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La finanziaria di Meloni, Salvini... Fornero

2 Novembre 2023
finanziaria


Elsa Fornero ha commentato compiaciuta la legge di stabilità del governo Meloni vedendovi il riconoscimento delle misure a suo tempo varate dal governo Monti, in particolare sulle pensioni.
Ha ragione. Dopo aver costruito la propria relativa popolarità tra i salariati con la campagna contro la Legge Fornero (grazie soprattutto al semaforo verde delle burocrazie sindacali a quella legge), Meloni e Salvini non solo ne riconfermano l'impianto ma ne peggiorano i caratteri.

Resta l'età di vecchiaia dei 67 anni coi 20 anni di contributi. Si ripristina l'aggancio alla cosiddetta speranza di vita a partire dal 2025, col relativo aumento dell'età pensionabile. L'accesso anticipato con quota 103 è penalizzato dal calcolo contributivo integrale, con un taglio medio del 15% della pensione. Il settore pubblico subisce la revisione delle aliquote con pesanti perdite cumulative (sino a 7/11 mila euro lordi l'anno). Si alza il tetto di accesso alla pensione per i lavoratori interamente contributivi, che viene portato a tre volte l'assegno sociale (circa 1521 euro lordi al mese): ciò che significherà per molti un allungamento coatto al lavoro oltre i 70 anni, per via dell'irregolarità dei contributi legata al precariato dilagante. Si alzano persino le soglie d'accesso per Opzione donna, portando il requisito d'età da 60 a 61 anni, ed anche per l'Ape sociale (lavori usuranti e gravosi) innalzando la soglia da 63 anni a 63 anni e 5 mesi...

Insomma: come in passato, la previdenza fa da bancomat. Al pari della sanità, dove il taglio dell'investimento pubblico si combina con l'aumento delle regalie ai privati di ben due miliardi; al pari dell'assistenza ai disabili, cui vengono tagliati 400 milioni; al pari dei disoccupati e popolazione povera, già privati del reddito di cittadinanza, cioè del diritto alla sopravvivenza... Quanto alla famosa campagna per la natalità, tutta all'insegna di Patria & Famiglia, parla da solo l'aumento dell'IVA per il latte in polvere, i pannolini, il seggiolini...
Il pallone della retorica reazionaria viene bucato dalla miseria dei fatti.

Giancarlo Giorgetti, ministro dell'economia, l'aveva promesso ai mercati finanziari e a Bruxelles: “La legge di stabilità sarà seria e responsabile”. È stato di parola.
I 100 miliardi annui di soli interessi che il governo versa alle banche che comprano i titoli di Stato vengono messi al sicuro. A pagare sono 18 milioni di salariati. Il cui stipendio dal primo gennaio resta immutato, con un'inflazione cumulata del 16,9% in tre anni, contratti pubblici al palo, e dieci milioni di lavoratori del settore privato senza contratto. A loro è riservato l'obolo di 7 euro netti mensili per chi guadagna 20000 euro lordi (riduzione del cuneo fiscale), per di più messi a carico del debito pubblico, cioè indirettamente dei salariati stessi, mentre si riduce ulteriormente la tassazione dei profitti (IRES), quelli che in questi anni sono cresciuti gonfiando i prezzi.

Si impone una domanda elementare: a quando uno sciopero generale vero?

Partito Comunista dei Lavoratori

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