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Contro il ddl Pillon e le politiche reazionarie del governo!

Il 10 novembre mobilitiamoci nelle piazze per il No a Pillon

10 Novembre 2018
pillon


In questo ultimo anno la destra cattolica e quella fascista si sono fatte molto più spavalde, e certamente l'insediamento del nuovo governo Salvini-Di Maio si è rivelato per loro un terreno proficuo per fare affari d'oro sulla pelle delle donne.
Solo nelle ultime settimane a Verona la giunta leghista, con i voti anche della capogruppo del PD, ha approvato una delibera in cui si dichiara Verona “città a favore della vita” e si promuovono fondi da destinare ad associazioni cattoliche antiabortiste. La stessa operazione è stata tentata sia a Milano che a Roma, dove tra l'altro la giunta grillina guidata da Virginia Raggi sta portando avanti da più di un anno una guerra senza quartiere ai centri antiviolenza, ai consultori e alle case delle donne.
Lo stesso neoministro leghista della “famiglia e disabilità” Lorenzo Fontana è attivo insieme ai fascisti di Forza Nuova nel Comitato No 194, che ha l'evidente obiettivo di abolire attraverso un referendum la legge 194, e di ottenere l'applicazione di condanne fino agli 8 anni di carcere sia per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza che per i medici che la praticano.
Dal canto suo Papa Francesco, da vero galantuomo compassionevole qual è, per mostrare la riconoscenza della Chiesa cattolica per la piega assunta dai partiti di governo, ha pensato bene di dire che abortire è come assoldare un sicario.

Il nuovo governo non si limita però solo a discriminare o togliere autonomia alle donne nelle scelte che riguardano la propria salute sessuale, ma attacca anche il loro legittimo diritto all'autodeterminazione in senso più ampio.
Il governo Salvini-Di Maio, espressione più autentica della piccola e media borghesia bigotta e rancorosa, ha fatto della difesa della proprietà privata in tutte le sfere della società il suo principale asse politico. In questo senso, la torsione familista in chiave nazionalpopolare e patriarcale è il principio alla base della recente proposta di legge in materia di separazione, divorzio e affido dei minori promossa dal leghista Simone Pillon, fondatore del Family Day.
Il ddl Pillon infatti, perseguendo un astratto principio di “equiparazione” dei compiti genitoriali, introduce alcune proposte irrazionali e discriminatorie sia per le donne che per i minori. Innanzitutto obbliga i coniugi con figli che avviano il percorso di separazione a ricorrere obbligatoriamente e a proprie spese a un “mediatore familiare”, una figura pseudoprofessionale molto nebulosa di cui non si capiscono quali sarebbero i compiti e le competenze. Già solo questo primo aspetto mette in evidenza la natura classista di questa riforma, poiché i soggetti economicamente deboli non sarebbero in grado di coprire le spese del “mediatore”. Inoltre, la mediazione obbligatoria non tutela in alcun modo le donne che scappano da una situazione di abuso domestico, anzi le espone ulteriormente alla violenza dei partner.
Il ddl Pillon inoltre prevede la cancellazione degli assegni familiari e introduce il mantenimento diretto dei figli, non tenendo nuovamente conto del fatto che la disparità economica fra uomini e donne è un fatto reale, e che si è ulteriormente acuito in dieci anni di crisi economica.
Questo disegno di legge inoltre è controverso e problematico anche dal punto di vista dei minori, poiché concepisce i figli come “proprietà”, oggetti e non soggetti di diritto, beni materiali da spartire equamente fra i genitori. Infatti il concetto di bigenitorialità e la doppia domiciliazione ledono il diritto dei minori alla stabilità, alla continuità, e all’espressione delle loro esigenze e volontà, riportando la genitorialità all'idea di potestà sui figli anziché a quella di responsabilità.
Infine, se viene introdotto il concetto di alienazione parentale, il minore perde di fatto il diritto di esprimersi in merito al proprio benessere e alla propria autodeterminazione e tutela; così se viene manifestato il rifiuto palese a vedere o vivere con uno dei due genitori da parte del figlio, per Pillon ciò è avvenuto poiché c'è stata manipolazione del minore da parte dell'altro genitore, e la legge interviene invertendo il domicilio e il figlio viene obbligato a trasferirsi proprio in casa del genitore che ha rifiutato di vedere. Sembra inequivocabilmente che il ddl Pillon voglia castigare le donne che vogliono abbandonare i (tanti) mariti violenti, o comunque scoraggiarle dal desiderio di iniziare una nuova vita, rendendo l'esperienza della separazione e del divorzio macchinosa, economicamente dispendiosa e dolorosa.

Questa idea reazionaria di figli come “proprietà” non si manifesta solo nella legislazione in materia familiare.
Proprio Pillon, lo scorso marzo, aveva attaccato pubblicamente alcune iniziative didattiche promosse nelle scuole di Brescia, additandole come stregoneria: «Nelle scuole della mia Brescia, dopo il Gender, sono arrivati a imporre la stregoneria, ovviamente all'insaputa dei genitori» (1).
Anche Radio Maria e la stampa cattolica avevano sguaiatamente sostenuto e rilanciato le preoccupazioni di Pillon. In realtà con “stregoneria” veniva additato un normalissimo progetto interculturale promosso dalla biblioteca civica e finanziato dal comune, in cui venivano raccontate fiabe e racconti dal mondo.
Ma l'aspetto più significativo e simbolicamente violento di questa vicenda è contenuto in un passaggio dell'intervento del senatore leghista che è stato di fatto ignorato dai media ma che è emblematico della sua cultura della proprietà privata dei figli: «Appena insediato farò un'interrogazione parlamentare su questa vergognosa vicenda, perché è la Costituzione a garantire il diritto dei genitori, e solo dei genitori, a educare i figli». Al di là dei toni macchiettistici, il principio per cui bisogna garantire il "diritto dei genitori, e solo dei genitori, a educare i propri figli" è estremamente reazionario e perfettamente in linea con il progetto di smantellamento della scuola pubblica che da ormai vent'anni viene portato avanti. Se è solo un diritto dei genitori l'educazione dei figli, come possiamo porci nei confronti di quelle famiglie che ad esempio segregano in casa la figlia adolescente perché non accettano il fatto che sia lesbica? (2)

Dunque, dopo anni di denunce e battaglie del movimento femminista per far emergere la realtà della violenza domestica e dopo altrettante mobilitazioni portate avanti per costruire gli strumenti di difesa e di autonomia delle donne e dei minori, è evidente che la politica del governo giallo-verde è quella di spazzare via le conquiste del movimento delle donne e di far tornare a essere la violenza maschile sulle donne e sui figli “un affare privato”, di cui non si deve parlare, non si deve sapere, e che comunque non può divenire un “pretesto” per mettere in discussione l'istituto familiare e la subalternità femminile alla famiglia.
Infatti, mentre si tagliano milioni di euro alla scuola pubblica, alla sanità e allo stato sociale in generale per poter finanziare la detassazione dei padroni e coprire il debito delle banche, la “manovra del popolo” prevede che alle famiglie che generano il terzo figlio venga regalato un pezzo di terra. È evidentemente un ritorno grottesco al premio di maternità di stampo fascista, orpello ideologico al fatto che è proprio la donna in ultima istanza a essere chiamata – e costretta – a fare da supplente di quel welfare pubblico che lo Stato non intende più garantire. La famiglia viene messa – per lo meno ideologicamente – al di sopra di tutto, soprattutto della libertà e del benessere delle donne e dei figli.





(1) http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/03/14/news/dopo-il-gender-e-allarme-streghe-la-battaglia-del-neosenatore-leghista-nelle-scuole-1.319535 .

(2) http://www.today.it/citta/ragazza-17-anni-lesbica-segregata-casa-roma-gay-center.html .

Chiara Mazzanti

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