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Syriza, Althusser e la difesa dell'ordine stabilito

Alle radici ideologiche della nuova sinistra radicale europea

12 Marzo 2015

Diversi commentatori hanno già rilevato la doppia eredità dell'eurocomunismo e del togliattismo (1) in Syriza e in Podemos. Alcuni hanno anche evidenziato il modo in cui Podemos basa il suo discorso e la sua politica sui "postulati di Gramsci", un Gramsci rivisto e corretto quanto basta da Ernesto Laclau e Chantal Mouffe (2), ovviamente. Si è tuttavia tentati di affermare, a rischio di sembrare stravaganti, che Syriza e Podemos sono, nelle loro concezioni, ben più debitori di Althusser che di Gramsci.

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Sotto l'influenza del maoismo, della Rivoluzione culturale e del Maggio '68, Jacques Rancière pubblica, a metà degli anni '70, "La lezione di Althusser" (3). Vi esaminò approfonditamente il pensiero di colui che, all'epoca, rappresentò l'enfant terrible dell'intellighenzia del PCF (Partito Comunista Francese): Louis Althusser. È in questo saggio che Rancière conclude che l'althusserismo è, in ultima istanza, un «pensiero dell'ordine». Opponendo la "scienza" all'"ideologia" e la linea del "partito della classe operaia" (cioè il partito comunista) a quella degli studenti («gauchisti e piccolo-borghesi»), Althusser difendeva, in realtà, tanto l'ordine universitario che la burocrazia staliniana contro la rivolta sessantottesca e, più in generale, contro ogni spirito sovversivo.


LA LEZIONE DI ALTHUSSER: IL MAGGIO '68 NON E' MAI ESISTITO

In questo contesto, il concetto althusseriano di «lotta di classe dentro la teoria» appare per quello che è, cioè la convalida, in ultima istanza, della divisione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, nonché dell'inserimento degli intellettuali di sinistra in questa stessa divisione. Gli intellettuali in questione, attraverso una sorta di stalinismo "raffinato", hanno per missione quella di distinguere, su una base "scientifica", le idee borghesi dalle idee proletarie; ratificando, nei fatti, il lavoro grigio e monotono dell'apparato burocratico del partito.

Rancière critica particolarmente, nel suo saggio, il concetto althusseriano di «apparato ideologico di Stato». Per Rancière, il movimento del Maggio 1968 ha profondamente rimesso in questione il ruolo delle istituzioni educative di riproduzione dell'ideologia dominante, e lo stesso ruolo degli intellettuali del PCF. È in questo quadro che Althusser conia, come se si trattasse di una novità, il concetto di «apparato ideologico di Stato» (4), lontana filiazione della tematica gramsciana dell'organizzazione della cultura. Rancière si interroga su come la teoria in questione sia potuta sorgere da un'altra teoria, precedente, e non dal movimento reale della ribellione. Per Rancière la risposta è semplice: conseguentemente al suo «pensiero dell'ordine», per Althusser il Maggio '68 non è mai esistito.


I PARTITI COMUNISTI E I COMPROMESSI DEL DOPOGUERRA

Da questo punto di vista, il saggio di Rancière è doppiamente interessante. Da un lato, permette di comprendere nel suo contesto cosa è stato l'althusserismo. Dall'altro, permette di riflettere sulle differenti traiettorie che sono state quelle dei partiti comunisti dell'Europa occidentale.

In effetti, il "moderatismo", o il "pensiero dell'ordine", è stato un tratto comune tanto del PCF quanto del PCI o del PCE (Partito Comunista di Spagna). È ciò che riassume perfettamente Santiago Carrillo, leader storico del PCE, in un'intervista-documentario realizzata da Pablo Iglesias nel novembre 2011 (5). A proposito del ruolo della direzione comunista spagnola alla fine del franchismo, Carrillo sottolinea quanto il PCE sia stato una garanzia per assicurare la transizione verso la democrazia e per evitare una guerra civile. Il PCI, da parte sua, ha giocato nel '68-'70 un ruolo conservatore. Durante il famoso "Maggio rampante", il PCI agì da stampella dello Stato borghese, iniziando con l'espellere e l'ostracizzare, nel 1969 e nell'Autunno caldo, quanti chiedevano di collocarsi risolutamente a fianco delle lotte operaie, a cominciare dal gruppo del Manifesto.

Non si tratta qui di denunciare la condotta di una "burocrazia cattiva", ma di constatare la "colonizzazione" delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio da parte dei sostenitori, in ultima istanza, del capitalismo, al quale la burocrazia è funzionale. Lo Stato sociale ha rappresentato un compromesso tra la borghesia e la classe operaia dei Paesi imperialisti, che è consistito nel concedere dei diritti e dei beni importanti in cambio della promessa che non ci sarebbero state nuove rivoluzioni. Compromesso che ha contribuito, allo stesso tempo, a rafforzare i partiti comunisti dell'Europa occidentale. Ma i compromessi non sono mai eterni, e la borghesia, anziché ringraziare gli stalinisti per i loro buoni e leali servizi, ne ha approfittato per strappare una vittoria molto più ambiziosa, cioè assimilare totalmente le organizzazioni riformiste ai regimi politici conservatori.

L'evoluzione "moderata" dei partiti comunisti nel dopoguerra, che può essere riassunta con lo slogan "dal fronte popolare all'unità nazionale", testimonia di questa pressione esercitata dalla "guerra di conquista" orchestrata dal capitalismo alle organizzazioni tradizionali del movimento operaio. Considerato da questo punto di vista, l'eurocomunismo non consistette tanto nel tentativo di coniugare democrazia e socialismo, ma rappresentò piuttosto, già all'epoca, un "salto" all'interno della trasformazione socialdemocratica dei partiti comunisti, accompagnato dalla "neoliberalizzazione" degli apparati socialdemocratici.


PRIVILEGIARE LE MANOVRE DALL'ALTO ALLE MOBILITAZIONI DAL BASSO.

Che tipo di analisi dell'ultimo grande ciclo di avanzata operaia e popolare (1968-1981) c'è alla base dell'attuale rivendicazione dell'eredità dell'eurocomunismo da parte di organizzazioni come Syriza o Podemos? Si tratta, fondamentalmente, di un'analisi o di una lettura "moderata" che pone l'accento sugli aspetti più "ecumenici" e tende a cancellare gli aspetti più radicali dello scontro, vale a dire una lettura derivante dall'althusserismo come «pensiero dell'ordine», per riprendere Rancière, nel senso che, per Althusser, «il Maggio '68 non è esistito».

La questione non è tanto l'interpretazione del passato, senza dubbio importante, quanto la strategia oggi difesa. Ciò a cui assistiamo, tanto nei discorsi e nella linea di Pablo Igesias quanto nella politica e nel voltafaccia di Tsipras in questi ultimi giorni, è il ripetersi, oggi molto insistente, dell'idea secondo la quale "il Maggio '68 non è mai esistito". Di conseguenza, l'accento viene messo sugli accordi e sulle manovre dall'alto, ignorando la mobilitazione dal basso del mondo del lavoro e dei settori popolari, anche quando si tratta di difendere un programma minimo di riforme promesso in una campagna elettorale, come nel caso del Programma di Salonicco.

È quindi in questo senso che il post-togliattismo di uno Tsipras ha più a che fare con il pensiero dell'ordine di Althusser che con la lotta per l'egemonia di Gramsci (6).





(1) Palmiro Togliatti, co-fondatore (con Gramsci) del Partito Comunista d'Italia, del quale fu segretario generale dal 1927 al 1934 e principale dirigente dal 1938 fino alla morte, nel 1964. Dopo la seconda guerra mondiale, il PCI diviene il più grande partito comunista occidentale. Con "eurocomunismo" si indica la corrente formata da Patito Comunista Francese, Partito Comunista Italiano (sulla scia di Togliatti) e Partito Comunista di Spagna negli anni Settanta, in linea con la destalinizzazione e la "distensione" con l'Ovest, che si oppose per certi versi alla direzione sovietica. Difendendo il pluralismo e le libertà contro il partito unico, e una concezione gradualista e pacifica al socialismo, al prezzo di una crescente integrazione nell'apparato dello Stato borghese, l'eurocomunismo fu una vera e propria codificazione del neoriformismo dei partiti comunisti dell'Europa occidentale.

(2) Il loro libro del 1985 "Hegemonía y estrategia socialista" (trad. it. "Egemonia e strategia socialista. Verso una politica democratica radicale", Il melangolo, 2011) è un'illustrazione emblematica del pensiero post-marxista e dell'abbandono del punto di vista di classe a favore di un nuovo tipo di populismo. La loro sostituzione della lotta per la distruzione dello Stato borghese e per la costruzione di uno Stato operaio fondato sull'auto-organizzazione dei lavoratori, con una strategia di "democrazia radicale e plurale" implica inevitabilmente un certo grado di continuità con le istituzioni attualmente esistenti della democrazia borghese, a iniziare dal parlamento. Da ciò la convergenza diretta con l'eurocomunismo degli anni Settanta (vedi nota precedente).

(3) "La Leçon d’Althusser", Gallimard, 1974. Nuova edizione, La Fabrique, 2012.

(4) "Lo Stato e i suoi apparati", Editori Riuniti, 1997.

(5) https://www.youtube.com/watch?v=azmf-OYY51s

(6) Sui rapporti fra la teoria gramsciana dell'egemonia e la teoria della rivoluzione permanente, vedi Juan Dal Maso, "Revolución pasiva, revolución permanente y hegemonía", Ideas de Izquierda, n°13, settembre 2014.



versione originale in: www.ccr4.org

Juan Dal Maso

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