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Contro reazionari e terroristi, contro l'imperialismo ed il fascismo islamico, per un nuovo internazionalismo

14 Novembre 2015

Ieri a Parigi sono stati uccisi indiscriminatamente più di 130 civili. Centinaia i feriti

Paris


La guerra è arrivata nelle strade, nelle piazze e nei teatri d’Europa. La guerra vigliacca di questi giorni e di questi anni. La guerra che colpisce civili e innocenti: a caso, senza fronti e senza confini. La guerra che da troppo tempo si combatte in Siria, in Iraq, in Afghanistan, in Libia ed in Egitto, in molti paesi africani ed asiatici. Una guerra che travolge città, famiglie e popolazioni.

Questa guerra l'ha iniziata l'Occidente capitalista e imperialista. IS e fondamentalismo islamico sono stati rilanciati, se non prodotti, dai ripetuti interventi militari in Medioriente: dai bombardamenti e delle missioni “di pace”. Americane. Francesi. E italiane. Interventi che negli anni hanno sostenuto dittatori e repressioni sanguinarie, hanno abbattuto resistenze popolari e forze progressiste, hanno distrutto paesi e tessuti sociali, hanno aperto la strada alla crescita dell’integralismo religioso. La competizione per la conquista dell'egemonia all'interno del campo integralista ha sospinto la corsa al rialzo verso le barbarie. Ha creato un nuovo “fascismo islamico”, un movimento reazionario armato che si è dotato di un suo progetto totalitario fondamentalista (il grande Califfato), con pratiche sanguinarie di terrore che pratica verso ogni opposizione e resistenza (interna ed esterna).

In questa guerra, le linee del fronte si frammentano e si confondono. IS e fondamentalisti sono stati supportati e protetti dalle monarchie del Golfo e servizi occidentali. Perché reazionari, fondamentalisti, dittatori e terroristi combattono da entrambe la parti. Al centro di questa guerra non c’è alcun principio, alcuna civiltà, alcuna religione. Ci sono solo interessi economici e politiche di potenza, che polarizzano identità ed appartenenze per utilizzarle come strumenti dei loro giochi d’interesse.

In questa guerra, invece, gli interessi e le identità della classe lavoratrice e di quelle popolari sono travolti. Da tutti. Schiacciati dalla militarizzazione, dall’imbarbarimento crescente, dalle miserie della guerra, dalla distruzione delle strutture economiche e dall’esplosione dei fanatismi identitari. Annullati anche dalla confusione dei fronti: dalla costruzione di larghe alleanze, a base etnica o religiosa o nazionale. Fronti popolari o nazionali nei quali gli interessi e le identità dei lavoratori e delle lavoratrici sono sempre retrocesse, scolorite e poi annullate. In nome di altre priorità, immaginari e progetti politici. Quelli delle proprie borghesie, dei propri apparati militari, o delle potenze imperialiste.

Per questo siamo a fianco dei morti e delle famiglie. A Parigi. Come a Beirut, a Sinjar, ad Aleppo o a Kobane. In Africa ed in Asia. Le centinaia di migliaia di morti di questa lunga guerra.
Come non siamo indifferenti, ma sosteniamo quella resistenza democratica siriana e kurda, come negli altri paesi, che combatte l’avanzata del fascismo islamico ed il regime dittatoriale di Assad.
Per questo NON siamo nelle piazze di queste ore. Quelle piazze unitarie e tricolori, in solidarietà dei “fratelli francesi”. Il silenzio, la commozione e l’unità di queste ore, come quella dopo l’attentato di Charlie Hebdo, permette solo alla canea reazione di crescere ed imporsi anche nei nostri territori. Proponendo ancora identità e polarizzazioni, cristiane ed europee, umane o civili. Appartenenze utili solo a continuare questa guerra, a rilanciare gli interessi imperialisti di questa o quella potenza.

Per fermare la guerra, invece, dobbiamo colpirne gli interessi che la muovono. Dobbiamo opporci agli interventi imperialisti. Di pace e di guerra. Anche quelli italiani. Dobbiamo denunciare gli interessi particolari, come quello della nostra ENI che non casualmente è presente in tutti questi fronti di guerra. Dobbiamo combattere le politiche di grande e di piccola potenza, sorrette dalla competizione capitalista e dalla necessità di rafforzare i propri apparati produttivi capitalisti.

La sola risposta alle guerre e al terrorismo è l’unità dei lavoratori e dei popoli. Al di là delle rispettive origini, del colore della pelle, della religione, delle frontiere. Ritrovare i propri interessi e le proprie identità di classe, per battersi insieme contro chi li sfrutta e li sottomette. Per farla finita con questo sistema capitalista, che crea la barbarie. Per una rivoluzione socialista, che superi confini e conflitti nazionali.

Partito Comunista dei Lavoratori

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