Interventi

ILVA - Società per Cornigliano: Lavoro o Speculazione?

La contrapposizione tra speculazione delle amministrazioni e interessi dei lavoratori.ì e dei cittadini.

26 Settembre 2016

Uno sguardo sullo scontro di interessi tra amministratori affamati di fondi pubblici per riorganizzare il tessuto urbano dietro la bonifica delle ex-aree ILVA e le necessità degli operai dell'ILVA.
Di fronte ai continui tira e molla si mostra sempre più necessaria un'inversione di rotta nelle lotte dei lavoratori a partire da questi settori strategici.

Ormai è diventato teatrino quotidiano il continuo sbracciare e affannarsi dei dirigenti della Società per Cornigliano Spa ogni volta che si parla di un impegno economico dell'ente per il sostegno ai lavoratori ILVA, in difficoltà nel reperire le fonti per le briciole di ammortizzatori sociali che gli dovrebbero essere garantiti.
Siamo sicuramente daccordo che sia triste che, dopo anni di sfruttamento e profitti, non siano direttamente i rampolli della famiglia Riva a pagare per le devastazioni ambientali e per il disastro industriale che ha messo a repentaglio migliaia di posti di lavoro. Ma, al momento, sembra impossibile per lo Stato rivalersi sulla famiglia Riva che ha goduto sempre di enormi finanziamenti pubblici, connivenze e che ha potuto costruire un impero acquistando a prezzi stracciati i colossi dell'acciaio allora sotto controllo statale. O meglio, pare che tutti i loro patrimoni siano garantiti come intoccabili rispetto ad espropri e requisizioni, che lo Stato non cerca di fare con tutto questo rigore, al punto che ancora oggi non si è riusciti a prendere neppure un euro degli 8 miliardi di danni addossati ai padroni dell'acciaio italiano, grazie al funzionamento classista e ipergarantista con i potenti della giustizia borghese. Diviene inevitabile, a queste condizioni, che siano le istituzioni pubbliche a farsi carico delle garanzie occupazionali e dei livelli salariali.
Sicuramente, non siamo noi comunisti a voler giocare al giochetto delle parti, con la quale si cercano di nascondere i reali problemi, messo in piedi con il teatrino della triste contrapposizione tra lavoro e ambiente/salute, che pone in termini manichei la questione: "difendere l'ambiente chiudendo le fabbriche" o "difendere il lavoro è prioritario rispetto all'ambiente e alla salute".
Per questo il compito che sarebbe dovuto essere quello assunto dalla Società per Cornigliano è sicuramente fondamentale, ossia la riqualificazione delle zone industriali che hanno interessato l'impianto siderurgico, la loro riconversione e il cuscinetto della compensazione dei territori circostanti legati a doppio filo alle industrie siderurgiche e al suo indotto e colpite dall'inquinamento massiccio e indiscriminato dell'impianto industriale. Non ci si deve dimenticare però che tra i ruoli della Società per Cornigliano e le sue ragioni di esistenza fondative esistono anche il primo punto dello Statuto della Società:
"definisce la disciplina complessiva dei rapporti giuridico-economici con ILVA Spa anche allo scopo di favorire il consolidamento delle "lavorazioni a freddo" nelle Aree;"
e l'ultimo:
"concorre a garantire la continuità dell'occupazione e dei relativi livelli reddituali dei dipendenti ILVA, in conformità con gli impegni assunti dal Governo, con l'obiettivo di un successivo reinserimento, fatte salve le cessazioni intervenute successivamente."

Invece, ogni volta che viene richiesto l'intervento e il supporto economico della Società, per permettere che ai lavoratori ILVA siano garantiti i livelli reddituali attraverso il finanziamento dei lavori di pubblica utilità, si leva il coro di polemiche rispetto alla questione che, quei soldi, verrebbero sotratti agli interventi di bonifica e di compensazione nei quartieri corniglianesi, quasi a mettere in contrapposizione le necessità dei lavoratori ILVA, il loro lavoro in Cornigliano stessa e le necessità dei cittadini di Cornigliano e dei loro quartieri.
Tra questi "urlatori" ci sono proprio personaggi come Bernini, il piccolo D'Alema del PD Genovese, sempre vice-qualcosa ma con le mani in pasta in tutti i posti che vedono circolare denari pubblici e privati per speculazioni e riqualificazioni; il direttore della Società Da Molo, il presidente del Municipio Giuseppe Spatola.
Ma la dura realtà è che questi personaggi, godendo del ruolo di intermediario tra finanziamenti pubblici, appalti e gestione urbanistica, non sono li a difesa delle necessità ne dei lavoratori ne dei quartieri e dei cittadini corniglianesi. I loro unici scopi, che sono in contrapposizione agli interessi di tutte e due le parti prima citate, sono le decine e decine di appalti pubblici, le speculazioni, le cementificazioni, l'acquisizione di sempre più aree di diretta competenza per giocare al rialzo speculativo dei loro valori, le clientele politiche e gli interventini di facciata per un pò di benevolenza elettorale.
In questi anni la Società per Cornigliano, mentre piange i 6 milioni di euro passati, che sarebbero stati già chiesti negli anni per i contratti di solidarietà e i lavori pubblici, e i nuovi 5 milioni di euro per poter pagare il lavoro dei dipendenti ILVA nelle mansioni di pubblica utilità, cui dovrebbe provvedere la stessa Società per Cornigliano, ha messo in piedi interventi che hanno garantito non poche speculazioni e aiuti agli interessi di costruttori, cementificatori e anche enti ecclesiastici (come nel caso del campetto della parrocchia di SS.Andrea e Ambrogio con un intervento da 30.000 €). Mentre urlano allo scandalo perchè gli viene chiesto di adempiere ai propri scopi statutari hanno già avviato: 70 milioni di euro per gli interventi alla viabilità (rotatorie e viadotti, la strada di scorrimento a mare, il nuovo ponte sul Polcevera etc.); oltre 30 milioni di euro per gli interventi di bonifica delle ex-aree industriali (oltre 266.000 mq di aree ora di sua proprietà); ha acquisito la proprietà di oltre 1.300.000 mq di aree, più tutti i terreni di Villa Bombrini, su cui poter giocare al rialzo dei valori, speculando con i soldi pubblici, e di cui è divenuta, sostanzialmente, un amministratore aggiunto con pieni poteri.
Di fronte a questo mare di soldi pubblici, appalti, favori, aumenti e speculazioni su valori di aree e proprietà immobiliari, cementificazioni e chi più ne ha più ne metta, i vari attori dal cemento e dalla speculazione facile urlano al furto di qualche briciola per far lavorare i dipendenti ILVA, gabbati da Riva e mezzi abbandonati dalle istituzioni pubbliche di cui loro stessi sono parte.
Se i dirigenti di Società per Cornigliano sono messi così a disagio da questa operazione facciano allora lavorare i dipendenti ILVA in "esubero", rispetto agli attuali livelli occupazionali della produzione a freddo, nei loro interventi di "riqualificazione" di Cornigliano a pari condizioni salariali di quando erano dipendenti ILVA a pieno titolo.
Oppure, si impegnino, come da statuto, a potenziare la produzione a freddo per ritornare ai livelli occupazionali precedenti alla crisi e si occupino, con i loro fondi, delle necessità tanto dei lavoratori ILVA quanto delle reali necessità dei quartieri di Cornigliano, mettendo in piedi progetti che servono realmente ai lavoratori e ai proletari di quelle zone e non ai soliti costruttori e proprietari immobiliari e fondiari. Ma, soprattutto, la smettano di piagnucolare per la richiesta di un intervento economico provvisorio, che va ad adempiere ai compiti statutari della Società per Cornigliano stessa.

IL FUTURO DI ILVA SPA, ALTRA INCOGNITA

A questa situazione, si aggiunge ovviamente lo scricchiolio degli accordi precedenti, i celebri patti per cui i lavoratori scendevano in corteo con la rivendicazione "Pacta Servanda Sunt".
L'azienda è passata da essere la 17° a livello mondiale nel 2011 a cadere al 66° posto per produzione, in uno scenario di concorrenza internazionale spietata e di crisi della produzione nel mondo sviluppato, a favore della più "concorrenziale" e galoppante economia di capitalismo sregolato e a bassi costi sociali dell'oriente. A questo crollo ha chiaramente contribuito la decisione di scindere entro la grande holding della famiglia Riva, in virtù delle complicazioni con gli impianti di Genova e di Taranto e in risposta all' "esproprio senza indennizzo" (così lo chiamano sul loro sito), tra ILVA Spa e RivaForniElettrici (posta invece al 58° posto con i 6 mln di tonnellate l'anno di acciaio prodotto). Assieme, i due rami produttivi avrebbero superato di gran lunga i 10,5 mln di tonnellate di acciaio all'anno, mantenendo un ruolo guida nel settore, entro i confini europei. Infatti, stando ai dati del 2015, per trovare un'azienda europea, con quel livello produttivo, nella classifica della produzione di acciaio si deve salire al 16° posto, dove si incontrano gli assassini della ThyssenKrupp, con 17 milioni di tonnellate di produzione annua, e nessun altra azienda europea si trova al di sopra dei 10 mln di tonnellate. Per avere una fotografia dell'egemonia economica orientale la Thyssen ha, sopra di se, ben 8 aziende cinesi (tra cui la seconda al mondo, Hesteel Group, con 47,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotte), e su 94 aziende in classifica ben 50 sono cinesi, dimostrando come il dragone turbocapitalista sia la meta preferita per i capitali industriali che vogliono fare profitti a dismisura.
L'azienda ILVA è chiaramente in affanno e, a Genova, la situazione non è delle migliori per i lavoratori. Il passaggio sotto il controllo pubblico non ha sicuramente migliorato di molto le condizioni per i lavoratori che rimangono, come prima, appesi a un filo.
Gli accordi sottoscritti fino ad ora, con la "cassa speciale per le aziende in amministrazione straordinaria", decadrebbe con la vendita dello stabilimento genovese e il Governo, pare, parli di vendita già per i primi mesi del 2017, quindi il problema è chiaramente un pò più grande della "sola" continuità salariale a livelli ridotti (circa il 60% sia con i contratti di solidarietà che con la cassaintegrazione speciale) di cui si stanno occupando le attuali diatribe tra Governo-Sindacato-Società per Cornigliano a latere delle trattative tra Governo e Sindacati.
Anche la stessa posata e diplomatica segretaria della CGIL osa esprimere preoccupazioni riguardo al fatto che non ci siano garanzie sui livelli occupazionali e sui piani industriali nelle procedure di valutazione di nuovi acquirenti per gli stabilimenti ILVA.
Al di là del fatto che tra i potenziali acquirenti ci sia anche una cordata che vede il protagonismo del primo produttore mondiale di acciaio, il colosso franco-lussemburghese-indiano ArcelorMittal con i suoi 97 milioni di tonnellate di acciaio all'anno, affiancato dal gruppo Mercegaglia, che potrebbe farla apparire com un'operazione di garanzia solo per l'interesse di un agglomerato di capitali e acciaio così grande, non vi è assolutamente nulla che garantisca che, negli interessi del potenziale nuovo proprietario, ci sia la continuazione della produzione agli stessi livelli occupazionali.
L'altra cordata sarebbe la neonata AcciaItalia Spa, che vede la partecipazione, come base industriale, di Acciaieria Arverdi Spa (22,20%) e dei soci finanziari Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. (44,50%) e DelFin Sarl (33,30%), la principale azionista del gruppo Luxottica S.p.a., di Leonardo Del Vecchio. A questi dovrebbero aggingersi, a quanto pare, anche il gruppo turco Edermir (controllata dal fondo pensione delle forze armate turche, 43° posto per produzione di acciaio, 8,9 mln di tonnellate) e la multinazionale indiana Jindal (92° al mondo per produzione di acciaio, 3 mln di tonnellate) per accrescere la base produttiva della joint venture che al momento vede come unico partner non esclusivamente finanziario il gruppo di Arverdi.
In entrambi i casi, i punti interrogativi rimangono molti. Ai lavoratori non è dato sapere proprio nulla del loro futuro, sia esso nel bene o sia esso nel male. Intanto devono pure subire le beghe collaterali tra chi vuole fare speculazioni e soldi facili sui meccanismi di compensazione ambientale (Società per Cornigliano) e chi vuole togliersi dalle mani la gestione delle acciaierie ILVA che metterebbero in mostra l'assoluta assenza di un qualsiasi piano industriale e più genericamente produttivo e occupazionale, non solo per quel settore, ma per l'intera economia italiana (Governo e Stato). Chi ne paga le conseguenze come sempre sono i lavoratori e le lavoratrici e i quartieri proletari che da quelle realtà produttive hanno sempre dipeso, nel bene e nel male.
Se la crisi industriale ed economica arriva a colpire anche un colosso come quello dell'ILVA che pare soccombere di fronte alla concorrenza spietata entro le regole del mercato e del profitto non resta realmente che l'organizzazione del conflitto di classe che ponga, davvero, l'alternativa del controllo da parte degli stessi lavoratori dell'intera società.

PER UNA PROSPETTIVA DI LOTTA ALTERNATIVA E AUTONOMA DELLA CLASSE OPERAIA

Ma prima di tutto, questo passo, va preparato con l'organizzazione della forza della classe proletaria; che sempre di più, oggi, vive una situazione di impotenza di fronte ad un attacco frontale e senza mezzi termini da parte del padronato e del capitale, in ogni settore lavorativo e sociale.
Diviene sempre più necessaria la costruzione di uno sciopero generale ad oltranza, che unisca tutte le singole lotte e vertenze in un'unica e grande vertenza generale per la difesa dei posti di lavoro, delle condizioni salariali e di sicurezza, dei diritti sindacali, della stabilità dei contratti; per il controllo operaio sulla produzione e sui piani industriali, sulla gestione dei rispettivi luoghi di lavoro e dei propri luoghi di vita (condomini, isolati, quartieri, città); per la parola d'ordine del "lavorare tutti, lavorare meno" a eguali condizioni salariali, per unire le necessità dei disoccupati e dei migranti a quelle dei lavoratori sotto minaccia di cassintegrazione, mobilità, demansionamento, licenziamento; per l'abolizione del precariato e delle leggi di precarizzazione del lavoro; per un sistema pensionistico dignitoso e che garantisca ai lavoratori condizioni di vita e sociali degne per chi ha dato la vita per costruire la società di cui tutti beneficiano; per difendere i diritti e i servizi sociali come la Scuola, la Sanità, la Casa, le Utenze (acqua, luce, gas, telefonia, internet) e perchè siano pubblici, di qualità, a prezzi popolari e sotto il controllo dei lavoratori stessi.
Solo da questo passo le rivendicazioni dei lavoratori possono tornare ad assumere un peso significativo nei tavoli di trattativa. Solo con questo passo è possibile contrapporre, almeno a livello nazionale, la vera e propria forza della classe lavoratrice contro gli attacchi padronali e governativi, passando dalla difesa disordinata, atomizzata e contingente, che ha portato a continue retrocessioni , all'attacco diretto sulla base di una nuova prospettiva di società.
Assieme a questo, sul piano più particolare della questione ILVA va rivendicata, secondo noi, l'unica misura che possa porre la direzione della lotta in senso contrario al continuo affidarsi alla benevolenza di questo o quel padrone, ossia, la nazionalizzazione sotto controllo operaio, accompagnata dal vero e proprio "esproprio senza indennizzo". Anzi, a questo punto si rende sempre più evidente la necessità della requisizione alla famiglia Riva di beni, proprietà e liquidità per gli almeno 8 miliardi di euro, stima al ribasso in cui sono stati calcolati danni ambientali, profitti fondati su inquinamento e morte, irregolarità nella sicurezza e nella salubrità sul lavoro negli stabilimenti, appropriazioni indebite di milioni di euro di finanziamenti pubblici illeciti e chi più ne ha più ne metta. Il tutto per garantire una riconversione industriale e produttiva che garantisca la continuità dei livelli occupazionali e salariali; l'abbattimento dei livelli di inquinamento attraverso nuove tecnologie di lavorazione dell'acciaio e le bonifiche delle zone smantellate oltre al risanamento delle aree inquinate e del tessuto urbano e sociale di Cornigliano.

La lotta che fino ad oggi i lavoratori dell'ILVA hanno portato avanti ha un qualcosa di eroico. Ora i lavoratori devono capire che proprio loro, considerato il settore strategico di cui sono le fondamenta e gli interessi che si muovono sulle loro teste, possono imporre una nuova direzione e una nuova radicalità alle lotte dei lavoratori di tutta Italia e unirsi alla resistenza dei lavoratori francesi.

Cristian Briozzo

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