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Venezuela, l'elezione della Costituente madurista

Combattere la destra reazionaria senza appoggiare il bonapartismo piccolo-borghese

1 Agosto 2017
venez


Domenica 30 luglio, in mezzo a disordini e scontri quasi da guerra civile, si sono svolte in Venezuela le elezioni della cosiddetta Assemblea costituente promossa dal governo Maduro. I risultati di tali elezioni sono controversi dal punto di vista del livello di partecipazione (41% secondo il governo, 12% secondo la MUD). Sono dati in realtà difficilmente accertabili. Anche se è verosimile che la crisi profonda di consenso del chavismo abbia favorito un'alta astensione al voto, ben al di là dell'influenza diretta della campagna boicottatrice delle destre.

Abbiamo indicato su questo sito le modalità di elezione dei deputati alla Assemblea (vedi articolo "Maduro presenta i criteri per l'elezione della Assemblea Costituente", 6 giugno). Non vi è nulla di democratico, né dal punto di vista della fasulla "democrazia borghese", né tanto meno da quello della democrazia operaia. I deputati della parte territoriale sono eletti con il sistema maggioritario, uno per municipalità indipendentemente se questa abbia duemila o settecentomila abitanti (unica eccezione Caracas che ne elegge ben... tre); quelli della parte sociale, che comprende anche i rappresentanti del padronato, sono eletti con criteri non consiliari, ma corporativi. Anche senza tenere conto di vari altri meccanismi di pressione (per esempio sui dipendenti pubblici), basta questo per svelare l'obbiettivo del regime chavista. Eliminare la formale democrazia borghese e sostituirla con istituzioni fortemente controllate da un regime che, di fronte alla propria crisi, accentua ulteriormente i propri caratteri bonapartisti e antidemocratici.

Tuttavia noi marxisti rivoluzionari non siamo dei democratici piccolo-borghesi innamorati del suffragio universale paritario. Partiamo sempre dagli interessi della classe operaia e della rivoluzione socialista, e subordiniamo a questi i pur importanti criteri della democrazia "pura" (una testa, un voto).


LA NATURA REAZIONARIA E FILOIMPERIALISTA DELLA MUD

Nel quadro della situazione venezuelana dobbiamo riconoscere che il movimento di massa che si sta mobilitando contro il regime e per "libere" elezioni è un movimento reazionario e totalmente proimperialista. Una larga parte dei suoi dirigenti è costituito dallo stesso personale politico che nel 2002, quando Chavez godeva del sostegno della maggioranza della popolazione, fomentò un colpo di Stato militare contro di lui. Allora evidentemente a questi figuri la "democrazia" non importava granché. Una vittoria della MUD rappresenterebbe un drammatico passo indietro per il proletariato e il Venezuela. Il suo programma rivendica apertamente la privatizzazione di tutte le imprese dello Stato, la fine dei sussidi sociali alle famiglie povere, la liberalizzazione dei prezzi dei beni alimentari, la vendita dell'intero patrimonio immobiliare pubblico. In poche parole, la demolizione di quel sistema sociale delle missiones su cui il chavismo negli anni d'oro aveva costruito la propria base d'appoggio, a favore degli interessi del capitale finanziario internazionale. Non a caso l'imperialismo USA e tutti gli imperialismi della UE sono attivamente schierati con la MUD in nome della “libertà”: la libertà dei propri affari, per la riconquista del pieno controllo sul Venezuela. Non a caso la Federcameras, Confindustria venezuelana, ha apertamente sostenuto e finanziato il cosiddetto sciopero generale indetto da sindacati legati alla MUD contro il governo Maduro.

Tanto più in questo contesto appare in tutta la sua gravità l'appoggio che forze diverse del movimento trotskista riservano alla mobilitazione diretta dalla MUD, nel nome della lotta “per la democrazia” e “per una vera Assemblea costituente”. È il caso della Lega Internazionale dei Lavoratori (LIT) a cui appartiene il PdAC italiano, e ancor più della Unione Internazionale dei Lavoratori (UIT, una scissione della LIT) rappresentata in Venezuela dal Partito del Socialismo e della Libertà, dotato di una relativamente importante presenza nel sindacalismo combattivo di fabbrica, che è giunta a sostenere lo sciopero padronale della Federcameras. Per la LIT e la UIT moreniste, in particolare, si tratta in realtà di un intero corso politico internazionale che le ha condotte nell'ultima fase a salutare come “rivoluzionaria” la mobilitazione reazionaria di Piazza Maidan in Ucraina; ad esaltare una indistinta “rivoluzione siriana” rimuovendo l'evidenza – da un certo punto in poi - del carattere oggettivamente reazionario islamico e/o proimperialista assunto dall’essenzialità delle forze opposte al regime di Assad; a partecipare inizialmente alle mobilitazioni della destra contro il governo Rousseff in Brasile. Il tutto nel nome della... “democrazia” e della partecipazione ai “movimenti reali di massa”. Subordinare gli interessi del proletariato e della rivoluzione socialista alla bandiera della “democrazia” significa capovolgere il metodo e i principi del marxismo rivoluzionario, e contribuire a compromettere la sua immagine e credibilità internazionale nei settori dell'avanguardia, a tutto vantaggio di ambienti stalinisti e campisti. Quanto ai movimenti di massa, la storia ha ben visto movimenti a carattere reazionario, che i marxisti rivoluzionari hanno combattuto, senza subordinarsi ai governi borghesi o piccolo-borghesi ai quali essi si contrapponevano. Il fatto di dichiarare di voler sottrarre la direzione di tali movimenti alla destra o quello di rivendicare parole d’ordine operaie (non pagamento del debito, controllo operaio...) rende solo più assurdamente ridicola questa partecipazione oggettiva del morenismo alla controrivoluzione.


IL FALLIMENTO POLITICO DEL BONAPARTISMO CHAVISTA

Al tempo stesso non possiamo condividere l'impostazione politica di quelle forze che, all'opposto, confondono la giusta contrapposizione alla destra reazionaria venezuelana con l'identificazione nel cosiddetto “socialismo bolivariano” o nell'appoggio critico al regime bonapartista del chavismo. Nell’ambito di chi si richiama al trotskismo, è stato il caso di Marea Socialista (già corrente di sinistra del PSUV chavista e organizzazione osservatrice del Segretariato Unificato in Venezuela) e del gruppo interno al PSUV della Tendenza Marxista Internazionale (IMT, a cui appartiene Sinistra Classe Rivoluzione, ex Falcemartello) (1). È una posizione che rimuove la realtà del chavismo. Il chavismo non rappresenta in alcun modo un regime socialista o di transizione al socialismo. Tanto meno un regime di “potere operaio e popolare”. Si tratta di un regime bonapartista piccolo-borghese, politicamente autonomo dall'imperialismo, ma che ha cercato e cerca di stabilizzare un compromesso con la borghesia venezuelana e con l'imperialismo stesso: paga regolarmente il debito estero, preserva la proprietà privata delle banche, salvaguarda la proprietà privata di larga parte dell'industria, paga indennizzi sontuosi a grandi gruppi nazionalizzati in un quadro economico in cui del resto (come ha dovuto ricordare lo stesso Manifesto) la quota del settore privato dell’economia venezuelana nell’epoca chavista è passato dal 65 al 71%. Parallelamente blocca le elezioni sindacali nelle aziende e nega i diritti sindacali dei lavoratori con una politica di irregimentazione del movimento operaio e di contrapposizione alle sue lotte, mentre affida agli alti gradi del corpo borghese degli ufficiali le leve di controllo del potere politico e istituzionale e i conseguenti benefici economici. Questo equilibrio politico e sociale, che reggeva negli anni del boom petrolifero, è precipitato con la crisi mondiale, spianando la strada alla destra reazionaria. Per questo abbellire e appoggiare il regime chavista, rimuovere il suo fallimento, significa privare la classe operaia venezuelana di una via d'uscita indipendente dalla crisi del regime. E contribuisce a confondere ulteriormente la coscienza politica dell'avanguardia di classe su scala internazionale.


CONTRAPPOSIZIONE ALLA DESTRA, SENZA SOSTEGNO A MADURO. PER UNA SOLUZIONE OPERAIA E SOCIALISTA DELLA CRISI

È necessario più che mai sviluppare una politica indipendente, classista e socialista, nella crisi venezuelana. Una posizione di aperta contrapposizione alla mobilitazione reazionaria, senza riserve e ambiguità. E al tempo stesso pienamente autonoma dal chavismo, dal governo Maduro, dalle sue truffe bonapartiste. Si può e si deve lottare in prima fila contro Kornilov, senza appoggiare politicamente Kerenskij: è la grande lezione del bolscevismo e della rivoluzione russa, che riformismo e centrismo sistematicamente rimuovono.

Sul piano sociale va rivendicata l'aperta rottura con la borghesia venezuelana e il capitale finanziario internazionale. Cessazione del pagamento del debito pubblico, nazionalizzazione senza indennizzo delle banche e del commercio con l'estero, esproprio della grande industria sotto il controllo dei lavoratori, controllo operaio e popolare sui prezzi, a partire da medicinali e beni alimentari. Solo queste misure anticapitaliste e antimperialiste possono tagliare gli artigli della speculazione, unire la classe operaia venezuelana, costruire la sua egemonia sulle più ampie masse della popolazione povera, disgregare il blocco sociale reazionario.

Ma soprattutto è necessario congiungere questo programma sociale di emergenza ad una prospettiva politica indipendente. Non la “vera Assemblea costituente”, ma il potere dei consigli dei lavoratori e delle strutture di massa autorganizzate.

La parola d'ordine dell'Assemblea costituente in Venezuela è oggi una parola d'ordine subalterna: o si traduce nella rivendicazione di libere elezioni, ciò che oggi rivendica la MUD e che significherebbe secondo ogni evidenza la sua vittoria; oppure si traduce nell'avallo più o meno critico della cosiddetta Costituente di Maduro, ossia nella subordinazione al bonapartismo piccolo-borghese. Spiace che anche la Frazione Trotskista (rappresentata in Italia dalla FIR) abbia fatto propria questa parola d'ordine (che oggi sembra generalizzare dal Brasile alla Spagna), adattandosi, nel caso specifico, ad un democraticismo astratto (la "vera Assemblea costituente"), che se attuato oggi in Venezuela non potrebbe che favorire la destra.

È invece centrale la battaglia per una autorganizzazione democratica di massa, per la libera elezione di consigli dei lavoratori nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, per la formazione di comitati popolari nei quartieri, per il coordinamento progressivo e la centralizzazione di queste strutture sul piano nazionale. Solo l'autorganizzazione democratica di massa, su basi consiliari, può costruire una alternativa di potere reale alla destra e al bonapartismo chavista, e far uscire la classe operaia industriale dalla situazione di passività di fronte alla crisi in atto. Solo un congresso nazionale di delegati eletti dai lavoratori, dalle masse oppresse, dalle loro strutture, può sviluppare un fronte unico di massa contro la reazione nella prospettiva di un governo dei lavoratori. L'unico governo che può realizzare le misure sociali di svolta e realizzare la democrazia vera: non la “democrazia” imperialista della MUD (2), né quella del bonapartismo chavista, ma la democrazia operaia.

È questa la posizione corretta alla fine assunta dalle organizzazioni del Coordinamento per la Rifondazione (dopo varie oscillazioni del Partido Obrero argentino sul tema della Assemblea costituente, e con differenziazione dalla posizione del gruppo venezuelano Opcion Obrera) (3) e del Comitato per una Internazionale Operaia (con l’organizzazione venezuelana Izquierda Rivolucionaria), che in mezzo a tanta confusione salvano in Venezuela l'onore del trotskismo.
Con l’evidente necessità di rifondare una Quarta Internazionale degna del suo nome e capace, come hanno mostrato cento anni fa Lenin, Trotsky e il partito bolscevico di andare controcorrente rispetto ai rappresentati, di “destra” o di “sinistra” delle altri classi, in nome esclusivamente degli interessi storici del proletariato e del socialismo mondiale.



Note:

(1) Il gruppo International Marxist Tendency ha mantenuto, con qualche cautela, vista la disastrosa crisi sociale attuale, una politica di sostegno al bonapartismo bolivarista. Invece Marea Socialista ha rovesciato le sue posizioni. Ha rotto col PSUV nel 2014, accusandolo di degenerazione rispetto al chavismo. Ha cercato poi di presentarsi alle elezioni politiche, ma il regime le ha rifiutato “democraticamente” il riconoscimento come partito legale (come del resto al Partito Comunista Venezuelano). Oggi si pone su una posizione democraticista, proponendo, come la destra, elezioni subito e cercando di “mediare” tra le forze in lotta.

(2) La base della mobilitazione di massa diretta dalla MUD è la piccola borghesia, la gioventù studentesca e settori semiproletari impiegatizi. Il chavismo mantiene il sostegno dei settori più poveri della popolazione, semiproletari e sottoproletari, che hanno beneficiato delle missiones e dei sussidi della politica redistributiva del regime. La classe operaia industriale è, nella sua maggioranza, passiva.

(3) Opcion Obrera è l’unico gruppo rivoluzionario coerentemente all’opposizione del governo che ha deciso di sostenere la partecipazione critica alle elezioni della Assemblea costituente di Maduro, per cercare di eleggere deputati di opposizione di sinistra, dimostrando nel contempo una volontà di fronte unico alla base chavista. La Commisione internazionale del PO ha risposto con la riconferma del sostegno alla posizione del boicottaggio. Benché valutiamo errata la posizione di Opcion Obrera, data la chiarezza delle sue posizioni di opposizione di sinistra al regime, riteniamo la differenza esistente importante ma di carattere esclusivamente tattico.

Partito Comunista dei Lavoratori

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