Teoria

La rivoluzione bolscevica nel campo dell'istruzione

Dalla scuola unica del 1918 alla controrivoluzione stalinista

23 Novembre 2017
Lunacarskij

Anatolij Lunacarskij, bolscevico, Commissario del popolo per l'istruzione dopo la rivoluzione


All'indomani della conquista del potere politico da parte dei bolscevichi e della classe lavoratrice russa nell'ottobre 1917, iniziava il gran lavoro dei comunisti per la trasformazione della società, per la costruzione di una società nuova, liberata dal capitalismo e da ogni tipo di sfruttamento, senza classi né frontiere, per la costruzione di una società socialista e comunista.
Un campo fondamentale, tra i tanti, a cui dedicare importanza era quello educativo. Non solo l'insegnamento formale e scolastico, ma anche la formazione sociale, morale, politica. La scuola resta chiaramente uno strumento della classe dominante. E fin quando lo stato esisterà, la scuola non potrà essere che scuola di classe.

"Nel campo dell'istruzione pubblica accade lo stesso fenomeno: quanto più evoluto è uno Stato borghese, tanto più sottilmente esso mente affermando che la scuola può restare estranea alla politica e servire la società nel suo complesso. In realtà, la scuola è stata trasformata per intero in uno strumento di dominio della classe borghese, è stata permeata dello spirito borghese di casta, si è vista assegnare il compito di fornire ai capitalisti docili servi e operai capaci ... Noi diciamo che nel settore della scuola la nostra causa è la stessa lotta per rovesciare la borghesia e dichiariamo apertamente che la scuola estranea alla vita e alla politica è una menzogna e un'ipocrisia" (Lenin, Dal discorso al 1° Congresso panrusso dell'istruzione, 29 agosto 1918).
C'era da fare i conti con un territorio di circa 200 milioni di persone divise in oltre 100 nazionalità, diverse per lingua (circa 65), tradizioni, storia, origine e cultura. Si stima che l'alfabetizzazione non superasse il 30% della popolazione (secondo il censimento del 1920, quindi a intervento sovietico già iniziato, solo il 51% della popolazione era in grado di leggere e scrivere; la Repubblica con il più alto livello di alfabetismo era l'Ucraina col 57,5%, quella con il livello più basso il Tadzikistan col 3,7%).

C'era da spazzare via e superare l'antico sistema d'istruzione zarista, arretratissimo e chiaramente iperclassista, oltre ad essere oppressivo verso i popoli non russi dell'impero. La scuola statale era ultra selettiva e diffondeva un oscurantismo medioevale, esistevano alcune istituzioni private, clandestine o tollerate, nelle quali si ritrovavano caratteri più moderni, rispecchiando le scuole occidentali. Nel 1907 era stato introdotto l'obbligo scolastico, ma restava solo sulla carta. Prima del 1917 nemmeno il 40% dei bambini erano scolarizzati. Una lotta permanente, tra i settori centrali dominanti che rispondevano al clero e al sistema feudale e i settori “illuminati” della borghesia presenti nella duma, faceva scaturire alcuni elementi di modernizzazione per il contenuto della scuola.
La situazione di arretratezza e crisi del sistema educativo ebbe un ulteriore approfondimento con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, unendosi al contesto di miseria generale. E di certo la guerra civile dopo il 1917 non aiutò a superare questi problemi.
C'era da rimpiazzare tutto questo con un sistema scolastico e d'istruzione socialista. Non si partiva certamente da zero. Marx, Engels ed altri autori marxisti avevano lasciato diversi scritti ed analisi anche su questo tema, direttamente o indirettamente, pur non lasciando, come normale che sia, un vero e proprio prontuario. Alcune basi però erano solide, a partire dall'istruzione politecnica e quindi dell'unione dell'istruzione con il lavoro materiale produttivo (su questo tema rimandiamo per un approfondimento al prossimo numero de Lo Studente Trotskista). Lo stesso Manifesto del Partito Comunista del 1848 recitava: “Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Combinazione dell'istruzione con la produzione materiale“.

Dal canto suo l'esperienza della Comune di Parigi, pur con la sua breve esistenza, aveva decretato la separazione della scuola dalla Chiesa (nessuna istruzione religiosa e nessun oggetto di culto negli edifici scolastici); l'istruzione obbligatoria, gratuita (anche per quanto riguarda libri e strumenti) e impostata su basi scientifiche; reso l'Università libera a chiunque. Un “insegnamento che garantisca a ciascuno la vera base dell'eguaglianza sociale, ossia l'istruzione integrale alla quale ogni cittadino ha diritto”. La Comune inoltre raddoppierà gli stipendi dei maestri, e le retribuzioni delle maestre furono a questi parificate.


LA RIVOLUZIONE

C'è da dire che la rivoluzione comunista russa non ebbe però il supporto da parte degli insegnanti, per lo meno della sua maggioranza, e appena dopo la rivoluzione la vecchia burocrazia scolastica pratica il sabotaggio. Ad ogni modo il giorno dopo l'atto della presa del potere, l'8 novembre 1917, venne istituito il Narcompros (commissariato del popolo per l'istruzione), con a capo il cervellotico e contorto Anatolij Lunacharsky. Nello stesso mese, con uno dei suoi primi atti, il governo sovietico definì i provvedimenti fondamentali nel campo dell'istruzione da prendere con urgenza immediata. Questi ultimi formeranno la base del più organico e fondamentale “Regolamento della Scuola Unica del Lavoro” del 16 ottobre 1918 e dei “Principi Generali della Scuola Unica”. Nel 1918, nel 1921 e 1922 arriveranno i decreti sulla scuola universitaria.

Una vera rivoluzione scolastica unita ad uno stanziamento di grandi somme di investimenti. Nel primo anno della rivoluzione il bilancio della pubblica istruzione contò un aumento di più del 200%, rispetto a quello del governo Kerensky del 1917. Nel 1919 si ebbe la decuplicazione della cifra, rispetto allo stesso.
Viene introdotta quindi la Trudovaja Skola, la “scuola unica del lavoro”. Un solo tipo di scuola, un'eguale istruzione per tutti, “la più alta possibile per ogni cittadino”. Tutti gli altri vecchi tipi di scuola vengono aboliti, non ci sono più scuole privilegiate. Il fondamento di tutta la vita scolastica è il lavoro produttivo, dove si vuole unificare l'insegnamento della varietà delle discipline con il lavoro, attraverso un insegnamento a carattere di formazione generale e di formazione tecnica, distinguendosi così sia da una scuola prettamente intellettuale sia da una scuola prettamente professionale. Si vuole insegnare ai bambini non soltanto a lavorare, ma anche ad essere coscienti di ogni connessione logica di questo lavoro, collegandolo nel modo più stretto all'acquisizione dei concetti e delle competenze.

Per la Krupskaja l'insegnamento finora impartito agli operai aveva avuto per scopo quello di “preparare l'operaio ad un'azione meccanica; a ruotare, o ad affilare, o a piallare, o ad essere fabbro ferraio ecc.” Ora invece si trattava di metterlo in grado “di comprendere l'industria in cui lavora” e la sua “importanza nel mercato mondiale”. “La scienza deve illuminare la peculiare natura dell'industria in questione; si deve far conoscere la storia delle ramificazioni della stessa, e questo si deve fare in rapporto allo studio della storia del lavoro e della civiltà; la stessa industria deve esser illustrata dal punto di vista dei problemi economici e politici”.
Per Sulgin, importante pedagogo sovietico, “il ruolo del lavoratore dell'Unione Sovietica non assomiglia a nessuno dei ruoli degli altri lavoratori del mondo. Non si tratta soltanto di effettuare una rotazione tra le macchine complicate della produzione: egli non è l'esecutore servile di una volontà estranea. È invece il creatore e l'architetto del mondo nuovo. Per far questo occorre che conosca i principi fondamentali della produzione per poter dispiegare appieno la sua iniziativa, la sua potenza creatrice, per migliorare la produzione e perfezionarla. Un artigiano strettamente limitato al suo mestiere, uno specialista, sono poco utili all'Unione Sovietica. Per questo la scuola politecnica aiuta a formare l'operaio in quanto creatore, in quanto organizzatore della produzione, in quanto inventore.“

Nella nuova scuola sovietica si svolge così un lavoro di officina e un lavoro agricolo. Ogni scuola deve avere a disposizione un terreno di circa un ettaro nei villaggi e di 500 metri quadrati nelle città. Il lavoro agricolo doveva esser compiuto nell'estate, quello d'officina d'inverno. Inoltre viene eliminata ogni tipo di disciplina considerata superflua, tra le quali il greco, il latino, la religione.
La scuola è obbligatoria fino ai 17 anni ed è gratuita. Gratuita non solo riguardo la frequenza ma anche offrendo la gratuità di un ristoro scolastico, dei libri, della cancelleria, di vestiti e di scarpe. A questo si introduce anche la vigilanza medica.
La nuova scuola è laica: l'insegnamento religioso di qualsivoglia confessione, cosi come le pratiche religiose, sono proibiti nei locali scolastici.
Viene definito un piano per la preparazione di un grande numero di nuovi insegnanti. La vecchia classificazione dei maestri sulla base di categorie è abolita: non più distinzioni tra maestri e professori. I nuovi insegnanti ebbero la qualifica di “operai della scuola” e percepivano tutti lo stesso salario mensile, escludendo ogni particolare indennità, anche per quelli che esercitavano funzioni direttive.

Scompare la vecchia concezione di classi scolastiche. La scuola unica del lavoro era distinta in due gradi: il primo, costituito dalla scuola quinquennale, comprendeva cinque gruppi, ed accoglieva gli alunni dagli 8 ai 15 anni d'età; il secondo, la scuola quadriennale, distinta in quattro gruppi, per gli studenti dai 13 ai 17. La divisione in gruppi è organizzata secondo i gradi di formazione nei vari settori dell'insegnamento. Inoltre è abolita l'educazione omogenea (distinta per sessi) ed introdotta la coeducazione, ora i bambini e le bambine seguono corsi assieme.
Ogni tipo di esame (esami d'ammissione, esami per il passaggi o da una classe all'altra, esami di licenza) sono aboliti, al pari ogni sorta di compiti domestici. Nella nuova scuola non è tollerata alcuna punizione.
È il Soviet scolastico, organo responsabile dell'autogestione della scuola, che decide sui progressi degli studenti, sull'accesso ai diversi gruppi e sulla licenza dalla scuola.
Il Soviet scolastico è composto da tutti i lavoratori della scuola, da dei rappresentanti della popolazione attiva del distretto scolastico, da degli studenti (a partire dai 13 anni) e da un rappresentante della sezione per la formazione del popolo. Tra le altre cose il Soviet scolastico ha poteri di controllo e decisione su programmi di insegnamento (in conformità alle direttive centrali), gestione amministrativa dell'attività scolastica, controllo e approvazione dei regolamenti scolastici. Si riconosce a tutti i membri della comunità una completa libertà di riunione (insegnanti, giovani, ecc.).

La giornata scolastica inizia dalle 8 di mattina e termina alle 17, questo per tutto l'anno. Una parte di questa giornata scolastica (un terzo o la metà) è destinata all'insegnamento vero e proprio, l'altra parte alle libere occupazioni degli alunni. Sette giorni su sette, pur con due giorni alla settimana con un lavoro scolastico più riposante. Tre mesi complessivi di ferie (ripartiti in tre periodi continui).
Gli stessi principi che hanno animato la riforma rivoluzionaria nel mondo della scuola si trovano nella trasformazione dell'Università, che col decreto del 6 agosto 1918 diventa gratuita ed aperta a tutti i cittadini di età superiore ai sedici anni, quale fosse il loro grado di cultura.
Ci fu subito un'altissima adesione degli operai adulti alle università che ben presto, nel 1920, costrinse il Narkompros a fare i conti con la realtà, e quindi all'istituzione delle “facoltà operaie” (rabfak): scuole pre-universitarie per adulti, a fianco di ogni università, per dare un'istruzione preliminare generale di tre anni a coloro che non la possedevano. Sempre nel 1920 furono eliminate le facoltà storico-filologiche e le facoltà giuridiche, non più compatibili con l'ordinamento socialista. Le cattedre di filosofia furono sostituite da quelle di ideologia marxista, e le cattedre di storia furono fatte confluire, insieme a quelle di economia politica, nella sociologia. Nel 1922 si ricostruirono le facoltà giuridiche, ma trasformandole in facoltà di diritto sovietico.
Il numero delle scuole elementari salì da 38.387 nel 1917 a 62.238 nel 1919; l'insegnamento prescolastico che nel 1910, sotto lo zarismo, accoglieva 200.0000 bambini, nel 1921 ne accoglieva il triplo.

Fuori dai tradizionali ambienti scolastici fioriva, sempre grazie all'opera di governo, un'ampia rete in servizio alla cultura e alla cultura politica per gli adulti e per tutti i cittadini: scuole professionali per adulti con programma elementare o con programmi generali, poi corsi, associazioni culturali, biblioteche, sale di lettura, musei, teatri, cinema. Una grandissima opera il cui obiettivo primo era la liquidazione dell'analfabetismo così esteso e pesante per la neo società sovietica. Da ricordare anche il sorgere di scuole ed università per militanti comunisti.
Subito dopo la rivoluzione, su sollecitazione di Lenin, venne fondato il Komsomol (Unione della Gioventù Comunista Russa), un'organizzazione giovanile comunista che, fuori dalla scuola, collaborava con il partito bolscevico per l'educazione dei giovani secondo i principi marxisti, e per coinvolgerli nella costruzione della nuova società. Nel 1920 si conteranno già mezzo milione di aderenti.

Nel 1919 venne fondata l'Internazionale dei lavoratori dell'insegnamento, altro tassello che mostra come il bolscevismo russo ed internazionale desse importanza a questo tema.
Pur a fronte di grande arretratezza economica ed altri grandi ostacoli (assenza di scuole, istituti, laboratori, personale qualificato, grado di analfabetizzazione, povertà generale..) solo un governo dei lavoratori è stato capace, ed è l'unico capace, di mettere in primo piano, di affrontare in maniera così decisiva, sistematica e radicale le questioni culturali, dell'istruzione e dell'educazione.


LA SCUOLA REALE DEL 1918

Al di là dei decreti, nel campo reale, regnano forze contrastanti che determinano anche un forte dibattito che arrivava nelle prime file del partito bolscevico. Il campo dell'istruzione, nel periodo immediatamente successivo alla presa del potere, vive una stagione di euforia rivoluzionaria. Come era accaduto parimenti nei diversi ambiti della società (tra gli altri il più significativo quello delle relazioni amorose e sessuali tra proletari) si conoscono esperienze e comportamenti liberatori e libertari, a volte vicini all'anarchismo e all'utopia. Autogestioni ed esperimenti pedagogici avanzati, con una moltitudine di protagonisti e linee di pensiero, cavalcano il primo periodo post-rivoluzionario e con essi nuovi pedagoghi e teorici che volevano farla finita e tagliare totalmente i ponti con la vecchia concezione di scuola. Lo stesso governo, propone in modo rocambolesco, vari progetti e vari piani (Dewey, Dalton..).

Diversi pedagoghi idealisti e anarcoliberalisti, che spesso si dichiaravano socialisti, difendevano una “educazione libera”, una “educazione naturale” per il bambino. Quando una natura ideale e immutabile del bambino non esiste, quando è impossibile determinare completamente il carattere e lo sviluppo del fanciullo ignorando i fattori ereditari e ambientali di una società (e di una società in transizione). Come dirà Blonsky, la libertà di educazione si esprime sempre come “libertà-contro”, cioè si può ed è giusto rivendicare la libertà d'insegnamento nel contesto di un regime oppressivo come quello zarista, ma non nel contesto di un regime socialista perché altrimenti sarebbe una parola d'ordine reazionaria. Eppure la parola d'ordine della “libertà dell'insegnamento” conquista il Congresso dell'Associazione degli insegnanti dell'agosto del 1918 (una piccola minoranza di insegnanti russi).
La stessa Krupskaja, figura al vertice della politica pedagogica bolscevica ed ispiratrice con i suoi precedenti lavori alla riforma del 1918, difendeva un intervento “soft” da parte dello stato, lasciando ai soviet di educazione popolare proprie ed ampie funzioni sulla gestione delle scuole.
C'era poi chi, come Bogdanov, criticando aspramente la linea bolscevica maggioritaria, teorizzava che la nuova cultura dovesse sorgere per tutto ed in tutto dalla classe lavoratrice, volgendo le spalle a tutta (o quasi) la cultura borghese, così da poter costruire qualcosa di nuovo, corrispondente alla novità assoluta della società collettivista. Non si trattava cioè di far fronte ad un popolo analfabeta, ma di trarre da esso l'intellettuale nuovo.
Infine alcuni intellettuali arrivarono ad esprimere, in diverse forme, concezioni sulla morte della scuola, chiedendo l'abolizione completa del vecchio concetto di scuola, facendo tabula rasa del passato. La scuola così sarebbe dovuta diventare parte integrante dell'officina: non più manuali, programmi, lezioni, diplomi. Alcuni di questi teorici arrivarono ad affermare che se la scuola era stata strumento di dominio della classe borghese allora, caduto l'ordine borghese, la scuola stessa come istituto doveva cadere.

I vertici della linea educativa sovietica come Lunaciarsky, Krupskaja, Pokrovsky, Litkens, oltre a manifestare differenti sensibilità tra loro, furono impegnati al confronto e a volte alla mediazione con tutte queste correnti, che andavano dal tolstoismo libertario alle concezioni di Bogdanov e a quelle della morte della scuola.
Non è un caso che nei “Principi Generali della Scuola Unica”, l'atto che precedeva il “Regolamento della Scuola Unica del Lavoro” del 16 ottobre 1918, si pone ai vertici degli scopi della scuola nuova l'autoformazione della personalità dell'individuo: “Nella cultura socialista la personalità deve rimanere il più alto valore. Questa personalità tuttavia può sviluppare le sue inclinazioni in tutto lo splendore possibile solo in una società armoniosa di uguali. Noi (cioè il governo) non dimentichiamo il diritto di un individuo al proprio sviluppo particolare. Non è necessario per noi tagliare una personalità, per ingannarla, per gettarla in stampi di ferro, perché la stabilità della comunità socialista non si basa sull'uniformità delle caserme, non sul trapianto artificiale, e non su inganni religiosi ed estetici, ma su una reale solidarietà degli interessi.”
Inoltre, nei fatti, il principio della scuola unica era integrato con il principio di autogoverno degli alunni. Gli studenti partecipavano alla direzione della scuola sia attraverso i propri diretti rappresentanti diretti nel soviet scolastico, sia con il loro peso nella comunità. Accadde spesso che gli insegnanti dovettero attenersi, in diversi campi, alle deliberazioni degli studenti, e si sperimentarono occasioni in cui gli alunni, alla fine di ogni settimana, eleggevano i propri insegnanti.

Anche Lenin, Trotsky ed altri bolscevichi di rilievo entrarono spesso nei dibattiti che animavano la questione scolastica ed educativa, contrastando le altre correnti pedagogiche.
Per questi, come per la direzione del Narkompros e la maggioranza del partito, l'idea di fondare la cultura proletaria sul pieno rifiuto della cultura borghese era del tutto sbagliata. L'obbiettivo principale era invece quello di assimilare la cultura e la scienza borghese, in cui si raddensavano tutte le conquiste dell'umanità nel suo svolgimento storico, per volgerla alla costruzione socialista. Inoltre si doveva salvaguardare ed estendere la cultura tecnica e scientifica esistente per la ricostruzione della forza produttiva andata distrutta per i tre quarti dalla guerra.
Lenin, in un discorso pronunciato il 2 ottobre 1920 al III Congresso dell'Unione della gioventù comunista di tutta la Russia disse: “Si dice che la vecchia scuola era una scuola di studio meccanico, una scuola di costrizione, una scuola in cui si infarcivano le mente. È giusto. Ma ciò nonostante bisogna saper distinguere cosa vi era di cattivo e che cosa vi era di utile per noi nella vecchia scuola, bisogna saper scegliere in essa ciò che è necessario al comunismo”.
Tutta questa grande discussione, in Unione Sovietica, sviluppò il Proletkult (“Organizzazione Culturale-educativa Proletaria), rivista fondata e diretta da Bogdanov, posta dal 1917 sotto la dipendenza del Narkompros, che ospitava le molteplicità delle posizioni politiche pedagogiche del tempo e che in collaborazione con il governo sviluppava la diffusione della cultura extrascolastica e la lotta contro l'analfabetismo, mobilitando ideologicamente i lavoratori alla più varia cultura.

Tornando al campo reale occorre rilevare che le cronache dei primi anni parlano ancora di scuole sprovvedute d'ogni sussidio didattico, di locali d'accatto privi di luci e di riscaldamento, di inchiostro che gelava nei calamai. Ma si comprendono le difficoltà oggettive e non si resta da questo stupiti, nell'epoca del “comunismo di guerra” la scuola nuova non può esistere al 99% che sulla carta. Piuttosto, dopo poco tempo dalla fondazione della scuola nuova, emergono dubbi e preoccupazioni, proprio tra gli stessi dirigenti bolscevichi, su alcuni caratteri della prima riforma scolastica del 1918. Dubbi accresciuti anche in conseguenza del fatto che nei primi anni la scuola non ebbe un definito programma stabile, i programmi spesso mutavano in maniera così rapida che le scuole non erano in grado di realizzarli. Anche Clara Zetkin affermò che c'era “ancora molto di incerto, oscuro e sperimentale (…), molte mode artificiose e cerebrali, che copiavano modelli occidentali”.

L'ondata di sperimentazione pedagogica venne presto fatta cessare. Vennero imponendosi le esigenze dell'economia nazionale unite all'appello per una maggiore efficienza. Sotto il segno della NEP (1921) si apre una nuova fase e nel 1923 si arriva ad una vera e propria riforma dell'istruzione.


LA SCUOLA CENTRALISTA E SOCIALISTA DEL 1923

Il cambio, radicale, avviene attraverso l'introduzione dello Statuto della Scuola Unica di Lavoro del 19 dicembre 1923 e dei nuovi Programmi d'insegnamento, pubblicati dal Consiglio Scientifico di Stato (Gus) sotto la presidenza della Krupskaja.
Vengono introdotti importanti modifiche, ridefinendo anche gli scopi della scuola: al primo posto non c'è più lo sviluppo della personalità individuale bensì l'educazione comunista della società secondo i fini dello stato operaio. Dallo Statuto del 1923: “Tutto il lavoro nelle scuole, tutto l'ordinamento scolastico, devono avere lo scopo di sviluppare negli scolari la coscienza e l'istinto di classe, la coscienza della solidarietà di tutti i lavoratori contro il capitale.”
Anche per la scuola, oltre che per gli altri ambiti della società, iniziava un nuovo orientamento, dettato dalle esigenze politiche ed economiche della NEP.

Terminavano gli spazi democratici ed i sentimenti umanistici del 1918, si apriva una fase di centralismo e di lotta di classe. La produzione richiedeva urgentemente nuovi tecnici e ingegneri, nuovi specialisti, occorreva trasformare l'apparato della formazione nel senso della funzionalità e della realizzazione pratica. L'era delle libere sperimentazioni “anarchiche”, di un certo utopismo astratto a volte irresponsabile, era finita.

Su tutto questo giocava però, nell'intera società come nel settore della formazione, anche la pressione esercitata dalle classi possidenti. I contadini medi e ricchi spingevano per la realizzazione di una “scuola seria e responsabile”, una scuola fondata sull'ideologia della selezione, della competizione e della promozione sociale: una scuola borghese.
Ma in questa fase trionfa la parola d'ordine della scuola del lavoro. Il contenuto dell'insegnamento viene riaffermato nello “studio del lavoro nelle sue forme attuali e nei suoi rapporti verso la tecnica materiale e verso l'organizzazione sociale”. Venne tolta l'autonomia dell'insegnamento dei professori e la libertà di studio degli studenti, che dovevano attenersi strettamente al programma indicato loro. Si decreta che ci deve essere una scuola per ogni tre chilometri di raggio, e si dispongono scuole ambulanti per nomadi.
Si sfruttano contributi poi della pedagogia riformista dell'occidente, a volte trasformandoli. Nel 1924, stesso anno della morte di Lenin e dell'ascesa di Stalin, viene introdotto il Metodo dei complessi, ma ancora una volta con disordine e discontinuità.

Il contesto “emergenziale” e di ritirata tattica porta, in un'idea di limitatezza temporale, il ristabilimento parziale della selezione per le Università, nuovi e forti poteri agli insegnanti (che indirettamente erano figure legate per lo più al contadiname), ampie competenze del direttore.
Nel 1926 la gerarchia degli insegnanti venne restaurata: professori titolati, docenti e assistenti.
Durante questi anni cresceva il peso dei kulaki, e si svuotava il peso e l'autorità dei soviet locali. Lo stesso soviet scolastico divenne un organo meramente consultivo.
Man mano la scuola unica, nel senso vero della parola, si frantumò in una quantità enorme di scuole, facendo riemergere la differenza tra scuole di cultura e scuole di addestramento professionale, pur mantenendo aperta la possibilità a tutti per l'accesso ai piani più alti dell'istruzione. Questa divisione, unita a una contrazione degli studi (meno ma meglio), consentirono una più rapida diffusione delle scuole, ma riportarono alla possibilità del sorgere di scuole privilegiate.

Le opposizioni di sinistra non tardarono a denunciare questo corso, evidenziando come fosse ripristinato il dualismo tra lavoro manuale e cultura e si stava ricreando una classe di intellettuali.


LA CONTRORIVOLUZIONE STALINISTA NELLA SCUOLA

La pressione della piccola borghesia nella società è sempre più forte, e Stalin è arrivato a dominare il partito e la politica sovietica, dandogli sempre più un'impronta antioperaia e antimarxista.

Nel 1927 si apre una nuova fase, dovuta in parte ancora alle riscontrate difficoltà dell'attuazione di una scuola socialista adatta alla fase. Il metodo dei complessi segnava il suo fallimento. In questo contesto si riaccende con fervore il dibattito sulla morte della scuola, con nuove e più delineate teorie. Ma la realtà sta andando da tutt'altra parte.
In quello stesso anno vengono introdotti nuovi programmi di stabilizzazione della scuola, che ormai è tenuta soltanto a dare agli alunni delle nozioni precise nei limiti del programma, rinviando l'azione educativa al Komsomol o ai Pionieri.
Il Komsomol assume un ruolo sempre più vasto, a danno della parte della vera istruzione scolastica. Per certi aspetti si arriva a creare una situazione di dualismo competitivo tra scuola e Komsomol. Lo stesso giornale ufficiale del Komsomol denunciava come le varie manifestazioni ginniche, militari, propagandistiche, politiche, sociali imposte ai giovani toglievano tempo ed energia per la vera istruzione e rendevano difficile, se non proibitivo, l'impegno negli studi universitari.
Vennero reintrodotti gli esami di riammissione nelle Università e tornano nelle scuole le singole materie di insegnamento, con i propri orari rigidamente determinati. Il lavoro manuale diventa una materia tra le altre, con le sue ore dedicate. Si diffuse sempre più il concetto che “una cultura universale è irrazionale”.

Tutto questo significava una rinuncia completa alla creazione di una nuova scuola, di una propria scuola socialista. Le sinistre attaccarono pesantemente questi nuovi programmi e questi cambianti, denunciandoli come un vero e proprio attentato alla pedagogia marxista. Anche Krupskaja e Blonsky ora concordavano che era in atto una liquidazione delle conquiste scolastiche dell'Ottobre (Lunaciarsky però, per il momento, rimaneva allineato).
Nel 1928 ci fu la prima abolizione della gratuità universale dell'insegnamento (i non proletari avevano l'obbligo di pagare le tasse scolastiche). Poi accadde che negli istituti superiori, nelle facoltà operaie e nelle università comuniste fu imposto il pagamento delle tasse a tutti gli alunni non beneficiari di borse di studio.
Dopo alcuni spasmi si arriva al 1929 con un cambio al vertice. Bubnov, un alto ufficiale militare, prende il posto di Lunacharsky, e come c'era da aspettarselo comincia un severo autoritarismo scolastico, con un insegnamento formale e una rigida serie di prove d'esame nelle scuole. La novità arriva però con i nuovi programmi scolastici che vanno a definire la scuola della Piatiletka: una scuola della pianificazione unita a dei contenuti che solo all'apparenza erano antiborghesi (rispecchiando la fase sovietica iniziata nel 1929). Tutto era pianificato, ma il più delle volte con improvvisazione. Lo stato burocratico e stalinista entrava in maniera completa nella vita scolastica e nella vita studentesca attraverso un rigido intervento politico, senza dimenticare l'uso progressivo del culto della personalità attraverso testi e lezioni venerativi di Stalin.
Il corso politico pedagogico reintroduceva gradualmente i metodi e le tecniche della scuola del periodo pre-rivoluzionario e nell'era staliniana degli anni '30 la trasformazione della scuola arriva a sovrapporsi ormai con i caratteri di una pressoché tipica scuola occidentale e capitalista, costituendo nei fatti la base della scuola sovietica per tutto il suo futuro. Vennero così ripristinate le “classi” come livelli d'età e luoghi separati (1931), vennero ripristinate le note (1936), i manuali scolastici divennero a pagamento (1941), furono ripristinate le classi monosesso che preparavano l'uomo ad essere soldato e la donna ad essere madre (1943), vennero reintrodotti gli esami di licenza (1945), fu emanato un nuovo rigido regolamento “busto eretto, giù i gomiti dal tavolo, rispettare i professori..” (1945), vennero istituite le medaglie per gli allievi migliori (1950).

Elder Rambaldi

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