Internazionale

Spagna. Fusione Bankia-CaixaBank, una truffa milionaria per la classe lavoratrice

1 Dicembre 2020
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Si è parlato molto nelle ultime settimane della fusione tra le banche Bankia e Caixabank, ma per capire davvero le implicazioni che ciò può avere sulla classe lavoratrice dello Stato spagnolo dobbiamo prima analizzare cos'è Bankia, come e perché è stata creata, in che situazione si trova, e perché stiamo affrontando l'ennesima truffa dello Stato contro la classe lavoratrice, ovviamente sponsorizzata dalla BCE.

2010. Nel bel mezzo della crisi economica nasce il BFA (Banco Financiero y de Ahorros), a seguito della fusione di sette casse di risparmio: Caja Madrid, Bancaja, La Caja de Canarias, Caja de Ávila, Caixa Laietana, Caja Segovia e Caja Rioja. Ben presto la nuova banca si trova in gravi difficoltà finanziarie, perché lo Stato approva un piano secondo il quale le banche sono tenute a creare un fondo di riserva. La BFA semplicemente non ha i soldi per crearlo, poiché i suoi asset sono in gran parte costituiti da prodotti tossici derivati principalmente dallo scoppio della bolla immobiliare (si ricordi il famoso caso delle "azioni privilegiate", ad esempio).

Come soluzione, con Rodrigo Rato - ex vicepresidente ed ex ministro nel governo Aznar - a capo della banca come presidente del consiglio di amministrazione, si ritiene che il modo migliore per ottenere denaro è quello di un'Offerta Pubblica Iniziale, ma per fare questo si decide di dividere la banca in due parti, cioè i beni tossici rimangono nella BFA e gli attivi bancari (conti, clienti, sedi...) vengono trasferiti a Bankia, la nuova entità bancaria risultante dalla divisione.

2011. Bankia entra nel mercato (il 55% della vecchia banca, l'altro 45% rimane del BFA).

2012. Rodrigo Rato si dimette, lo stesso giorno in cui viene annunciato che il FROB (Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata, che aveva precedentemente prestato alla BFA 4.465 milioni di euro di denaro pubblico) inietterà nuovamente denaro dalle casse dello Stato alla banca, fino a un massimo di 10.000 milioni (sarebbero diventati molti di più, come vedremo). Nello stesso anno, in considerazione del fatto che il prestito iniziale non sarebbe mai più stato saldato, viene nazionalizzata la BFA, di cui lo Stato rileva il 45% di Bankia (arriverà a possederne il 61%). Ciononostante, dopo mesi di caduta libera delle azioni, Bankia finisce per chiedere di nuovo aiuto al governo, che risponde con i famosi 19.000 milioni di soldi pubblici, di cui la BFA trattiene senza restituire 12.000. Se li aggiungiamo ai 4.465 iniziali, abbiamo l'enorme somma di 23.465 milioni di euro di soldi pubblici regalati alla banca.

A fine luglio BFA-Bankia viene sottoposta a revisione, e il risultato è chiaro: non solo il valore patrimoniale è nullo, ma persino negativo. Lo Stato è il maggior azionista di un pozzo senza fondo di perdite e conti oscuri. Il consiglio di amministrazione della banca si dimette in blocco, ma nel 2019, nel corso del processo in cui i membri del CdA vengono indagati per falso in bilancio, essi dichiarano che nessuno di loro rilevò alcuna irregolarità, e che anzi non sospettarono nemmeno, perché la BCE approvò ciascuna delle misure adottate. A distanza di tempo possiamo dire che la nazionalizzazione della banca significò all'epoca la fine del fiore all'occhiello del Partito Popolare, e il luogo in cui quel partito ottenne il maggior numero di posizioni.

2014. Lo Stato, attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata, detiene il 68% del capitale di Bankia e ne vende il 7% a fondi di investimento, arrivando all'attuale 61%. Da quel momento in poi, gli importi che lo Stato recupererà dal prestito saranno irrisori.

2016. Nel settembre di quest'anno sono stati recuperati solo 2.686 milioni di euro del prestito iniziale. Si inizia a preparare l'opinione pubblica ad accettare il fatto che il resto del prestito non tornerà mai più nelle casse dello Stato. Viene inoltre approvata una proroga di due anni del termine concesso allo Stato per la privatizzazione di Bankia.

2018. Viene approvata un'altra proroga di due anni, portando la scadenza al 2021.

Come si può valutare dall'ordine cronologico dei fatti, anche se molto sintetico, il risultato dell'intera serie di operazioni effettuate tra il governo dello Stato spagnolo e la banca Bankia-BFA altro non è che la sistematica rapina delle casse pubbliche al fine di favorire le fortune private, nascondendo crimini e malversazioni, e salvando gli azionisti a scapito di servizi pubblici, pensioni, ecc., che avrebbero dovuto essere i beneficiari dei milioni che venivano dall'Europa. Milioni, d'altra parte, che non sarebbe stato necessario chiedere se non si fossero "dovute" salvare queste banche (Bankia è stata la più grande beneficiaria di queste iniezioni economiche, ma ci sono molte altre banche che ne hanno tratto vantaggio). Il serpente capitalista che si morde la coda.

Consideriamo adesso quali potrebbero essere le conseguenze della fusione Bankia-Caixabank.

- La prima è ovvia. Con la banca in mani private possiamo dire definitivamente addio al recupero del denaro che tutti noi, anche se involontariamente, abbiamo versato nelle tasche di Bankia.

- Nel momento in cui lo Stato conservava il 61% della banca, c'era ancora la speranza – ovviamente remota – della creazione di una banca pubblica. Con il 17% che gli resterà della nuova Caixabank, invece, possiamo dimenticarci anche di questo.

- La concentrazione del settore finanziario comporta una serie di rischi ben definiti per la vita politica ed economica. Dalle cinque grandi banche spagnole (Santander, BBVA, Caixabank, Bankia e Sabadell) ne resterebbero quattro, ma si parla già di altre fusioni che potrebbero interessare BBVA e Sabadell. Maggiore è la concentrazione bancaria, minore è la diversificazione degli investimenti settoriali e privati. Cioè se ad esempio due grandi banche su tre decidono di non investire in mutui, e ne rimane solo una, questa potrà alzare i tassi d'interesse, volendo, fino alle stelle. Un altro esempio potrebbe essere il finanziamento ancor più selettivo dei partiti politici e dei media, con il pericolo che ciò comporta per l'ulteriore diminuzione delle nostre libertà.

- La diminuzione di concorrenza renderà i lavoratori vittime del più puro saccheggio finanziario. Prima ancora che la fusione sia avvenuta, ad esempio, La Caixa ha già annunciato che aumenterà le commissioni relative ai conti correnti e alle carte di credito.

- Come abbiamo già visto all'inizio della crisi del 2008, più grande è l'istituto finanziario più il suo fallimento sarà costoso - ricordiamo che la fusione delle casse di risparmio ha portato al grande buco nero che si è rivelato essere il BFA, e semmai qualcuno ne dubitasse ancora, se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo, le banche saranno salvate nuovamente con i nostri soldi.

- Una delle conseguenze più sanguinose sarà senza dubbio il livello di occupazione, con 8.000-10.000 licenziamenti previsti tra i dipendenti della nuova banca. Pur prevedendo di coprire il 15% di questi licenziamenti con il prepensionamento all'età di 50 anni (nel caso specifico, sembra si dimentichi che il governo sta ancora valutando la possibilità di aumentare ulteriormente l'età del pensionamento, vale a dire fino ai 70 anni), da più di un anno entrambe le banche effettuano sistematicamente EREs (Expedientes de Regulación de Empleo, licenziamenti per motivi economici, NdT) con l'obiettivo di alleggerire notevolmente il numero dei dipendenti.
Naturalmente, poiché il licenziamento degli alti funzionari sarebbe molto più costoso, ancora una volta lo scotto verrà pagato dagli impiegati, semplici numeri per i loro datori di lavoro. I dirigenti dei maggiori sindacati, come è triste consuetudine, si oppongono con una battaglia più nominativa che altro, basata principalmente sulla negoziazione degli indennizzi invece che sulla lotta per i posti di lavoro di tante persone che si ritroveranno in mezzo alla strada da un giorno all'altro.

- Per quanto riguarda i famosi "titoli tossici" che la nuova banca risultante dalla fusione si ritroverà ad avere, c'è da aspettarsi che continueranno ad essere un peso di cui prima o poi dovranno sbarazzarsi, sicuramente attraverso la vendita a fondi avvoltoio di tutto il mondo, che continueranno così a speculare con questi titoli all'infinito. E come se non bastasse, Caixabank sta già concedendo di nuovo crediti deteriorati con la scusa della pandemia, il che ci fa prevedere che se tutto va avanti così, le insolvenze faranno fallire ancora la nuova banca con risultati disastrosi per la classe lavoratrice, vale a dire che tra non molti anni potrebbe piovere di nuovo sul bagnato, e più di prima.

Tutto ciò sta accadendo ora sotto un governo che si suppone di sinistra, in cui Unidas Podemos – il partito che più dice di lavorare a favore del popolo – si è dimostrato totalmente incapace di influenzare qualsiasi aspetto della vicenda. Pur respingendo pubblicamente la fusione, hanno riconosciuto che la loro limitata forza gli ha impedito di evitarla, ammettendo implicitamente con ciò che la partecipazione al governo – e ancor più se in coalizione con la socialdemocrazia – è incompatibile con la vera lotta per gli interessi della classe lavoratrice, oltre e al di fuori del profitto del mercato e dei grandi patrimoni.

Le loro lamentele timidamente espresse hanno cercato più di ingraziarsi un elettorato sempre più insoddisfatto delle loro posizioni che di opporsi ai partner del PSOE per spingere verso una politica di giustizia sociale. Con Bankia si perde l'occasione di creare una banca pubblica che, nonostante tutte i limiti capitalisti presenti, avrebbe aperto la possibilità di accedere a un mercato immobiliare pubblico con affitti sociali a prezzi agevolati, che avrebbe potuto concedere credito alla classe lavoratrice con interessi minimi e condizioni umane, e avrebbe potuto iniziare a diffondere, insomma, la semplice idea che il pubblico è meglio del privato nel breve, medio e lungo termine.

A conclusione, l'unica cosa che si può fare per evitare o almeno ridurre gli effetti di tutto questo disastro finanziario e politico è lottare contro di esso. Dobbiamo rifiutare con forza la creazione di oligopoli bancari, che non possono che portarci fame e disagi. Dobbiamo scendere in piazza per esigere che questo governo agisca nel nostro interesse, che controlli i conti delle banche, li renda pubblici e li consegni ai lavoratori, in modo che essi possano utilizzare il denaro, che non è altro che il nostro stesso denaro sottoposto mille volte a speculazioni e trattative delle quali nessuno rende conto.
Siamo ancora in tempo per resistere e opporci al capitale, anche dopo le disillusioni generate nella nostra classe dalle menzogne e dagli inganni dei vari partiti schiavi dell'elettoralismo.

Izquierda Anticapitalista Revolucionaria (Spagna)

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