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È morto Alessandro Mazzone

6 Giugno 2012


Il ricordo delle sue movimentate lezioni nella Cuba semiassediata del 1963, con gli universitari-barbudos armati fino ai denti e pronti a scappare al segnale di allarme, continuava ad emozionarlo quanto quello dei suoi viaggi giovanili da Monaco a Roma per venire a confrontarsi, lui ancora studente, con il nume Della Volpe. Erano, queste, non semplicemente commosse rievocazioni personali di una vita pensata e, appunto, rievocata, ma testimonianze di vicissitudini, azioni e relazioni che costituivano la trama fitta e ricca di un Gelebtes Denken, di un “pensiero vissuto”, per dirla con Lukàcs, uno dei suoi pensatori di riferimento.
L’esistenza e l’impegno di Alessandro Mazzone, scomparso la settimana scorsa all’età di ottant’anni, erano principalmente questo: memoria individuale e comunitaria dell’esperienza altrettanto individuale e comunitaria della lotta storica per la liberazione, per il comunismo.
Filosofo, eminente studioso di Hegel, della filosofia classica tedesca e soprattutto di Marx, della cui opera era considerato fra i massimi interpreti non solo nazionali. Fu tra i primi ad introdurre in Italia il dibattito sulla MEGA (Marx-Engels-GesamtAusgabe, l’edizione critica tedesca delle opere di Marx ed Engels). Il suo energico richiamo etico ed “antropologico”, di cui innervava lukaccianamente il suo lavoro, lo rese sempre avulso dai germi pestiferi dello stalinismo teorico, prima che politico. Ma Alessandro Mazzone era prima di tutto un compagno; un compagno combattente, il cui appassionato senso della militanza non era meno intenso della sua rigorosissima e severa attività di studioso.
“Dinanzi a te passano gli anni dei popoli”, scriveva Hölderlin celebrando Rousseau. Che dinanzi all’esempio del compagno Alessandro Mazzone possano passare gli anni dei rivoluzionari a venire.

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