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DICHIARAZIONE SULLA SITUAZIONE IN IRAQ

24 Agosto 2014
Curde

Per la sconfitta dello Stato Islamico
No all'intervento militare imperialista
Per l'invio di aiuti ed armi ai combattenti curdi di ogni forza presente (peshmerga, Partito democratico del Kurdistan siriano, Partito dei Lavoratori Kurdi)
Nessuna fiducia nelle loro direzioni politiche
Per la costruzione di partiti marxisti rivoluzionari, come direzioni alternative, in tutta la regione
Per governi dei lavoratori in tutti gli stati coinvoltii
Per l'unità araba, laica e socialista
Per un Kurdistan unito, indipendente e socialista
Per una federazione socialista del Medio Oriente

I popoli dell'Iraq sono di nuovo confrontanti ad una situazione tragica. Il settore più reazionario del fondamentalismo islamico, rappresentato dallo "Stato Islamico dell'Iraq e della Siria", oggi ribattezatosi semplicemente "Stato Islamico", è, come ben noto, riuscito a conquistare gran parte del nord e del centro del paese, sviluppando una azione settaria di oppressione brutale e massacri contro i settori non sunniti della popolazione e contro le donne; azione che nei confronti degli yazidi si configura come un genocidio.
La responsabilità ultima di tale situazione è dell' imperialismo internazionale, in primo luogo quello USA, ma anche i suoi alleati minori, incluso l'imperialismo italiano, e del loro strumento politico internazionale, l'Onu.
L' imperialismo, con una politica al contempo sanguinaria e stupida, ha portato morte, distruzione, divisioni settarie tra i popoli dell' Irak, destabilizzando in maniera tragica quel paese e favorendo lo sviluppo di forze reazionarie estremiste.
Tra l'altro c'è da ricordare che se le schiere islamiste estremiste dello Stato Islamico, hanno massacrato migliaia di innocenti, il più grave massacro, a carattere di genocidio parziale del popolo iracheno, è quello realizzatosi negli anni '90, con la politica di sanzioni decretata -su incarico degli Usa e l'appoggio degli altri imperialismi, compreso quello italiano- dall'Onu; sanzioni che provocarono almeno 500.000 morti, in primo luogo bambini, anziani e donne. Per questo se un domani ci fosse un tribunale internazionale dei popoli, accanto al neo "califfo"Al Baghadi dovrebbero trovarsi sul banco degli imputati come terroristi e massacratori anche Bill Clinton, George Bush, l'allora segretario dell'Onu Kofi Annan e molti altri dirigenti "democratici" dei diversi imperialismi.
Per il ruolo generale svolto dall'imperialismo e ricordando anche le sanzioni genocide dell'Onu siamo assolutamente contrari all'intervento militare dell'imperialismo, anche se questo affrettasse la vittoria sulle forze dello Stato Islamico. Sarebbe un intervento che rafforzerebbe i colpevoli stessi della presente situazione. Spetta solo ai popoli arabo dell'Irak e al popolo Kurdo nel suo complesso, nella prospettiva della sua autodeterminazione e unità, combattere e vincere lo Stato Islamico
Diverso invece è l'essere favorevoli ad auspicare l'invio,da qualunque parte provengano, di aiuti ed armi a chi si trova in prima fila nello scontro con gli islamisti reazionari.
I marxisti rivoluzionari non sono infatti dei pacifisti illusi o falsi. A chi sostiene che bisogna inviare solo aiuti umanitari, ricordiamo che i miliziani dello Stato Islamico hanno rinunciato a inseguire e massacrare decine se non centinaia di migliaia di yazidi in fuga sulle montagne al confine tra l'Iraq e la Siria, non per che essi avessero cibo e acqua ( di cui tra l'altro mancavano drammaticamente) ma perchè hanno scelto di non affrontare i pur modesti ( rispetto al loro armamento) kalasnikov dei miliziani Kurdi, in particolare del Partito democratico del Rajova ( kurdistan siriano).
Quanto alla sinistra riformista o a chi ha posizione analoghe, noi li chiamiamo pacifinti, perchè quando erano al governo, hanno approvato, senza alcuna obbiezione, i bombardamenti dell'Afghanistan, la permanenza delle truppe italiane in Iraq, e le altre missioni militari imperialiste. E, del resto ancora oggi, quando l'essere, con dispiacere, fuori dal governo borghese, gli permette di usare la retorica pacifista, dietro questa, alla fine, c'è sempre l'appello all'intervento dell'imperialismo o dei suoi strumenti. Così Sel ha chiarito che è per l'intervento di "forze di interposizione"dell' Onu. Così in un articolo del Manifesto del 21 agosto si afferma, forse retoricamente, ma testualmente: "Dunque, se è "indispensabile" fermare l'Isil, perché non ci pensano francesi, inglesi e statunitensi a fermarla con le loro truppe[.....]?".
Certo per noi l' invio di armi non deve raggiungere indistintamente tutti coloro che si scontrano con lo stato Islamico. Non sosteniamo quindi che vadano alle forze del governo di Bagdad o alle milizie sciite. Il governo del neo dimesso premier Al-Maliki, certo strumento del imperialismo, ma soprattutto uomo legato al regime teocratico iraniano, ha rappresentato un regime borghese settario sciita, in particolare nei confronti della minoranza sunnita della popolazione. E' questa politica di settarismo religioso che, in congiunzione e a seguito della repressioni da parte delle forze militari imperialiste contro la resistenza irakena, prevalentemente sunnita, che ha provocato il fatto che lo Stato Islamico abbia trovato il sostegno di larga parte della popolazione sunnita del nord e centro Iraq. Nulla indica, nonostante le pressioni imperialiste, che il nuovo governo possa e voglia cambiare nulla di sostanziale in tale situazione. Del resto per l' esercito ufficiale del regime il problema principale non è l' armamento, di cui è stato rifornito in maniera relativamente significativa dall'imperialismo, ma la mancanza di morale e coraggio.
Invece l'armamento è questione fondamentale per i combattenti kurdi, perchè anche i peshmerga, contrariamente alle affermazioni passate di vari stalinisti campisti e pacifisti piccolo borghesi, sono stati pochissimo o nulla riforniti di armamento moderno da parte della Nato e dispongono solo di armi obsolete , in gran parte di vecchia produzione russa, derivanti principalmente dai vecchi arsenali dell'esercito di Saddam Hussein. Per questo oggi sono in difficoltà nei confronti delle forze dello Stato Islamico, meglio armate e con armamenti più moderni.
E queste armi devono giungere direttamente alle forze militari kurde, e a tutte esse, non solo quindi ai peshmerga, ma anche ai/lle combattenti del Partito Democratico del Rajova ( kurdistan siriano) , e a quelli del Partito dei Lavoratori Kurdi ( PKK), di cui tra l'altro il PD del Rajova è una filiazione.
Su queste basi, se fosse stato presente, esistendo una legge elettorale proporzionale, nelle commissioni parlamentari, il Pcl si sarebbe contrapposto con una propria mozione a quelle del governo, ma anche a quelle di Mov 5 stelle e di Sel.
Questo essere incondizionatamente favorevoli all'armamento delle forze kurde non significa però essere sostenitori delle loro direzioni politiche. Non del governo del kurdistan irakeno e dei partiti che lo compongono, filoimperialisti. Non del PKK e del PD del Rajova, tra loro strettamente uniti, che, pur richiamandosi alla sinistra e al movimento operaio, sono organizzazioni nazionalstaliniste, che non si pongono, in realtà, nessuna prospettiva socialista.
E ciò che invece appare sempre più evidente e che solo una prospettiva socialista, in un processo di rivoluzione permanente, è la soluzione possibile per liberare l'Iraq, il Kurdistan e l'intero Medio Oriente dall'imperialismo, dal sionismo, dal settarismo confessionale e dalle varie forze politiche reazionarie, proimperialiste o fondamentaliste che dominano la regione.
Ed è per questo che la vera prospettiva che l'avanguardia operaia e intellettuale deve porsi è la costruzione di partiti marxisti rivoluzionari radicati in un proletariato presente, ma che, in generale, è poco riuscito ad esprimere la propria presenza autonoma, in lotta per il trionfo di governi dei lavoratori in tutti gli stati della regione.
Una prospettiva socialista che implica una unità araba, laica e socialista, che trascenda i confini fittizi creati da Francia e Gran Bretagna, in particolare alla fine del primo conflitto mondiale.
Una prospettiva socialista che implichi la realizzazione del sogno per cui il popolo kurdo ha tanto lottato per quasi un secolo, cioè quello di un Kurdistan unito e indipendente, contro ogni sciovinismo turco, arabo e iraniano.
Una prospettiva, infine, che non può trovare il suo completamento, e finalmente la libertà dall'oppressione nazionale, religiosa e sociale di tutto la grande regione del nord africa e dell'Asia occidentale, che in una Federazione Socialista del Medio Oriente.

SEGRETERIA NAZIONALE
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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