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I compiti attuali del movimento studentesco

17 Ottobre 2017
sciopero_alternanza


Un nuovo anno scolastico ed un nuovo anno accademico sono iniziati. E per gli studenti coscienti e combattivi iniziano nuove sfide, alla luce del continuo e progressivo attacco alle fondamenta dell'istruzione pubblica da parte del governo. Proprio così, perché la “Buona Scuola” non è cosa del passato, non è cosa relegata alla riforma del 2015 del governo Renzi, e della successiva risposta di massa degli insegnanti contro questa riforma.
In questo anno, nel 2017, c'è stato il cambio del governo, con il nuovo Presidente del Consiglio Gentiloni e la nuova Ministra dell'Istruzione Fedeli. Ma nessun cambio di strategia politica, perché, sempre quest'anno, sono stati varati i decreti attuativi della “Buona Scuola”. Cioè la riforma ora entra a pieno regime.

Il sistema d'istruzione disegnato dalla Buona Scuola si è spinto oltre la concezione, fino ad ora perseguita ed implementata, di una scuola dominata dagli interessi dell'economia di mercato, arrivando a plasmarsi su modelli produttivi, aziendalistici e padronali.
Nascono i prèsidi-manager, nuovi poteri per questi nuovi padroncini della scuola e degli insegnanti. L'Invalsi è strumento reso centrale per la divaricazione e per la competizione degli istituti. È rafforzata l’obbligatorietà del regime di alternanza scuola-lavoro (lavoro gratuito prestato alle imprese private). Ulteriore apertura ai finanziamenti dei privati, che possono piegare didattica e percorsi. Il tutto circondato dalla retorica della meritocrazia, leggi produttività. E ancora tagli alla spesa pubblica.

Quante occasioni perse per rilanciare un movimento studentesco di lotta per arrestare e contrastare queste politiche! A partire proprio dalla straordinaria mobilitazione degli insegnanti nella primavera del 2015, o ancora nel patatrac renziano del 4 dicembre 2016, o proprio in questa ultima primavera tra i nuovi attacchi da parte del nuovo governo e un rinascente movimento femminista. In queste occasioni si sarebbe potuto veramente imporre un nuovo movimento studentesco (che non si vede ormai da diversi anni) che potesse farsi carico delle proprie istanze ma che potesse anche intrecciarsi con altri movimenti di lotta per avanzare nella lotta generale contro le varie politiche reazionarie delle classi dirigenti e dei suoi governi. Ma su questo punto manca proprio la volontà della direzione del movimento studentesco, interessata piuttosto a coltivare propri orticelli, a indire simboliche e fiacche mobilitazioni di sfogo, a cercare di rilanciare rapporti di forza per compromessi di palazzo (senza per altro riuscirci).
Nell'anno scolastico appena passato, infatti, è stato indetto dalle organizzazioni studentesche un solo appuntamento di mobilitazione (il 7 ottobre 2016), su base territoriale, totalmente insufficiente e infinitamente debole. Gli studenti universitari, poi, sono risultati non pervenuti.

Un primo passo per voler voltare pagina, riprendere una ragione per impegnarsi efficacemente in un nuovo percorso di protagonismo studentesco, sta nel fare un bilancio delle mobilitazioni studentesche che si sono susseguite negli ultimi dieci anni. Occorre cioè constatare che tutte, nessuna esclusa, sono terminate con una sconfitta, senza una vittoria neanche parziale.
Da anni, nel movimento studentesco di sinistra, perdura l'egemonia fondamentalmente da parte di due tipi di tendenze: da una parte il sindacalismo riformista (Rete degli Studenti, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari), dall'altra quella delle reti dei centri sociali tra autonomi, Disobbedienti, anarchici (vedi Infoaut, eredi di Globalproject, etc.). Sono proprio queste correnti, che hanno diretto e condotto il movimento studentesco negli ultimi decenni, ad avere quindi la responsabilità delle sconfitte passate e dell'attuale stato di crisi del movimento studentesco.
È fondamentale quindi portare avanti una critica verso i sindacati studenteschi, caratterizzati da politiche rivendicative e metodi ultramoderati, propensi alla ricerca di condizioni per candidarsi a governare l'esistente, sempre attenti a non calpestare i piedi al Partito Democratico e ai suoi governi antioperai e nemici degli studenti. Dall'altra parte, in maniera egualmente netta, una critica necessaria verso il mondo dei centri sociali caratterizzato da una antidemocraticità organizzativa di fondo, da un'estetica del conflitto svuotato da una prospettiva strategica, da un settarismo verso le organizzazioni del movimento operaio e da un avanguardismo individualista slegato dai rapporti di forza generali. Entrambi, ancora, rimuovono la lotta di classe e le sue conseguenze nel piano del materialismo storico, sostituendole con prospettive fumose quanto illusorie.

In questo mese di ottobre è stata già convocata una mobilitazione studentesca, sul cliché dell'annuale manifestazione che apre l'anno studentesco. Conoscendo l'attuale stato di salute del movimento studentesco non ci facciamo illusioni su dinamiche avanzate di percorsi di lotta. Ma è sicuramente un primo appuntamento nel quale si può fondare un nuovo inizio. Anche per un nuovo carattere che andrà a toccare: uno sciopero studentesco che vuole comprendere anche l'astensione dalle attività dell'alternanza scuola-lavoro.
Ma soprattutto perché le ragioni per scioperare non mancano, dato che, come già accennato, il governo continua con propri attacchi nel solco di uno schema di sistema scolastico aziendalista e di classe, che si trova in uno stadio già avanzato.
Con un decreto del Ministero dell'Istruzione firmato questo agosto si prevede la sperimentazione, a partire dall'anno scolastico 2018/2019, dei “licei brevi”. Il provvedimento, che coinvolge oltre cento istituti, consisterà nella riduzione del percorso di studi di un anno, dando alla luce licei quadriennali. Nessuna vera riforma organica, piuttosto una manovra che si inserisce nella solita filosofia che guida le riforme nel settore dell'istruzione pubblica: risparmio e produttività. Si stima infatti così un risparmio di circa 1,38 miliardi di euro, pagando ancora una continua e progressiva dequalificazione della scuola pubblica.
Altro provvedimento tanto sbandierato dal governo è quello dello Student Act, contenuto nella legge di stabilità e l'istituzione di una no tax area che prevede l'esenzione delle tasse universitarie per gli studenti con ISEE inferiore ai 13.000 euro. Ma si tratta della solita propaganda populista, perché, anche alla luce del nuovo calcolo dell'ISEE con i nuovi parametri, la soglia risulta ridicolmente troppo bassa. E proprio le Regioni, le quali hanno competenza quasi esclusiva in materia di diritto allo studio, prevedono soglie decisamente superiori per le borse di studio. Infine la no tax area è subordinata, dal secondo anno di studi, alla logica della meritocrazia. Logica che, oltre a prevedere standard uguali in un mondo di soggetti diseguali, nel mondo studentesco è sbagliata per principio.

Riguardo al mondo universitario, sempre ad agosto, è stato firmato il decreto per il Fondo di Finanziamento Ordinario 2017: finanziamenti stanziati seguendo, ancora maggiormente, logiche competitive e meritocratiche, e dove viene rilevato inoltre un taglio di 50 milioni di euro (continuando la scia dei governi precedenti). Continua poi il blocco del turn over per la sostituzione dei docenti universitari.

A fronte di tutto questo, quindi, risulta necessaria una svolta nei metodi e nelle proposte del movimento studentesco, se veramente ci si vuole impegnare per un cambiamento immediato e generale, e non disperdere energie in appuntamenti simil-ricreativi e prospettive perdenti.
Il movimento studentesco deve quindi farsi carico innanzitutto della rivendicazione della cancellazione degli ultimi decreti e dell'intera legge 107 (Buona Scuola), ma anche delle precedenti controriforme scolastiche ed universitarie.
Per avanzare progressivamente occorre certo lavorare per la piena riuscita del prosieguo delle forze messe in campo con l'appuntamento del 13 ottobre, ma occorre anche andare oltre. Rilanciare un percorso che parta dentro i luoghi di studio, che possa esprimere la propria forza in maniera adeguata, cioè una forza tanto radicale quanto lo è l'attacco da parte del governo. Occorre che gli studenti medi ed universitari siano impegnati nella costruzione di assemblee, occupazioni, scioperi prolungati dell'alternanza, manifestazioni nazionali, organismi autorganizzati. Una lotta permanente fino al ritiro delle misure del governo.

Occorre poi imporre una propria idea di scuola e università. Rivendicare massicci investimenti in istruzione e ricerca; l'abolizione dei costi economici legati allo studio che comprendono tasse, testi, mense, trasporti ed appartamenti; la cancellazione definitiva del numero chiuso nelle università; l'abolizione di ogni ingerenza religiosa e confessionale (tra cui l'ora di religione); la statalizzazione degli istituti paritari privati; programmi di studio alternativi basati sul materialismo storico; esperienze nei luoghi di lavoro ed esperienze di lavoro retribuite; un salario minimo di 750 euro agli studenti a partire dalla maggiore età; una scuola unica politecnica, con corsi laterali differenziati, obbligatoria fino ai 18 anni. Rivendicare quindi un'istruzione pubblica, gratuita e al servizio delle masse popolari, un'istruzione libera dal capitale.

È necessaria un'alleanza strategica con i settori della classe lavoratrice in lotta, a partire dagli appuntamenti autunnali di sciopero generale del 27 ottobre e del 10 novembre, per rilanciare il movimento generale contro questo governo reazionario che colpisce in tanti altri campi gli strati più deboli della società,
e ottenerne quindi la caduta. Per avanzare altre rivendicazioni centrali, come quella della cancellazione di tutte le leggi di precarietà, e quella del possesso, garantito da parte dello Stato, di un lavoro a tempo indeterminato al termine del proprio ciclo degli studi. In generale, per poter avanzare nella trasformazione rivoluzionaria di questa società e di questo sistema.
È chiaro che, per tutto questo, il movimento studentesco ha il bisogno di cercare un'altra direzione, tra quelle sopra citate. Il movimento studentesco ha bisogno di una direzione marxista rivoluzionaria, che leghi le necessità immediate e storiche degli studenti all'inevitabile lotta contro questo sistema capitalista basato sullo sfruttamento di una minoranza sulla maggioranza della società, alla lotta per un governo della classe lavoratrice, alla lotta per il socialismo.

Elder Rambaldi

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