Dalle sezioni del PCL

La tragedia di Rigopiano, ennesimo crimine della borghesia e del capitale

Facciamola finita con un sistema in agonia! Governo dei lavoratori unica soluzione!

7 Febbraio 2017



La tragedia di Rigopiano, con il pesante bilancio di 29 morti, è stato l’evento culminante di una settimana drammatica per l’Abruzzo e per l’intero Centro Italia. Una forte perturbazione atmosferica, ampiamente prevista ed in verità non così anomala dalle nostre parti, ha messo in ginocchio diverse regioni del Paese. I disagi a milioni di persone, i danneggiamenti alle economie locali ed un numero elevato di vittime, sono gli aspetti più dolorosi che ci troviamo a dover segnalare. Inoltre, i blackout elettrici, durati in alcuni casi anche dieci giorni, le interruzioni nell’erogazione di acqua e gas, le paralisi della viabilità, le frane e gli smottamenti sono gli effetti più disastrosi che hanno trasformato una perturbazione atmosferica, prevista come detto da diversi giorni, in uno scenario postbellico.

La tragedia dell’hotel Rigopiano è, in questo contesto, davvero emblematica. Intanto va chiarito che non si trattava di un resort per ricchi. Infatti le vittime della valanga che ha travolto la struttura sono camerieri, parrucchieri, operai: insomma lavoratori e lavoratrici che ad un modico prezzo si assicuravano una giornata di svago. La struttura, come si è visto, era accogliente, situata in un luogo bello e suggestivo ma purtroppo pericoloso, almeno stando a quanto emerso finora dalle indagini.

Precisamente l’albergo era situato a 1300 mt di altezza, ai piedi del Gran Sasso. Alla struttura si arrivava percorrendo una strada in salita lunga 7 km. La rete viaria, valicando la montagna, collega le provincie dell’Aquila e di Pescara. L’importanza di questa infrastruttura è emersa con chiarezza già in occasione del terremoto dell’Aquila del 2009. Si tratta di una strada fondamentale che, specialmente, d’inverno deve restare assolutamente percorribile. La competenza di questa via di comunicazione, come di altre altrettanto importanti, è in capo alla Provincia di Pescara.

Com’è noto, a causa degli effetti devastanti della Legge Del Rio, le provincie sono state di fatto cancellate. In realtà, in capo a questi enti sono rimaste due competenze fondamentali: l’edilizia scolastica e la viabilità. Il problema è che parallelamente alle leggi di “riordino”, si è proceduto a tagli giganteschi dei trasferimenti. Dunque al momento, tutte le province italiane sono di fatto fallite e di certo, non sono in grado di svolgere minimamente le competenze loro assegnate. I comuni, come se non bastasse, versano in condizioni persino peggiori. Infatti tanti sindaci di piccoli e di grandi comuni abruzzesi hanno in questi giorni manifestato la volontà di riconsegnare le loro fasce tricolori.

Dunque, le cause della catastrofe non sono da ricercare, come vorrebbe l’informazione borghese, nel fatalismo o nella negligenza di singole personalità che ricoprono ruoli di un certo rilevo. La causa di una simile tragedia è nel taglio costante delle risorse economiche che da circa vent’anni lo Stato borghese, tramite gli esecutivi dai colori più vari, ha messo in atto. Simili politiche sociali ed economiche non permettono agli enti locali, ovvero ai Comuni ed alle Province, di poter svolgere un serio lavoro di prevenzione di simili eventi. Il drenaggio continuo di risorse, destinato alla valorizzazione del capitale e della rendita, hanno, e sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario, distrutto i servizi pubblici essenziali del Paese.

Che si parli di sanità, di trasporti, di viabilità o di assistenza sociale tutto fa somigliare l’Italia ad un Paese in via di sviluppo. L’Italia, purtroppo, non rappresenta un caso isolato in Europa. Basta riflettere su quanto sta accadendo in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Irlanda per trovare esempi del tutto simili al nostro Paese.

Siamo profondamente convinti del fatto che per quanto riguarda la tragedia dell’hotel, più in generale dell’emergenza meteorologica che ha colpito l’Italia centrale, il problema sia solo ed esclusivamente nella mancanza dei mezzi di lavoro, nella mancanza dei mezzi di soccorso e nell’assenza di un numero adeguato di operai cantonieri. In definitiva: le condizioni di lavoro sono drammatiche!

La tragedia di Rigopiano, a causa della situazione pocanzi descritta, poteva verificarsi anche in altri luoghi della Regione, lasciati isolati per diversi giorni. Inoltre, a conferma di quanto stiamo dicendo, occorre sottolineare che il numero complessivo di vittime non è assolutamente noto. Ci riferiamo, evidentemente, ai decessi imputabili a cause naturali. Infatti in seguito al mal tempo, la situazione disastrosa, caratterizzata dal completo abbandono di migliaia di persone bisognose di assistenza, ha causato la morte di diversi cittadini di cui, come detto, non conosciamo il numero esatto.

In uno scenario del genere, come era facile attendersi, il mondo politico abruzzese è rimasto a guardare, diventando un semplice spettatore inerme di fronte ad un dramma di notevoli dimensioni. Non è difficile comprendere come l’ordinamento politico abruzzese sia giunto ad un livello così basso. Chiaramente ci riferiamo alle privatizzazioni che i vari esecutivi locali, sulla falsariga delle manovre operate dagli esecutivi nazionali, hanno messo in atto.

Come doveroso e giusto che sia, non possiamo non menzionare il governatore della regione Abruzzo D’Alfonso: espressione dei poteri forti. Da anni si continua ad affidare qualsiasi servizio pubblico, con rilevanza economica, a persone di sua fiducia. Per ora, il suo mandato è segnato da disastri in serie e i suoi uomini più servizievoli, dal Sindaco di Pescara Alessandrini al Presidente dell’omonima Provincia Di Marco, sono, a ragione, assai invisi ai cittadini. Il sentimento popolare, in seguito a questa ennesima tragedia, è di totale sfiducia nei confronti delle istituzioni e di chi le rappresenta.

Un simile atteggiamento è tanto giusto quanto forte e deve rappresentare il punto di partenza per una critica radicale al sistema. E’ compito dei comunisti spiegare pazientemente che la natura c’entra poco con i disastri che si susseguono. C’entra, invece, il collasso di un sistema capitalistico marcio e irriformabile che produce lutti e catastrofi. Solo la fine di quest’ordine politico-economico può aprire alla classe lavoratrice, maggioranza della società, un futuro di speranza. A questo compito lavora, con assoluta fermezza, il Partito Comunista dei Lavoratori.

Ribadiamo, pertanto, l’assoluta necessità dell’abolizione del debito pubblico che rappresenta, a tutti gli effetti, una zavorra per il proletariato d’Italia. Una zavorra di cui bisogna liberarsi il prima possibile. Se analizziamo la cifra che è costretta a pagare, direttamente ed indirettamente, la classe lavoratrice del nostro Paese per sanare questo fardello, che tra l’altro per sua natura è inestinguibile, si arriva facilmente ad una semplice conclusione.

Gli 85 miliardi di euro annui che, all’incirca, il proletariato d’Italia paga alle banche, che detengono la maggior parte del debito pubblico, possono essere liberati in favore di opere pubbliche necessarie per la ristrutturazione del Paese. Il rifacimento delle infrastrutture viarie, la messa in sicurezza degli edifici pubblici per il rischio sismico e per il dissesto idrogeologico, non sarebbero obiettivi impossibili da raggiungere. Sarebbero, al contrario, del tutto realizzabili e costituirebbero un reale e significativo progresso delle condizioni di vita dei cittadini di questo Paese.

Un programma sociale del genere non può essere realizzato dalle forze politiche di centro destra e di centro sinistra. Tali forze politiche che, da più di vent’anni, si sono avvicendate alla guida degli esecutivi del Paese, hanno provocato, con manovre dedite a favorire solo ed esclusivamente la borghesia e le strutture organizzative ad essa appartenenti, un disastro sociale che definire drammatico risulta fin troppo generoso.

Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, ovvero un ordinamento che costituisca il proletariato in soggetto politico, può dar vita ad un significativo cambiamento di rotta. Un cambiamento di rotta che porti, una volta per tutte, al centro della politica l’interesse collettivo. Solo un governo dei lavoratori può essere una reale alternativa allo sfacelo causato dalle politiche liberiste. Altre soluzioni, per quanto vengano sbandierate come valide ed attendibili dai lacchè del capitale, sono decisamente irrealizzabili ed utopiche.

Il Partito Comunista dei Lavoratori ha bisogno di tutta la forza, di tutto l’entusiasmo e di tutta l’intelligenza dei lavoratori e delle lavoratrici per realizzare questo programma.

Partito Comunista dei Lavoratori - coordinamento regionale Abruzzo

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