Dalle sezioni del PCL

La Rinascente: l'arroganza padronale mette alla porta 100 lavoratori e lavoratrici

L'inizio della vertenza per contrastare l'ennesima aggressione al lavoro con l'annuncio della chiusura per "poco interesse" sulla piazza

17 Novembre 2017

Oltre 100 lavoratori, tra diretti e indotto, del grande magazzino LaRinascente di Genova, stanno per perdere il lavoro dopo la netta presa di posizione del Central Group, conglomerato di capitali asiatici proprietario del marchio. In seguito ad accordi con cui prendevano impegni di rilancio in cambio dei contratti di solidarietà, il preannunciato tradimento si consuma con l'annuncio dell'imminente chiusura senza alcuna garanzia occupazionale per i 59 dipendenti e gli oltre 40 dell'indotto.
Radicalizzare e generalizzare la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici, a Genova come in Italia, diviene sempre più un urgenza.

rinascente


Di punto in bianco, come accade sempre più spesso, le aziende comunicano la fine di un percorso lavorativo mandando sul lastrico dall'oggi al domani intere famiglie.
Ma questa volta l'arroganza è anche peggiore. La Rinascente, storico marchio della grande distribuzione italiana oggi è di proprietà della Central Group, una società thailandese, che nelle varie ristrutturazioni di un marchio di lusso ha recentemente inaugurato un centro di 8 piani a Roma, in un palazzo completamente ristrutturato con tanto di sito archeologico visitabile.
A Genova, dopo aver imposto ai lavoratori il contratto di solidarietà, improvvisamente l'azienda comunica il disinteresse per la piazza genovese, giustifica con una perdita di gestione la volontà di risolvere il tutto con la chiusura in tronco del centro e il conseguente licenziamento dei 59 lavoratori e lavoratrici direttamente dipendenti e dell'indotto che, nel complesso, fa arrivare a più di 100 i lavoratori a spasso per la scelta unilaterale dell'azienda.

I sindacati hanno immediatamente proclamato lo stato di agitazione avviando i tavoli di trattativa con l'azienda e chiesto il coinvolgimento delle Istituzioni. Regione e Comune, saldamente in mano al centrodestra, nonostante le consuete e rituali manifestazioni di vicinanza ai lavoratori e la volontà di trovare soluzioni alternative, manifestano la loro totale impotenza e l’assenza di piani di contrasto alla chiusura e alla delocalizzazione. L'azienda, ovviamente, ribadisce la propria volontà non negoziabile di chiudere e al massimo di proporre ai 59 lavoratori e alle lavoratrici il collocamento nei vari centri che manterrà aperti in giro per l'Italia. Il tutto mentre vengono continuamente richieste ore di straordinario a lavoratori costretti alle condizioni dei contratti di solidarietà.

Esprimiamo quindi la più totale solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici de La Rinascente, ennesimo luogo di lavoro in città che si trova ad affrontare l'arroganza padronale che licenzia, delocalizza, propone riassunzioni alle condizioni del Jobs Act e senza la garanzia dell'art.18, in contesti completamente sradicati dalle proprie vite e lascia sul lastrico famiglie intere nel nome di un più facile profitto altrove. La nostra compagna Ronzitti, delegata RSU FILCAMS-CGIL in Rinascente, uscendo dagli incontri e dai tavoli denuncia “il vergognoso atteggiamento di queste aziende che trattano i lavoratori come merce, come codici a barre, da spremere e usare finché conviene per poi essere messi alla porta come merce fuori moda”.
L’esperienza degli ultimi anni dimostra che queste trattative non si concludono mai positivamente per i lavoratori, come insegna la vicenda Ericsson, in cui degli ultimi 51 licenziati è stata trovata una collocazione per 1 solo lavoratore. È evidente invece come le posizioni radicali e compatte dei lavoratori FIOM dell’Ilva risultino indubbiamente più efficaci per difendere l’occupazione ed i diritti dei lavoratori. Occorre quindi, parallelamente alle trattative, organizzarsi per opporre la forza dei lavoratori e delle lavoratrici contro il progetto di chiusura, rivendicando il pieno mantenimento dei livelli occupazionali, condizioni salariali e contrattuali regolari, senza cullarsi nella speranza offerta dalle Istituzioni di vaghe e distanti promesse di ipotetici nuovi acquirenti, di improbabili opportunità di ricollocamento o di elemosine sotto forma di misere buone uscite.
È necessario porre fin da subito la minaccia dell'occupazione del luogo di lavoro per difenderlo dall'aggressione della Central Group e dallo strozzinaggio della Banca Carige.
È necessario fin da subito costruire ponti con tutti i lavoratori che in città subiscono le stesse aggressioni e minacce: ILVA, Ericsson, Centri per l'Impiego, Carige e di tutti i luoghi di lavoro in cui quotidianamente si sfruttano precari e si annunciano tagli e licenziamenti.
Il Partito Comunista dei Lavoratori sarà a fianco dei lavoratori, per dare forza a questa prospettiva, per attivare casse di resistenza, per costruire un fronte unico di classe contro i padroni e contro i governi e le giunte complici di questi attacchi generalizzati e sempre pronti a promettere, illudere e tradire le necessità dei lavoratori e delle lavoratrici.


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ALLEGHIAMO IL COMUNICATO CONGIUNTO DELLE SEGRETERIE TERRITORIALI DI FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL E UILTUCS-UIL reso pubblico nel mentre che pubblicavamo l'articolo con cui vengono annunciate le prime 32 ore di sciopero:
"Lo scorso 12 luglio, durante un incontro con le OO.SS. territoriali e le RSU, l'Azienda dichiarava in riferimento al punto vendita genovese:
- un fatturato in crescita del 3,8% su base annua
- un aumento del volume delle vendite pari al 4,8%
- la riduzione di un terzo della passività: dai 700.000 € del 2012 ai 230.000€ del 2017
- la precisa richiesta delle OO.SS., l'impegno alla rinegoziazione dei canoni di affitto con CARIGE, proprietaria dell'immobile di Via XII Ottobre
- a fronte dei dati economici e della possibilità di abbassamento degli affitti, la volontà e l'impegno a proseguire l'attività sulla piazza genovese.
Invece, lo scorso 9 novembre, dopo neppure 5 mesi da quell'incontro, l'Azienda comunicava direttamente ai dipendenti genovesi riuniti in plenaria la chiusura entro un anno del punto vendita; questo nonostante un incontro nazionale avvenuto pochi giorni prima e una richiesta di incontro da parte delle OO.SS. territoriali, in quel momento senza riscontro.
La dichiarazione di questa scelta sciagurata ha avuto un così forte impatto sulla città, tale da mettere in moto un vero e proprio terremoto mediatico ed istituzionale, a sostegno dei lavoratori diretti, indiretti e dell'indotto. Durante i passaggi immediatamente attivati da Regione e Comune, abbiamo assistito attoniti ad affermazioni dell'azienda in netto contrasto con quanto dichiarato solo pochi mesi prima: una su tutte, il "rimangiarsi" l'impegno a restare sulla piazza genovese.
Ci ha lasciato ancor più sbalorditi la dichiarazione da parte di CARIGE di non aver più avuto contatti con Rinascente dal lontano 2013, se non per aver ora ricevuto formale disdetta di locazione dell'immobile.
Lo stupore si trasforma in rabbia nel sentire che la città di Genova non viene considerata degna di ospitare il marchio Rinascente, in quanto "piazza poco appetibile". E, ancor di più, considerando i sacrifici sopportati dai lavoratori negli ultimi 5 anni, con l'uso di ammortizzatori sociali.
Oggi, le lavoratrici ed i lavoratori di Rinascente Genova, riuniti in assemblea, hanno dichiarato all'unanimità un pacchetto di 32 ore di sciopero e la richiesta di attivazione immediata di un confronto, anche con il coinvolgimento delle istituzioni, che porti al mantenimento del punto vendita ed alla salvaguardia dei posti di lavoro."

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Genova

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