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Risoluzione sulla situazione politica italiana e i compiti del PCL

15 Novembre 2023

Documento discusso e approvato dal Comitato Centrale del 28 e 29 ottobre

cc pcl


La situazione politica italiana a un anno dalla nascita del governo Meloni è segnata da una relativa stabilizzazione di fase (da qui alle elezioni europee), tuttavia bilanciata da contraddizioni crescenti.


LA STABILIZZAZIONE RELATIVA DEL GOVERNO MELONI

I blocchi elettorali non paiono registrare modifiche rilevanti nel loro equilibrio generale. Le fluttuazioni sono molto limitate, e restano confinate nei rispettivi poli. La destra preserva il proprio blocco sociale imperniato sulla piccola e media borghesia ma esteso ad ampi settori del lavoro salariato. Un blocco sociale non maggioritario in senso assoluto, privo dello slancio populista che animò altre stagioni del precedente decennio (prima il grillismo, poi il salvinismo), e tuttavia consolidato nel proprio insediamento complessivo, come hanno mostrato le diverse prove elettorali dell’ultimo anno (elezioni in Lazio, Friuli, Molise) e come rivelano i sondaggi. Le componenti del centrosinistra liberalprogressista, tutte peraltro in fase di ristrutturazione interna, non sono in grado di configurare ad oggi una carta di ricambio per la borghesia. Né sul piano parlamentare, né nel rapporto con la società italiana.

L’obiettivo di Meloni è un governo di legislatura. La relazione dell’esecutivo con il grande capitale, italiano ed europeo, è rafforzata dall’attuale assenza di alternative politiche spendibili, dal negoziato europeo sul PNRR, dalla trattativa in corso sul Patto di Stabilità, dallo scenario di guerra in Europa, cui oggi si aggiunge la drammatica crisi in Medio Oriente: tutti fattori oggettivi di stabilizzazione politica. Il principale partito di governo ha curato tale relazione con la gestione concordata delle politiche di bilancio a livello europeo e con una linea fortemente atlantista, giocata sullo scambio tra asse privilegiato con gli USA e riconoscimento di un ruolo centrale dell’Italia sullo scacchiere mediterraneo e nordafricano. Settori importanti dell’establishment nazionale, tradizionalmente schierati col centrosinistra, hanno coltivato una apertura di credito al governo, ed in particolare alla sua politica estera (gruppo Cairo/Corriere della Sera). Una linea di incoraggiamento e condizionamento critico.

Non sono mancate frizioni tra il governo e il grande capitale, come in relazione alla piccola tassa sugli extraprofitti bancari e le tariffe delle compagnie aeree. Misure finalizzate a fare cassa ma soprattutto di valenza propagandistico / populista. Tuttavia, non a caso tali misure, di modestissima portata, sono state ritirate o fortemente ridimensionate. Il governo non ha voluto compromettere le relazioni col capitale finanziario. L’esposizione sul mercato del debito pubblico italiano ha fortemente sconsigliato l’apertura di un fronte su quel versante.


LE NUOVE DIFFICOLTA DEL GOVERNO
CRISI ECONOMICA E CONTRADDIZIONI POLITICHE NELLA MAGGIORANZA


Questi fattori di stabilizzazione relativa convivono con nuove difficoltà e contraddizioni.

Sul piano economico sociale, agiscono diversi fattori critici. Il forte rallentamento dell’economia italiana dopo la ripresa post pandemia, trainato dalla recessione in Germania, condizionata a sua volta dalla crisi cinese; la fine della politica espansiva delle banche centrali (con l’eccezione del Giappone) e l’innalzamento progressivo e consistente dei tassi d’interesse, col relativo aggravio del debito pubblico italiano e dei suoi costi di rifinanziamento (sino a 100 miliardi annui); la crescita dei costi delle materie prime connessa alla guerra in Ucraina, alla crisi israeliana, e alla contesa mondiale sull’energia; il ritorno, seppur negoziato, del Patto di Stabilità dopo la sua sospensione post-Covid, con l’inevitabile riproporsi di vincoli di bilancio nella gestione della riduzione del debito.

Tutti questi elementi, tra loro intrecciati, restringono il margine di manovra del governo nella relazione col proprio blocco sociale. Lo dimostrano i caratteri della seconda legge di stabilità. Il governo ha destinato il grosso del suo extradeficit in direzione del lavoro dipendente, sia pure con misure minime e/o truffaldine (cuneo fiscale e riduzione aliquota IRPEF), mantenendo al tempo stesso la linea di riduzione fiscale per la piccola e media borghesia (nuova riduzione IRES e concordato preventivo biennale). La risultante è la rinuncia alla riduzione del debito pubblico, a favore di una sua sostanziale stabilizzazione, peraltro affidata a previsioni economiche incerte, e a 20 miliardi di nuove privatizzazioni. L’esito del negoziato europeo sia sulla possibile replica di un indebitamento comune a livello continentale, sia sul possibile scorporo dai conti pubblici degli investimenti ecologici, digitali, militari, avrà ricadute importanti sullo spazio di manovra del governo nei confronti del proprio blocco sociale.

Sul piano politico l’avvicinarsi delle elezioni europee moltiplica gli elementi di concorrenza interna alla maggioranza, in particolare tra Fratelli d’Italia e la Lega. Questa concorrenza agisce soprattutto sul piano della rincorsa più squisitamente reazionaria, già di per sé sospinta dalla natura identitaria della destra e dall’esigenza di compensare col richiamo ideologico le difficoltà di manovra sul terreno sociale.

Fratelli d’Italia persegue una campagna di egemonia culturale della destra sui temi della “natalità” e della Nazione. La Lega replica col rilancio delle politiche reazionarie sui temi dell’immigrazione e della cosiddetta sicurezza. Questa rincorsa reazionaria, concentrata in particolare sull’immigrazione, non provoca oggi smottamenti elettorali verso le opposizioni. In compenso complica il corso politico di accreditamento di Fratelli d’Italia presso l’establishment italiano e continentale: la costruzione di Fratelli d’Italia come partito conservatore con base di massa, forza di governo della borghesia italiana, confligge a più riprese con l’esigenza di FdI di sbarrare il passo alla concorrenza a destra della Lega.

Tali contraddizioni si proiettano sullo stesso scenario politico continentale. Meloni intende rimpiazzare il PSE in una maggioranza europea col PPE, tenendo aperta tuttavia la subordinata di un proprio ingresso negoziale in una nuova maggioranza Ursula (attualmente composta da PPE, PSE, area liberale di Macron). Una ipotesi quest’ultima caldeggiata dal grande capitale italiano. La Lega contrasta entrambe le operazioni nel nome del rilancio dell’asse con Le Pen e l’estrema destra continentale.

La tensione fra FdI e Lega tende a riflettersi sullo stesso terreno delle riforme istituzionali, lungo la partita di scambio fra autonomia differenziata e premierato. È lo scambio su cui si regge la maggioranza di governo. Salvini non può rinunciare al progetto reazionario di Autonomia pena la propria defenestrazione nella Lega. Ma la grande borghesia diffida di una operazione di cui teme sia i costi che i rischi per la gestione unitaria dello Stato, mentre sostiene il progetto di rafforzamento dei poteri centrali di governo, sia pure temperato dalla tutela della Presidenza della Repubblica e delle sue prerogative. Il negoziato istituzionale si annuncia dunque come il più delicato, esposto oltretutto, in assenza di una maggioranza parlamentare dei due terzi, alle incognite del voto referendario. Il referendum sulla riforma istituzionale del “premierato” sarà in ogni caso un passaggio centrale nella vita della legislatura


IL CAMPO DELLE OPPOSIZIONI LIBERALROGRESSISTE

Il campo delle opposizioni liberalprogressiste è in fase di ristrutturazione. Sia all’interno dei suoi diversi soggetti che nella definizione del suo assetto complessivo.

La crisi del cosiddetto Terzo Polo (Renzi/Calenda) ha un ruolo importante nel definire lo schieramento di centrosinistra. Italia Viva di Renzi punta a capitalizzare in qualche modo la crisi di Forza Italia entrando come nave corsara nelle contraddizioni interne alla destra. Azione di Calenda tende di riflesso a consolidare le relazioni col centrosinistra (PD e M5S) candidandosi a capitalizzare le contraddizioni del PD come ala destra di quello schieramento.

All’interno del Partito Democratico il nuovo corso di Elly Schlein si caratterizza per l’attenzione ai diritti civili e in parte anche dei diritti sociali (salario minimo, sanità pubblica) nel quadro di un impianto liberalprogressista di “sinistra”. Ciò non muta di per sé la costituzione materiale del PD, le sue relazioni organiche con le classi dominanti, sul piano locale, nazionale, europeo, mondiale. Da qui una contraddizione ricorrente tra le pose della segreteria e il codice profondo degli apparati del partito. Oggi non vi sono nel PD alternative di direzione a Schlein. Ma la sua tenuta nel partito è una incognita nella prospettiva. Molto dipenderà dall’esito del voto europeo.

Il Movimento Cinque Stelle ha superato l’eredità del “partito di Grillo” per diventare a tutti gli effetti il “partito di Giuseppe Conte” quale ex presidente del Consiglio. Reduce da tutte le alleanze possibili nella precedente legislatura, oggi il M5S si presenta come componente virtuale di un centrosinistra in gestazione. Ma la sua costituzione materiale è sfuggente. L’unica relazione organica è quella con un settore della magistratura borghese. Spiazzato dal nuovo corso di Elly Schlein, oggi M5S cerca spazi elettorali in tutte le direzioni. Scavalca a destra il PD sul tema dell’immigrazione, coltiva la relazione col gruppo d’interesse dei costruttori edili attraverso la rivendicazione del super bonus, cerca di preservare l’immagine di partito dei disoccupati e della popolazione povera del Sud attraverso l’eredità del reddito di cittadinanza, cura la relazione col mondo cattolico nel nome di un pacifismo anti-ucraino. Il tratto populista permane. La contesa col PD per il primato all’opposizione segna tutta la sua politica.

Indefinito ancora nei suoi equilibri interni, il campo del centrosinistra ha trovato un proprio battesimo unitario attorno alla proposta del salario minimo a nove euro. Una proposta in sé progressiva nonostante i suoi enormi limiti (sei euro netti senza indicizzazione pagati in parte con risorse pubbliche girate ai padroni), ma perfettamente compatibile con un governo capitalista liberal-borghese, come dimostra lo scenario internazionale.

A differenza del reddito di cittadinanza, oggetto di una diffusa ostilità del sentimento popolare, il salario minimo gode di una popolarità maggioritaria. Tra i salariati e nell’opinione pubblica più generale. È l’unico tema su cui le opposizioni liberal-borghesi hanno marcato un punto nei confronti del governo. E tuttavia svincolato da una piattaforma complessiva e da un progetto di mobilitazione generale, del tutto estranei alla natura stessa del liberalismo borghese, il tema si riduce a materia di opinione relativamente circoscritta, incapace di incidere sugli equilibri complessivi di consenso tra schieramenti politici. Mentre la difesa delle banche da parte del grosso del centrosinistra contro la tassa sugli extraprofitti ha contribuito a preservare la riconoscibilità della destra presso ampi strati popolari. Il liberalismo borghese paga il prezzo della sua stessa natura.


IL RUOLO DELLA BUROCRAZIA SINDACALE

La clamorosa passività della CGIL lungo l’intero anno trascorso ha contribuito in modo decisivo alla tenuta del governo Meloni. Per un anno intero il governo a guida post-fascista ha goduto di una pace sociale senza pari in Europa. L’apparente ripresa di protagonismo della CGIL in autunno (manifestazione del 7 ottobre, sciopero generale annunciato, ipotesi di referendum contro il Jobs Act) non muta il suo indirizzo di fondo (assenza di una piattaforma di lotta, rifiuto di ogni mobilitazione seria). Il protagonismo si riduce sostanzialmente ad una iniziativa d’apparato e di immagine. Da un lato serve a mascherare la perdurante passività sul terreno della lotta di classe. Dall’altro a non farsi scavalcare dall’iniziativa delle opposizioni borghesi (salario minimo).

A sinistra della CGIL, il sindacalismo di base conserva la propria frammentazione (mini-scioperi tra loro concorrenziali), spesso accompagnata da una crisi interna dei rispettivi assetti (dalla CUB alla Confederazione Cobas).

Parallelamente, a fronte dell’assenza di una iniziativa di lotta generale da parte delle direzioni, nessuna lotta dal basso, aziendale o di categoria, si è rivelata in grado di rilanciare e ricomporre un fronte reale di opposizione di massa. Mentre lotte importanti, e per alcuni aspetti esemplari, come quella della GKN, hanno subito le ricadute dello scenario generale.

L’assenza di una azione di massa del movimento operaio ha contribuito alla crisi dei movimenti di lotta non direttamente proletari. Movimento studentesco, movimento di genere, movimento ambientalista, movimento antirazzista hanno complessivamente segnato il passo, pur in presenza di un governo marcatamente reazionario. Il loro livello di mobilitazione e iniziativa è sensibilmente più modesto che in altre stagioni di mobilitazione “democratica” (mobilitazioni anti-Berlusconi o anti-Salvini). Il movimento “pacifista” si è visto esposto alle influenze dirette o indirette del campismo, finendo dominato da un sentimento anti-ucraino, oggi prevalente in larghi settori di opinione pubblica. Un sentimento alimentato anche da ambienti reazionari e da partiti borghesi di opposizione (M5S). Un elemento di novità importante è invece rappresentato dal quadro di mobilitazione in corso a difesa del popolo palestinese, dal diffondersi di un sentimento diffuso di solidarietà con la Palestina, in particolare tra i giovani, dalla sua contraddizione con l’isteria sionista del fronte borghese, politico e mediatico. Una dinamica che andrà seguita con la massima attenzione.


LA NOSTRA LINEA DI PROPOSTA ED INTERVENTO

In questo quadro complessivo la nostra linea di proposta e di intervento politico combina terreni diversi

La nostra proposta di massa. La proposta di rilancio dell’azione di classe e di massa attorno ad una piattaforma generale e di svolta è stata ed è al centro della nostra azione di propaganda. L’intero scenario politico e sindacale conferma questa centralità. È la linea su cui interviene sia la nostra propaganda di massa (volantini per le fabbriche) sia la nostra battaglia nell’avanguardia (intervento in Le Radici del Sindacato in CGIL). Il CC dà mandato alle sezioni del partito di predisporre iniziative pubbliche “Contro la nuova Legge di Stabilità, contro il governo Meloni, per una svolta di lotta generale, per un governo delle lavoratrici e dei lavoratori”. Iniziative gestite autonomamente dalle sezioni, utili a raccogliere attorno al partito nuovi contatti e interlocutori, a costruire o consolidare la nostra area simpatizzante.

Parallelamente riproponiamo la parola d’ordine di un “partito indipendente della classe lavoratrice basato su un programma anticapitalista”. Una parola d’ordine che risponde all’attuale vuoto di rappresentanza politica del movimento operaio italiano, e al rifiuto da parte di tutte le sinistre politiche e sindacali di lavorare a colmarlo. È una parola d’ordine che si contrappone in particolare alla linea della burocrazia CGIL non solo dal versante sindacale, ma anche dal versante politico, e che pone al centro la nostra proposta di programma. Ciò in funzione della riconoscibilità e della costruzione del PCL.

Importante è il nostro lavoro di raggruppamento di tendenza. Nella opposizione in CGIL grazie ad una azione tenace di contrasto della logica subalterna del suo attuale gruppo dirigente abbiamo favorito una aggregazione (Opposizione di Classe), che fondamentalmente si basa sulla nostra impostazione di merito, con la configurazione di un blog e di un riferimento riconoscibile ( www.opposizionediclasse.blogspot.com ). Non si tratta di una frazione di partito ma dell’embrione di una tendenza sindacale rivoluzionaria che si batte per l’egemonia alternativa. Una aggregazione che discute e definisce democraticamente le proprie scelte.

Negli altri sindacati di classe abbiamo avviato una prima ricognizione attorno all’esigenza di una battaglia di caratterizzazione attorno alla nostra linea e proposta sindacale. Anche in questo caso si tratta di lavorare ad aggregare attorno a questa le avanguardie che le condividono. A questo fine è importante comprendere e razionalizzare la logica dei gruppi dirigenti di questi sindacati. Nelle loro differenze (da un lato, ad esempio, USB attorno a una impostazione “populista campista”, dall’altro CUB e SI Cobas attorno a un richiamo classista), ma anche nei loro elementi comuni: a partire da una impostazione settaria e autocentrata rispetto alle masse sindacalmente attive e all’esigenza del fronte unico di classe.

Anche nei movimenti non direttamente proletari, come stabilito al congresso, lavoriamo alla costruzione di tendenze rivoluzionarie basate sul raggruppamento d’avanguardia attorno al nostro programma di settore. Ciò vale innanzitutto per il nostro intervento nel movimento femminista.

Per la costruzione di una tendenza rivoluzionaria tra le donne e la comunità LGBTQIAP+. La fase reazionaria che stiamo vivendo combinata all’immobilismo della classe operaia ha un impatto fortissimo sui movimenti per i diritti civili, che stanno subendo una fase di arretramento: da un lato la necessità di organizzare momenti di piazza e di protesta, dall’altro la mancanza di volontà di scontrarsi apertamente con il governo, nonostante lo slancio iniziale. Questo è evidente sia all’interno di Non Una Di Meno sia nel movimento LGBTQIAP+ che è arrivato in alcuni casi ad accettare gli sponsor del nemico per non guastare i rapporti con le istituzioni (A Belluno Confindustria, a Milano noti marchi di multinazionali). Il nostro intervento presenta dunque numerose difficoltà rispetto al passato. È in questa difficile fase che abbiamo deciso di dare vita alla tendenza Femministe Rivoluzionarie. Come da mandato congressuale, la tendenza sarà uno strumento tattico per una politica di raggruppamento di donne e settori della comunità LGBTQIAP+ attorno ad un programma femminista marxista rivoluzionario; uno strumento leggero che ci consentirà di intervenire nei contesti di movimento, di fronte unico di lotta e di intrattenere rapporti con altri gruppi, organizzazioni e associazioni impegnate nella lotta contro le oppressioni di genere, perfino in quei contesti che ostracizzano o impediscono la presenza del partito e il suo intervento. Uno strumento, infine, per coordinare le compagne del partito, per omogeneizzare il lavoro sul piano nazionale e per supportarle nel lavoro sui territori. La tendenza avrà dei suoi mezzi di intervento e di proiezione pubblica sui social, sotto diretta responsabilità e gestione della commissione; soprattutto, avrà dei punti fondativi, necessari ad una demarcazione sia nei confronti del femminismo piccolo-borghese sia nei confronti delle posizioni riduzioniste che non riconoscono la specificità delle oppressioni di genere.

Sul terreno della politica internazionale. La guerra della Russia in Ucraina e il conflitto tra Stato sionista e popolo palestinese sono un forte terreno di caratterizzazione politica del nostro partito, e della nostra coerenza antimperialista e antisionista. Una scelta di campo al fianco di popoli oppressi e del loro diritto di resistenza, combinata con la piena autonomia politica dalle loro direzioni, filo-imperialiste o reazionarie. In particolare, oggi il CC impegna il partito alla piena valorizzazione dell’antisionismo marxista rivoluzionario, alla denuncia dell’equiparazione tra antisionismo ed antisemitismo, alla rivendicazione pubblica della soluzione socialista della questione palestinese come parte del progetto socialista internazionale. Portando questa posizione nelle mobilitazioni unitarie a favore della Palestina, e facendone oggetto di iniziative pubbliche e formazione interna.

Sul terreno degli appuntamenti elettorali. Le elezioni europee del giugno 2024, per la normativa richiesta (un numero esorbitante di firme), non potranno vedere una nostra partecipazione. Appare peraltro improbabile il varo di una riforma elettorale europea che preveda una circoscrizione elettorale continentale con possibilità di liste transnazionali. Ipotesi avanzata nel 2022 dal Parlamento europeo ma che incontra il veto di diversi governi nazionali. Ad oggi il panorama elettorale a sinistra prefigura da un lato la lista Sinistra Italiana-Verdi, interna al centrosinistra, dall’altro una probabile lista Santoro in cui confluirebbe Rifondazione (con l’incognita di Potere al Popolo/Unione Popolare). Una lista costruita sul richiamo “pacifista”, inteso come negazione del diritto di difesa dell’Ucraina dall’imperialismo russo, per di più segnata da elementi personalistici imbarazzanti. In questo quadro il PCL non darà indicazioni di voto, per la manifesta assenza di una lista che abbia un richiamo di classe. Si tratterà per parte nostra, come in altre occasioni, di motivare pubblicamente la nostra scelta, presentando la nostra impostazione classista, anticapitalista, internazionalista. Se il nuovo NPA sarà presente nella competizione, come intende fare, sarà importante segnalare la nostra solidarietà con la loro campagna facendone un elemento di nostra caratterizzazione.

Parallelamente sono previste diverse elezioni amministrative, regionali e comunali. Le regionali sono oggi fuori dalla nostra portata. Diverso è il discorso delle comunali, che vedranno il rinnovo dei consigli di diversi comuni capoluogo. Il partito dovrà cercare di predisporre la propria presenza indipendente nel maggior numero possibile di queste elezioni, con la caratterizzazione politico-programmatica complessiva. Lo stesso vale per l’eventuale ritorno delle elezioni dei consigli provinciali, che la Lega propone siano convocate in coincidenza con le prossime elezioni europee.

Uso degli strumenti di propaganda. Il partito ha predisposto, con decisione congressuale, alcuni strumenti centrali di propaganda diffusa. In particolare, il testo volantino a due facciate “Chi siamo e cosa vogliamo”, già disponibile, e un opuscolo corrispondente in via di definizione. Ad oggi si tratta di strumenti insufficientemente utilizzati nella maggioranza delle situazioni. Ogni sezione, ogni nostro/a militante è tenuto ad usarli e diffonderli metodicamente in direzione di simpatizzanti, interlocutori, contatti anche occasionali, in funzione del loro avvicinamento e conquista al partito.

Comitato Centrale del Partito Comunista dei Lavoratori

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