Prima pagina

COP21: la conferenza mondiale dell'ipocrisia capitalista

2 Dicembre 2015
COP21

Domenica 29 novembre, a Parigi, in Piazza della Repubblica, il governo Hollande ha dato ordine di reprimere e spazzare via ogni dissenso alla grande farsesca rappresentazione delle potenze mondiali in difesa del clima (COP21). In nome della “finta” sicurezza per tutta la giornata si sonno succedute cariche e centinaia di arresti. Le mobilitazioni, sostenute in particolare dalle organizzazioni di sinistra, tra le quali NPA e Alternative Libertaire, hanno cercato di portare un forte segnale di lotta anticapitalista al grande processo di restaurazione mondiale, dove il clima fa da cornice teatrale.
Il messaggio che questa conferenza vuole imporre al consenso universale sarebbe quello che il capitalismo è l’unico mezzo e l’unico percorso possibile per fermare la catastrofe ambientale che esso stesso ha generato e che sta perseguendo. La causa diventa anche la mitologica e falsa soluzione.
Un recente studio della Banca Mondiale è sfacciatamente agghiacciante nella sua stessa crudezza. Il senso è questo: è improrogabile gestire l'impatto del cambiamento climatico sulla povertà, dove sono a rischio le comunità più povere del mondo. Secondo questo rapporto, se non si interviene subito in un supporto alla difesa ambientale sul controllo climatico, più di 100 milioni di esseri umani saranno gettati dal benessere alla povertà estrema entro il 2030, e le comunità oggi più povere verranno cancellate per sempre. Si parla di grandi numeri, che sfiorano il miliardo di persone.
Questo studio arriva in sintonia con un piano dell’ONU in 17 punti tanto propagandato anche dai maggiori media vicini agli interessi dei principali colossi finanziari prima dell’apertura dei lavori del COP21 di Parigi. Il primo degli obiettivi di sviluppo concordati dalle Nazioni Unite è quello di «porre fine alla povertà in tutte le sue forme in tutto il mondo».
La tappa intermedia nell'ambito del presente obiettivo è quello di dimezzare il numero di persone che vivono in condizioni di povertà e sradicare la povertà più estrema entro il 2030.
Il termine di estrema povertà è definito per quegli individui che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno. Attualmente è stimato un miliardo di persone in questa categoria.

Il messaggio tanto strombazzato dalla Banca Mondiale è questo: se continuiamo sul nostro attuale percorso di riscaldamento rapido, con conseguente disuguaglianza crescente, gli obiettivi ambiziosi come quelli indicati saranno impossibili da raggiungere.
La realtà è molto peggiore di quella descritta.
L’impatto più grave verrà attraverso la picchiata dei rendimenti in agricoltura. Secondo studi macroeconomici i raccolti potrebbero diminuire a livello mondiale fino al 5% entro il 2030 e fino al 30% entro il 2080.
Il calo dei rendimenti ha la conseguenza di generare un rapido aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che nel 2008 avevano spinto spinto tra l’altro circa cento milioni di persone nella povertà più nera. Un altro studio citato nella relazione della Banca Mondiale rivela che in molte parti dell'Africa e dell'Asia l’adeguamento dei prezzi legati al clima potrebbe aumentare i tassi di povertà per le famiglie del 20-50%. Questa situazione sarà aggravata dall'impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi.
Il rapporto non tenta lo stesso tipo di quantificazione degli effetti in questo settore, e non è preso in considerazione in cifre importanti sulla povertà. Tuttavia, si osserva che l'impatto potrebbe essere catastrofico per le piccole nazioni insulari o le zone costiere a livello delle acque oceaniche, che saranno rese completamente inabitabili a più lungo termine.
La crescente frequenza di eventi meteorologici estremi e le catastrofi naturali come siccità, inondazioni e incendi è un altro ambito di fortissima preoccupazione. La relazione sottolinea che lo scenario di alte temperature al suolo (l'ondata di caldo in Europa nel 2003 si stima che abbia ucciso più di 70.000 persone) sarà costante fino alla fine del XXI secolo .
Secondo il rapporto, il numero di giorni di siccità potrebbe aumentare di oltre il 20% nella maggior parte del mondo entro il 2080. Ci sono poi le possibili devastanti inondazioni, con il numero di persone esposte in aumento fino al 15% entro il 2030 e fino al 29% entro il 2080.

L'ultimo aspetto preso in esame nella relazione è la salute. Le malattie che colpiscono in modo sproporzionato le comunità più povere, come la malaria e la diarrea, dovrebbero aumentare con il riscaldamento globale. Secondo il rapporto, l’ aumento di 2 ° C o 3 ° C potrebbe accrescere il numero di persone a rischio per la malaria del 5%, che in termini assoluti sarebbero 150 milioni di persone.
I morti per l'inquinamento sono in decisa crescita. Il rapporto cita uno studio che dimostra che il cambiamento climatico potrebbe causare in un solo anno 100.000 morti premature associate all'esposizione alle microparticelle e morti prematuri associati all'esposizione all'ozono in più di 6.000.
Inoltre, le deforestazioni in nome del profitto, come per le immense aree dell’Indonesia depredate per la produzione dell’olio di palma, o dell’Amazzonia, destinate all’allevamento di bestiame; le intere aree nordamericane devastate dalla produzione dello shale gas, sono solo la punta dell’iceberg della rapida diminuzione del polmone di ossigeno delle grandi foreste.

Questo è il futuro ci aspetta in un mondo di rischi ambientali e di riscaldamento globale.
I paesi più ricchi, quelli appunto le cui attività economiche hanno contribuito di più al cambiamento climatico, saranno in grado di scongiurare gli effetti peggiori. I paesi poveri, già in precaria esistenza, saranno sempre più minacciati: catastrofi naturali, fame e malattie diventeranno la normalità, da cui ci sono poche possibilità di uscita.

La Banca Mondiale indica ai governi di trovare rapidamente soluzioni per costruire strutture di sostegno, infrastrutture, sanità, benessere e quant’altro possa aiutare le comunità povere ad adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. Accanto a questo, si sostengono misure, quali gli investimenti nelle energie rinnovabili e dei trasporti pubblici, che possono aiutare a raggiungere l'obiettivo di limitare il riscaldamento a lungo termine tra 2 e 3 gradi Celsius.

Obbiettivi assolutamente logici ma decisamente falsi, perché di fronte alla crisi climatica ed ambientale il sistema capitalistico non arretrerà di un centimetro per limitare il profitto delle imprese, delle multinazionali, con le sue bolle speculative e gli immensi paradisi fiscali.

Perché la richiesta di andare verso un sistema energetico fatto di energie rinnovabili è una pura chimera? La risposta la da la stessa Banca Mondiale quando palesa, smentendo se stessa, che tutti questi investimenti, risorse e progetti sono più convenienti se utilizzati nelle comunità e nei paesi più ricchi piuttosto che in quelli poveri, e lasciando quindi questi ultimi al loro destino.
Questo è il cuore del problema. Il capitalismo è centrato sul profitto, e quindi il capitale si dirige dove questo è più alto, più rapido e più replicabile. Le potenze economiche continueranno a seguire gli stessi percorsi senza avere nessun riguardo verso l’ambiente e la salvaguardia delle popolazioni più povere e del loro territorio. L’analisi della Banca Mondiale, però, può fornire qualche informazione sulle minacce economiche che il cambiamento climatico rappresenta per il mondo più povero.
Ma le prescrizioni “bancarie” contenute nella relazione, come la costruzione di nuove infrastrutture per la mobilitazione di risorse private, coinvolge implicitamente i soliti attori con i soliti metodi: neocolonialismo, guerre e territori depredati.

Hollande, Obama e perfino reazionari come Erdogan riciclano la loro immagine a Parigi diventando improvvisamente paladini dei poveri. La grande farsa sta proprio in questa grottesca immagine.
Solo il cambiamento del modello di società in senso socialista può fermare la barbarie e raggiungere l’equilibrio tra i bisogni umani e l’ambiente. Solo l’abbattimento del capitalismo e del dominio della classe borghese può salvarci dalla catastrofe.


«Quel che ora si deve fare è di dirigere con piena coscienza tutta la forza del proletariato contro le principali fortezze della società capitalistica. In basso, dove ciascun imprenditore ha di fronte a sé i suoi schiavi salariati, in basso dove tutti gli organi esecutivi del dominio politico di classe si trovano di fronte all'oggetto del loro dominio, alle masse, là dobbiamo passo passo strappare dalle mani dei nostri dominatori i loro strumenti di potere e porli nelle nostre mani.» Rosa Luxemburg, 1919

Ruggero Rognoni

CONDIVIDI

FONTE