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Uno strano 23 ottobre in Ungheria

2 Novembre 2023

La commemorazione della rivolta ungherese del 1956 è passata molto in sordina e quasi senza celebrazioni ufficiali. Il motivo è semplice: molti ungheresi sentono questa ricorrenza non solo come antisovietica, ma anche come antirussa. Ma siccome oggi Putin è amico, e bisogna sostenerlo dopo l'invasione dell'Ucraina, meglio soprassedere

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Questo 23 ottobre in Ungheria è stato certamente strano, anche se aveva avuto un precedente l’anno scorso. Di cosa si tratta? Mediamente, gli italiani non sanno che il 23 ottobre in Ungheria è una ricorrenza molto importante (è forse inappropriato chiamarla «festa», data la tragicità di ciò che si ricorda). Infatti, il 23 ottobre si celebra l’inizio della rivolta ungherese del 1956, che durò fino ai primi di novembre e che venne duramente repressa dalle truppe sovietiche. Sino al cambio di regime avvenuto fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, di 1956 non si poteva proprio parlare, o al massimo lo si poteva fare con le interpretazioni unilaterali permesse dal governo di allora.

Negli anni successivi, invece, la narrazione è completamente cambiata. Mentre prima la rivolta era definita un tentativo controrivoluzionario per far tornare le vecchie classi al potere, in seguito è stata interpretata come una rivolta nazionale (e quindi corale, rappresentativa di tutto il popolo ungherese) contro l’oppressore sovietico. È significativo che questa disperata rivolta repressa nel sangue (anche perché l’invocato aiuto occidentale non si presentò) viene spesso definita una rivoluzione. Se il termine è tecnicamente inappropriato, dato che di rivoluzione si parla quando vi è un radicale cambio di potere, spesso violento (come sottolineato anche da Charles Gati, un ungherese emigrato dal proprio paese per sfuggire alla repressione successiva [1]), indica certamente un intento di rafforzamento nazionale (quello che in inglese si chiamerebbe empowerment). È vero, la rivolta armata fu presto sconfitta e il regime da lei sfidato di protrasse per decenni. D’altra parte, però, il solo fatto che alcune migliaia di ungheresi armati abbiano sfidato una potenza mondiale viene considerato di per sé degno di onore e riconoscimento.

Ecco perché nel corso degli anni le celebrazioni del 23 ottobre sono diventate sempre più importanti, soprattutto nella capitale Budapest. Per rendersene conto, bastava camminare per le strade della città. Manifesti dappertutto ricordanti i martiri del ’56, incluse vere e proprie gigantografie rappresentanti alcune/i di queste/i martiri, con data di nascita e di morte. Addirittura, salendo sul tram 4/6 (in realtà una specie di grande treno urbano che attraverso il centro della città) si potevano sentire dei nastri registrati che, ad ogni fermata, ricordavano le battaglie che vi avevano avuto luogo nel 1956. Insomma, una ricorrenza che era impossibile ignorare, anche volendo. È particolarmente interessante, pertanto, che a partire dal 23 ottobre dell’anno scorso questa ricorrenza venga celebrata decisamente in sordina. Naturalmente, non si può privare il popolo del giorno festivo.
A parte questo, però, tutte le manifestazioni ufficiali sono sostanzialmente sparite. Sia il 23 ottobre del 2022 che quello di quest’anno, niente più manifesti e gigantografie, né tanto meno nastri registrati sui tram. I pochi assembramenti sono stati organizzati da piccoli gruppi autonomi, ben lontani dal raggiungere le dimensioni di una manifestazione di regime.

Un’altra cosa importante da segnalare è che tutte le feste nazionali danno l’occasione a Viktor Orbán di pronunciare un discorso ufficiale nella capitale. Invece, il 23 ottobre degli ultimi due anni, Orbán ha badato bene di pronunciare sì un discorso, ma non nella capitale, bensì in centri più piccoli e di scarsa importanza. Un omaggio alle sue origini campagnole, e al fatto che sia votato decisamente di più nel resto del paese che nella capitale? Questa spiegazione non sembra convincente. Il fasto dei precedenti 23 ottobre, infatti, stona troppo col sostanziale silenzio degli ultimi due anni. Più probabilmente, la ragione è un’altra.
Come è noto, Orbán è un abile opportunista che riesce a giocare su più tavoli apparentemente contrastanti (in altri termini, anche economici, si potrebbe dire che riesce a mungere vacche diverse). Non solo l’Ungheria è un convinto membro della NATO, ma nel 2022 l’Ungheria è stata addirittura il paese NATO che ha speso di più in equipaggiamento militare [2]. L’Ungheria è membro dell’UE (e ne riceve i relativi benefici economici in modo non sempre trasparente, per esempio incanalando i fondi europei verso gli oligarchi vicini a Orbán), ma non manca giorno che Orbán non lanci strali contro i “burocrati” di Bruxelles, che vorrebbero colonizzare l’Ungheria con immigrati, diritti dei gay, ecc. ecc.
In aggiunta a tutto ciò, c’è il legame politico e ideologico sempre più stretto con la Russia di Putin, con la quale infatti l’Ungheria di Orbán ha numerosi punti di sintonia: ultracapitalismo selvaggio e lotta di classe dall’alto, sistema oligarchico, concezione corporativistica del lavoro, fondamentalismo cristiano, omofobia becera e nazionalismo razzista verso gli immigrati (che pure vengono invitati dal governo in sempre maggior numero, dato che centinaia di migliaia ungheresi sono a loro volta emigrati, e il paese è in forte crisi demografica).

Queste affinità elettive si sono rese ancora più evidenti dopo l’invasione russa dell’Ucraina dell’anno passato. L’Ungheria è l’unico paese che sembra violare il fronte anti-russo di tutti gli altri membri dell’UE (anche se solitamente le sue proteste sguaiate servono più che altro a ottenere un compenso per il voto richiesto, che finalmente viene dato).
La retorica ipocritamente pacifista di Orbán (ma la si potrebbe definire “pacifinta”) è semplicemente rivoltante. Orbán è addirittura arrivato a dire: «Sono l’unico in Europa oltre al papa a credere nella pace». Lasciando perdere i paragoni con papa Francesco, sembra che anche in questo caso Orbán stia dando prova del suo proverbiale opportunismo. Da un lato resta nella NATO e ha anzi rafforzato i confini con l’Ucraina (nonostante tutto, Orbán non è uno sciocco e forse non è contento di avere una guerra alle porte di casa). Dall’altro, deve pagare pegno all’amico Putin, ostentando una posizione pilatesca che presenta la guerra in Ucraina come una specie di notte in cui tutte le vacche sono grigie (tutt’al più, ci si può lamentare degli ungheresi che vivono in Ucraina che possono essere arruolati, ma degli ucraini chi se ne importa?).

E qui si torna al 23 ottobre. Si tratta infatti di una ricorrenza che molti ungheresi hanno sempre vissuto non solo come antisovietica, ma anche come antirussa. Non è un caso che lo slogan del 1956, ripetuto anche nelle commemorazioni di oggi, sia «Russi a casa». Pertanto, in un periodo in cui la Russia di Putin è giustamente oggetto di critica a livello mondiale (la quale naturalmente non deve essere una condanna pregiudiziale di tutti i russi in quanto tali), meglio abbassare i riflettori su una ricorrenza scomoda e che potrebbe portare a dei risultati inattesi. Questo incredibile voltafaccia (del resto non il primo di Orbán e sicuramente non l’ultimo) è del resto compatibile con l’uso disinvolto della Storia (che arriva fino alla manipolazione e alla falsificazione) sistematicamente fatto dal suo regime. Basti pensare a Mária Schmidt, la donna più ricca d’Ungheria che Orbán ha messo a capo di un vero e proprio programma di manipolazione e falsificazione storiche per rivalutare il regime di Miklós Horthy. Oppure alla cosiddetta “Casa del terrore”, un museo il cui obiettivo sarebbe mettere i “totalitarismi” (nazi-fascismo e comunismo) sullo stesso piano (peccato che quasi tutto il museo sia dedicato al secondo, facendo uscire il primo piuttosto bagatellizzato). Insomma, sembra proprio vero che chi controlla il passato controlla il presente, come avrebbe detto George Orwell.


[1] Charles Gati, Failed Illusions: Moscow, Washington, Budapest, and the 1956 Hungarian Revolt (Washington, D.C.: Woodrow Wilson Center Press, 2006).

[2] PORTFOLIO. Friss adatok jöttek: van egy dolog, amiben Magyarország első az egész NATO-ban. Portfolio.hu, 22 marzo 2023: .

Elia Spina

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