014


La formazione di un governo ucraino reazionario filoeuropeo, sottoprodotto di una rivolta di massa a egemonia fascista o semifascista, ha generato come contraccolpo la mobilitazione della minoranza russofona nell'est del Paese, ed in particolare in Crimea, aprendo il varco a un possibile incipiente intervento militare dell'imperialismo russo e del suo governo bonapartista.

Nessuno dei due campi che si fronteggiano ha una valenza progressiva per i lavoratori ucraini. Nessuno dei due merita il sostegno dei marxisti rivoluzionari e del proletariato ucraino, russo e internazionale.

Non ha certo un ruolo progressivo il campo del nuovo governo borghese ucraino, sostenuto dal movimento di piazza Maidan. L'aspetto di difesa dell'indipendenza dell'Ucraina è oggi secondario rispetto alla natura liberalfascista delle forze dominanti a Kiev, segnate dalla presenza di un nazionalismo reazionario, russofobo e antisemita. Peraltro gli imperialismi europei che appoggiano questo governo mirano a usarlo come nuovo cappio al collo della popolazione ucraina per estorcerle ulteriori pesantissimi sacrifici. Ogni cosiddetto “aiuto” economico del FMI e/o dell'Unione Europea (peraltro ristretto a causa della crisi UE) sarà pagato dai lavoratori ucraini con una nuova stretta sul pagamento del debito pubblico alle banche europee, e quindi con nuovi colpi a salari, pensioni, servizi. Il nazionalismo ucraino sarà usato come leva dell'ennesima subordinazione dell'Ucraina contro la sua classe operaia dell'ovest e dell'est, e contro la popolazione povera dell'intero Paese.

Ma un ruolo progressivo non l'ha neppure il campo opposto russofilo.
La mobilitazione della popolazione russofona contro la minaccia nazionalista reazionaria ucraina ha in sé una sua legittimità. In particolare la Crimea, inserita in Ucraina dall'URSS di Krusciov nel 1954, ha diritto alla propria autodeterminazione. Ma le istanze russofile sono oggi la leva di manovra di altre forze e interessi. Di parte della vecchia oligarchia capitalista mafiosa, arricchitasi con vent'anni di spoliazione del popolo ucraino, dell'ovest e dell'est; e soprattutto del nuovo imperialismo russo del bonaparte Putin, che punta a controbilanciare la disfatta di Kiev con lo sviluppo di un proprio più diretto controllo politico, economico e militare, sull'est dell'Ucraina. Innanzitutto sulla Crimea, che ha una collocazione strategica centrale per l'imperialismo russo, perché si affaccia sul mare; e più in generale sulle risorse industriali del Paese concentrate soprattutto nelle sue regioni orientali.
Peraltro non è un caso se Putin gode nell'“operazione Ucraina” del sostegno attivo dei circoli nazionalisti e fascisti della “Grande Russia” (Zhirinovsky). E non è un caso se all'interno della stessa mobilitazione russofila dell'est ucraino è presente una componente sciovinista grande-russa contro le proprie minoranze nazionali, in particolare i Tatari.

Questa situazione complessiva conferma la crisi drammatica del movimento operaio ucraino, oggi assente in quanto classe dallo scenario politico. Gravi sono le responsabilità del partito comunista e del partito socialista ucraini, che pur disponendo di una certa forza non si sono mai adoperati per l'organizzazione della classe operaia su basi politiche indipendenti.

La rivoluzione bolscevica del 1917 aveva dato l'indipendenza all'Ucraina. La restaurazione capitalista, preparata dallo stalinismo, ha consegnato l'Ucraina ai suoi pretendenti imperialisti e ai loro diversi disegni. Gli avvenimenti ucraini ripropongono dunque una volta di più il bilancio storico generale del Novecento, e la necessità di costruire una nuova direzione del movimento operaio, su scala internazionale e in ogni Paese.

Solo la classe operaia ucraina, dell'ovest e dell'est, può spezzare la morsa che oggi si stringe attorno al Paese e dare una soluzione storica progressiva alla sua crisi. Solo una nuova direzione marxista rivoluzionaria può dare una prospettiva indipendente al movimento operaio ucraino.

Né col bonapartista Putin né coi liberalfascisti di Kiev!

Contro il governo di Kiev, le forze reazionarie che lo sospingono, e gli imperialismi occidentali che lo manovrano. Contro la vecchia oligarchia capitalista parassitaria , l'imperialismo russo di Putin, i suoi disegni strategici!

Per una Repubblica dei lavoratori in Ucraina!

Per una Ucraina socialista unita – con il rispetto dei diritti nazionali della minoranza russofona, e dello specifico diritto di autodeterminazione della Crimea – nella prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa!




Altri articoli e comunicati del 2014 sull'Ucraina:


Gli sviluppi in Ucraina, 23 febbraio 2014

La LIT e la "vittoria rivoluzionaria" in Ucraina, 26 febbraio 2014

Per un movimento indipendente del proletariato ucraino, 17 aprile 2014

Contro la guerra e la repressione del governo liberalfascista di Kiev, 27 aprile 2014

Davanti ad ambasciate e consolati ucraini contro la repressione del governo liberalfascista, 4 maggio 2014

Ucraina, tra guerra e reazione. Intervista a Yuri Shakhin, 15 settembre 2014

Partito Comunista dei Lavoratori

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