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Lettera aperta a Giorgio Cremaschi e a Pierpaolo Leonardi sulla crisi dell’Alcoa di Portovesme

11 Gennaio 2012

Lettera aperta a Giorgio Cremaschi e a Pierpaolo Leonardi sulla crisi dell’Alcoa di Portovesme

Occuppare la fabbrica, cacciare i dirigenti e porla sotto il controllo operaio
La multinazionale statunitense Alcoa ha deciso di chiudere la fabbrica di Portovesme (sud Sardegna). La fabbrica occupa circa 800 lavoratori. A questo attacco padronale sono sottoposti anche i lavoratori spagnoli delle fabbriche di La Coruna e di Aviles (Stato spagnolo) e i lavoratori statunitensi di una fonderia in Tennessee e di due linee produttive a Rockdale in Texas. L’Alcoa nonè nuova a piani di ristrutturazione del genere, nel gennaio del 2009 la direzione della multinazionale, a Pittsburg, varò un piano di licenziamenti per 15.000 lavoratori, pari, allora, al 14, 5% del totala della forza lavoro. Anche allora nel mirino c’erano i lavoratori di Portovesme. Furono le lotte dei lavoratori a bloccare la chiusura della fabbrica. Un accordo con l’UE che riduceva le tariffe energetiche sino alla fine del 2012. Molte cose sono cambiate da allora. Allora si pensava che la crisi del debito pubblico in Grecia fosse un caso particolare, tale da non coinvolgere tutta l’Unione Europea. Oggi le masse lavoratrici, italiane sotto i colpi del governo Monti e del direttorio di Bruxelles, hanno appreso che la crisi del debito pubblico riguarda il centro dell’Unione e che l’aristocrazia finanziaria europea presenta il conto alla classe lavoratrice dell’UE, che significa una regressione storica di un secolo e la riduzione del lavoro in servitù. L’unico intervento pubblico dello stato borghese è quello per mantenere a galla banchieri e padroni, che nella crisi si arrichiscono. Nel caso dell’Alcoa non troviamo di fronte ci sono aziende, come ha sostenuto Camusso “che vanno in crisi per la sbornia della finanza, dell'acquisizione della ricchezza a breve. Indifferentemente da quel che succede al lavoro”. La crisi dell’Alcoa è quella tipica delle crisi di sovraproduzione. Camusso dice che bisogna “salvare il prodotto”. Ma a Camusso, data l’assenza non solo di una concezione teorica classista, ma, soprattutto dell’odio di classe, basta qualche frase ad effetto di Napolitano, di Monti e di Marcegaglia per rimetterla in riga. Nel Sulcis-Iglesiente era venuta qualche anno fa per riportare i lavoratori alla disciplina della burocrazia. Non dobbiamo permettere che si ripetano le stesse cose.
Perciò le forze classiste del movimento operaio, quali la Rete 28aprile e l’Unione Sindacale di base, devono intervenire unitariamente a sostenere l’occupazione della fabbrica di Portovesme ed il controllo operaio. In Sardegna la classe operaia non è isolata dal rewsto della popolazione. Un anno fa operai dell’Alcoa e dell’Euroallumina manifestarono a Cagliari insieme ai pastori. I lavoratori sardi sono capaci di passare tra le fiamme dell’inferno se ci vedono la condizione della vittoria. Allora compagno Leonardi e compagno Cremaschi è il momento di sostenere insieme l’occupazione della fabbrica ed il controllo operaio per far vincere i lavoratori di Portovesme e per far diventare questa lotta il detonatore per l’esplosione di una rivolta di tutto il popolo sardo contro l’oppressione capitalista.

Coordinamento sardo del Partito Comunista dei Lavoratori per la IV Internazionale

Coordinamento sardo del Partito Comunista dei Lavoratori per la IV Internazionale

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