Prima pagina

La classe operaia greca ad un bivio

26 Gennaio 2015

Le elezioni greche aprono uno nuovo scenario nel panorama politico europeo segnato dalla più grave crisi che la storia del capitalismo abbia mai attraversato.
Una sinistra apparentemente “anti-austerity” cresce e si afferma addirittura come forza di governo. Un evento che in molti nel popolo della sinistra hanno salutato con giubilo e speranza. Speranza che però sarà prontamente disattesa, tradita.

sava

Le elezioni greche aprono uno nuovo scenario nel panorama politico europeo segnato dalla più grave crisi che la storia del capitalismo abbia mai attraversato.
Una sinistra apparentemente “anti-austerity” cresce e si afferma addirittura come forza di governo. Un evento che in molti nel popolo della sinistra hanno salutato con giubilo e speranza. Speranza che però sarà prontamente disattesa, tradita.
Le ambiguità di Syriza
L’ambiguità di Syriza è nel suo programma e essenzialmente su una questione indissolubilmente legata al conflitto di classe.
Sebbene il voto di massa a Syriza rappresenti indubbiamente il sintomo di una crescita complessiva del livello di coscienza della classi subalterne, ciò non toglie che da solo non basti a risolvere i nodi presenti nel programma sviluppato dalle dirigenze di Tsipras e che, quindi, questi verranno al pettine.

Partiamo da una constatazione di fatto, che sgombera il campo da ogni equivoco.
Syriza non ha nel suo programma la cancellazione del debito, bensì la rinegoziazione di questo. Cosa significa in termini di classe? Che le tasse dei lavoratori andranno a gonfiare ugualmente i conti dei banchieri greci, ma Syriza vorrebbe che questo “debito” fosse dilazionato nel tempo. In sostanza Syriza propone alla classe operaia di continuare a regalare i proprio soldi alle oligarchie finanziarie, ma rateizzandone il pagamento. Come dire:”mi paghi l’usura, ma ti concedo di farlo in un periodo di tempo più lungo”.
Noi marxisti rivoluzionari siamo per l’abolizione del debito pubblico perché esso rappresenta l’usura che i padroni compiono a danno delle masse lavoratrici. Uno dei tanti strumenti di oppressione che la borghesia esercita sulle condizioni di vita delle masse.
Se Syriza volesse veramente e coerentemente difendere le classi subalterne proporrebbe di non dare più neanche un centesimo dei soldi dei lavoratori ai banchieri. Ma le sue intenzioni sono altre, come del resto si evince dal suo accordo a poche ore dalla vittoria con una formazione nazionalista di centrodestra alla quale ha dato il Ministero della Difesa (le forze armate!) in cambio di due seggi per mantenere la maggioranza. Del resto le dichiarazioni di stima verso Renzi ed il suo entourage da parte di Alexis Tsipras rendono pienamente l’idea di quale sia il modello sociale a cui il gruppo dirigente del nuovo partito di governo greco aspiri.
Certo Tsipras e Renzi non sono la stessa cosa, ma le azzardate frasi del leader ellenico danno la misura di come la sua sia una sinistra indissolubilmente legata ai poteri capitalistici. Per Tsipras l’Unione Europea degli Stati-Nazione imperialisti è un percorso di democrazia che va “migliorato” (come riportato nel suo programma). Ma la verità è che l’UE è una coalizione imperialista con la quale o si rompe o si è complici e dalla quale o si esce o si muore. Ci si può uscire su due versanti: uno capitalistico, totalmente suicida in questa fase storica, e uno socialista. E infatti Syriza non ha alcuna intenzione di rompere con l’UE, perché sa che un capitalismo fuori dalla moneta euro è un viaggio verso l’inferno. Comporterebbe un aumento generale dei prezzi, un abbassamento drastico del potere d’acquisto dei salari. Insomma per l’economia greca sarebbe la catastrofe. Ma non avendo Syriza una prospettiva di alternativa proletaria di potere, chiede alla borghesia greca (una parte di questa sostiene Tsipras, altrimenti non sarebbe mai stata possibile la sua vittoria elettorale) un qualche obolo da elargire alla classe degli oppressi in cambio del rispetto degli accordi con le banche per il pagamento dilazionato del debito.
Come si può essere in favore dei lavoratori e allo stesso tempo proporre loro di continuare a pagare debiti a usurai criminali che posseggono banche? E’ evidente un’ambiguità alla quale Syriza sarà presto chiamata a rispondere dinanzi ai milioni di lavoratori che l’hanno votata in nome della lotta contro le politiche delle classi dominanti.
Per il gruppo dirigente di Syriza il capitalismo è l’unico sistema di produzione possibile. Esso è immanente e soltanto in esso si può pensare ad alternative. Alternative che poi non sono perché le politiche di governo non le decide quel politico di turno, bensì leggi economiche ben precise legate al processo di produzione-accumulazione-riproduzione di capitale, il quale determina tutte le scelte politiche dei governi, siano essi di destra o di cosidetta sinistra radicale.
E’ insomma la solita solfa riformista, ma a differenza che nei periodi di espansione capitalistica, dopo la crisi preannuncia scenari macabri per la classe operaia, le masse popolari e i giovani greci.
Quali scenari s’affacciano sul movimento operaio greco?
E’ bene ribadire che la vittoria di Syriza è il frutto di 7 anni di scioperi, di battaglie di piazza e di una crescente radicalizzazione della coscienza della classe operaia greca e dei giovani, non della figura del suo leader. Syriza vince perché intercetta le rivendicazioni minime che il proletariato ha espresso nelle sue lunghe battaglie contro i padroni di Grecia e d’Europa, ponendosi come alternativa progressista nell’immaginario collettivo di massa. Ma la sua vittoria sarà presumibilmente fugace e gli scenari potrebbero essere molteplici.
Proviamo a sintetizzarli.
Primo. La dirigenza di Syriza entra in una fase d’impasse trovandosi impossibilitata a rispettare le utopiche promesse della campagna elettorale tese a concliare sfruttamento capitalistico e benessere sociale per le masse. Il movimento operaio, sulla scia dell’entusiasmo del momento di ascesa, continua la mobilitazione e spinge Syriza a prendere decisioni. Questa si spacca al suo interno e le organizzazioni della sinistra di classe provano ad intercettare il malcontento popolare verso le dirigenze per radicalizzare il protagonismo proletario verso un’alternativa di un governo dei lavoratori, posizione che obiettivamente in Grecia solo l’EEK può portare e costruire.
Secondo. La debacle di Syriza ai banchieri greci ed europei provoca una forte disillusione nel movimento operaio frenandone l’ascesa ed il protagonismo. I partiti razzisti come Alba Dorata ne approfittano per rafforzare il proprio ambito d’influenza sui settori interclassisti della società, provando a reclutare nei quartieri proletari dove la crisi colpisce più duramente gettando le basi per una mobilitazione reazionaria nel Paese.

Nulla quindi è scritto. Molto dipenderà dall’attività rivoluzionaria sensibile della soggettività marxista rivoluzionaria nelle contraddizioni che si presenteranno da qui ai prossimi tempi.
Se l’EEK saprà unire la massima inflessibilità strategica con la massima duttilità tattica del suo intervento col movimento reale, la situazione potrà trovare il suo sbocco verso un’ipotesi rivoluzionaria e di alternativa di potere. Al contrario il pericolo dell’avanzata nazista è un rischio concreto da non sottovalutare.
Appena un anno fa i dirigenti di Alba Dorata venivano arrestati con diverse accuse, tra cui spicca quella di “associazione a delinquere finalizzata all’eversione dell’ordine democratico”. Per la magistratura borghese si preparavano a fare un Colpo di Stato in Grecia assieme ad alcuni apparati delle forze armate.

Fronte unico e rifondazione della Quarta Internazionale
Il vero baricentro è, dunque, la classe operaia e la sua capacità di organizzarsi in Partito per un’alternativa di potere. Come marxisti non crediamo che la forza di un partito si valuti in base alle percentuali di voto, ma queste in ogni caso rappresentano un “termometro”. La richiesta di cambiamento è stata capitalizzata da Syriza. Il KKE stalinista ha mentenuto un suo ruolo, complice la direzione del sindacato PAME che detiene saldamente. A sinistra di queste due maggiori forze del movimento operaio esiste un arcipelago enorme di organizzazioni che a vario titolo si richiamano al marxismo e/o al comunismo. In questo quadro di enorme competizione, l’EEK ha raccolto un risultato per nulla soddisfacente, che non rende giustizia dell’impegno profuso in questi lunghi anni di lotte dei trotskisti in Grecia. Ma solo i dilettanti possono disperare e farsi prendere dallo scoraggiamento. La partita per i rivoluzionari greci si gioca adesso.
Incalzare il processo di radicalizzazione significherà proporre il più vasto fronte unico tra i partiti operai contro le politiche padronali e contro la reazione.
Chi saprà coniugare giustezza teorica e correttezza pratica riuscirà a rappresentare e costruire un’alternativa socialista.
Per quel che ci riguarda sosteniamo completamente i compagni dell’EEK, ribadendo che necessitiamo al più presto del congresso internazionale del CRQI. La nuova fase di scontro di classe in Europa lo richiede oggi più che mai. Anche un’uscita socialista dalla crisi non basterebbe se restasse circoscritta alla sola Grecia.
Il movimento operaio ellenico ha bisogno dell’unità internazionale con la classe operaia degli altri paesi di almeno un continente per poter quantomeno resistere ad un’eventuale controffensiva della borghesia.
Rifondare la Quarta Internazionale o sarà la barbarie!

27/01/2015

PCL Napoli

CONDIVIDI

FONTE