Appuntamenti

Sabato, 25 Gennaio 2020 alle ore 11:30 - Piazza Castello Torino

Presidio contro la guerra


Sabato 25 gennaio, a partire dalle ore 15:30 in Piazza Castello, il Partito Comunista dei Lavoratori parteciperà al presidio contro la guerra imperialista che gli Stati Uniti di D. Trump provano a innescare con l’attentato terroristico al generale delle forze speciali iraniane Qasem Soleimani, barbaramente assassinato in Iraq da un drone dell’ambasciata statunitense all’Aeroporto Internazionale di Baghdad il 3 gennaio.
Insieme alle organizzazioni che hanno aderito al coordinamento unitario delle sinistre di opposizione inaugurato il 7 dicembre a Roma con l’assemblea fondativa al Teatro de’ Servi, il PCL, tra i promotori del coordinamento con Partito Comunista Italiano e Sinistra Anticapitalista, avvia la prima di una lunga serie di interconnesse campagne nazionali contro il governo, partendo da una delle priorità che si fa drammaticamente cogente oggi: l’antimperialismo e la pace tra le nazioni.
Come abbiamo esaustivamente esplicato nelle analisi sui nostri giornali e nei nostri interventi per le piazze, schierarsi contro l’aggressione imperialistica (l’ennesima!) degli Stati Uniti contro il governo iraniano, persino contro la faccia più sporca di quel governo, non significa in nessun senso parteggiare per quel governo. Un governo teocratico, un governo oscurantista, un governo oligarchico, aristocratico e ultracapitalista, un governo antidemocratico e perciò anticomunista e antioperaio. Inevitabilmente un governo a sua volta imperialistico, come dimostra la necessità stessa delle funzioni politiche e militari del generale Soleimani.
Significa all’opposto riaffermare che il diritto di cacciare una casta tirannica e di sopprimere la classe sfruttatrice che essa garantisce, spetta solo a chi ne è schiacciato, ai ceti subalterni, alla classe operaia, al proletariato.
La retorica a stelle e strisce, logicamente spalleggiata dai convitati internazionali al gran banchetto imperialistico delle laute pietanze che si scoperchiano ai vincitori di una guerra (quelli italiani in prima fila), contrabbanda la fola nauseabonda, ossimorica fin nelle definizioni, dell’ “esportazione di democrazia” e delle “missioni di pace”. E dove non bastasse la ragione, si è catastroficamente incaricata la Storia di dimostrare che non è sotto i tuoni dei caccia e le piogge di missili che il popolo oppresso rinasce a nuova vita; non è tra le macerie di case, ospedali, scuole e mezzi di produzione che il popolo vessato trova la felicità; non è in mezzo al marasma di forze ultrareazionarie foraggiate e sprigionate dai “liberatori” che il popolo conquista la sua pace. Non è, in definitiva, sotto il tallone di un nuovo e più forte padrone che il popolo sfruttato afferma la propria libertà, la propria democrazia, la propria civiltà.
Quando una potenza imperialistica porta la guerra, è solo per sostituire l'altrui potere col suo, disarmando ancora di più il proletariato, spogliato dagli effetti devastanti di un conflitto mondiale ed esposto, senza le difese che nessuno stato capitalistico gli offre, alle diverse forze reazionarie del paese, mercenari di comodo del "Carro vincitore" e in perenne trama per ripristinare una propria egemonia, scalando la diroccata china sociale, a definitivo danno della classe sottostante nel segno di olocausti epocali.
La sola via attraverso la quale il proletariato in lotta contro i suoi sfruttatori può conquistare potere, può guadagnare sempre più avanzati avamposti, può davvero vincere è la via della guerra civile, della lotta di classe, del conflitto tra oppressi e oppressori. Anche questo, la Storia lo ha insegnato.

Dove si dà conflitto sociale, ciò che uno Stato esterno realmente democratico dovrebbe fare è fornire le armi ai rivoluzionari. Nessuno Stato borghese, nessuna Costituzione democratica solo nella carta, lo ha mai fatto.
E non accade oggi per le proteste popolari contro il regime in Iran, in Siria, in Libano, in Sudan, in Ecuador, in Algeria.
In Europa dell’Est, in Africa, in Medio Oriente, le truppe europee e nordamericane, non sono lì per portare la pace, ma per tutelare gli interessi economici delle proprie imprese.

Di particolare enormità è il fatto che questa volta gli aggressori non sentano nemmeno il bisogno di mascherare il proprio delitto con pretesti "democratici". Il popolo iraniano ha subìto a novembre 1.500 perdite, uomini, donne e bambini uccisi in piazza dalle forze dell'ordine del regime perché chiedevano democrazia e pane. Ma a questi morti, il presidente degli USA non fa menzione. La partita è scopertamente per aree di influenza e per tornaconti capitalistici. Sprezzo padronale per ogni contraddittorio che dà la cifra dei tempi.
Occorre invertire la rotta in tutti i sensi.

La recessione e la caduta del saggio di profitto, la sete di denaro dei pesceani di tutti i continenti non si riavrà sul sangue degli ultimi!

NO ALLA GUERRA!
DRASTICA RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI!
RITIRO IMMEDIATO DI TUTTE LE TRUPPE ITALIANE ALL’ESTERO!
CHIUSURA DELLA BASI MILITARI AMERICANE SUL TERRITORIO ITALIANO!
FUORI L’ITALIA DALLA NATO E LA NATO DALL’ITALIA!


Partiti, sindacati, associazioni, movimenti e circoli culturali, sono tutti invitati a partecipare.

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