Dalla tragedia alla farsa. Lo stalinismo ieri e oggi

Cos'è la verità per Marco Rizzo?

Dalla tragedia alla farsa

22 Settembre 2018

La ricostruzione rizziana della storia della rivoluzione d'Ottobre e dell'URSS, degna di un tabloid da sala d'attesa, rimette in circolazione le più ridicole invenzioni borghesi di sempre

rizzostalin


“URSS, a cento anni dalla rivoluzione sovietica i perché della sua caduta” titola il libro scritto da Marco Rizzo in occasione del centenario dell'Ottobre. Sorvoleremmo volentieri sull'argomentazione d'insieme, il cui profilo teorico è talmente modesto, diciamo così, da risultare francamente imbarazzante. Ma l'autore ha sentito il bisogno di dedicare ai trotskisti il capitolo d'apertura ("Critiche all'Urss, il filone trotskista"). E qui la nostra attenzione è obbligata.

Le prime tre paginette del capitolo si concentrano attorno all'analisi di Trotsky sulla natura sociale dell'URSS staliniana. La superficialità e l'approssimazione sono sconcertanti. Lo sarebbero persino se si trattasse di un commento facebook, tanto più se si tratta di un libro. La burocrazia sovietica sarebbe descritta da Trotsky come «una categoria di persone, individuata da tratti sociologici, se non addirittura psicologici». Da qui il sarcasmo sprezzante dell'autore. Eppure basterebbe sfogliare (se leggere fosse troppo) La rivoluzione tradita di Trotsky (1936) per sapere che l'analisi marxista della casta burocratica si sofferma lungamente sulle sue basi materiali, sulla dinamica della sua formazione sociale, sulle contraddizioni d'interessi che l'attraversano: ciò che oltretutto consente a Trotsky la previsione storica di una possibile restaurazione capitalistica per mano della burocrazia stessa. Ma a Marco Rizzo tutto questo non interessa, forse perché gli sembra troppo complicato o forse perché non serve alle esigenze della propaganda. A lui interessa piuttosto affermare che «la teoria trotskiana della casta burocratica... smaschera in pieno l'avversione personale del suo autore al gruppo dirigente sovietico, che l'aveva messo in esigua minoranza con una linea politica giusta e precisa». Insomma, tutta questione di invidia personale tra dirigenti, proprio come affermano innumerevoli pennivendoli borghesi quando straparlano di Stalin e di Trotsky e delle vicende dell'URSS. Rizzo si accoda, da buon ultimo, a questa variopinta congrega.

Ma sin qui siamo, per così dire, ai piani alti del pensiero di Rizzo. Il problema serio è quando si scende nello scantinato. Il capitolo sui trotskisti si conclude così:

«Vorremmo ricordare che l'eliminazione di Trotsky nel 1940 in Messico da parte sovietica avvenne perché, da esule, aveva da tempo consumato ogni rapporto con la patria del socialismo ed aveva rapporti diretti con la Germania nazista per favorire un golpe interno all'URSS. Nessuno ricorda le numerose visite all'Ambasciata tedesca in quel paese, che si occupava indirettamente ma per intero della numerosa scorta che rendeva Trotsky ultraprotetto e assolutamente inavvicinabile.»
Testuale.

Trotsky agente di Hitler? Se fossimo cinici quanto l'autore del libro, potremmo ridere della grottesca falsità di questa abusata calunnia, e smontare una per una le sue parole. Non solo perché l'”esule” Trotsky e la Quarta Internazionale difendevano incondizionatamente l'URSS dall'aggressione imperialista, nonostante Stalin. Non solo perché Trotsky aveva denunciato a suo tempo la politica staliniana del "terzo periodo" (quella del “fascismo e socialdemocrazia sono gemelli”) proprio in quanto responsabile della vittoria nazista in Germania. Non solo perché Trotsky e i trotskisti si schierarono in prima fila contro Franco nella guerra di Spagna, denunciando al contempo quella politica di fronte popolare contro la rivoluzione spagnola che al franchismo avrebbe aperto la strada. Ma per una ragione più semplice, che forse a Rizzo è sfuggita: era Stalin ad aver stretto un patto con Hitler tra il 1939 e il 1941. Ad aver concordato con Hitler la spartizione della Polonia. A rifornire di petrolio le armate naziste nei primi due anni di guerra. A consegnare ai nazisti in segno di amicizia centinaia di comunisti tedeschi esuli a Mosca.
Quando il piccone dei sicari di Stalin si abbatté sulla testa di Trotsky, il Patto tra Hitler e Stalin era nel pieno delle sue funzioni. Altro che “le visite di Trotsky all'Ambasciata tedesca" (!!!???), oltretutto materialmente impossibili, come persino un imbecille potrebbe capire.
Era Molotov, per conto di Stalin, a incontrarsi pubblicamente con Von Ribbentrop, a Mosca e a Berlino. Era Stalin a brindare a Mosca con l'ambasciatore tedesco dopo la stipula del patto con Hitler (“So quanto il popolo tedesco ama il suo Führer. Per questo vorrei bere alla sua salute”, Stalin, 1940). Era il Partito Comunista Francese a recarsi nel 1940 presso i comandi della Wehrmacht nella Parigi occupata dai nazisti per offrire la propria collaborazione ai tedeschi in quanto “alleati dell'URSS”.
Trotsky denunciava al mondo questa politica criminale, prevedendo che avrebbe spianato la strada all'aggressione nazista dell'URSS, nelle condizioni peggiori per l'URSS. Tanto più dopo lo sterminio dei vertici dell'Armata rossa da parte di Stalin nelle purghe del 1937-'38. Il fatto che poi l'eroica resistenza del popolo sovietico abbia salvato l'URSS sconfiggendo i nazisti non rimuove affatto le responsabilità dello stalinismo.

Ma noi non siamo cinici, e non ridiamo delle sciocchezze di Rizzo. Perché non sono (solo) sciocchezze. La calunnia che Rizzo ricicla pari pari dagli archivi della GPU ha avuto un ruolo tragico nella storia del movimento operaio, nell'URSS e nel mondo intero. Non ha armato solamente il piccone di Mercader contro Trotsky, e già prima di lui contro i suoi figli. Ha armato lo sterminio dell'intera generazione bolscevica della rivoluzione d'Ottobre. Centinaia di migliaia di comunisti assassinati, torturati, relegati nei gulag, per tutelare il potere e gli interessi di un apparato burocratico che aveva rinnegato uno per uno tutti i principi leninisti. A partire da quello della democrazia sovietica, della libertà interna al bolscevismo, dell'internazionalismo proletario.

Non si può ricostruire una prospettiva di liberazione dal capitalismo se non opponendosi alla menzogna dello stalinismo. Tanto più se quella menzogna diventa uno strumento di indottrinamento di giovani comunisti che cercano sinceramente a modo loro la via della rivoluzione e dell'Ottobre.

Per questo facciamo a Marco Rizzo una proposta semplice: se ha avuto il coraggio di scrivere che Trotsky era agente di Hitler, avrà sicuramente il coraggio di un aperto confronto in una pubblica sede con un dirigente del nostro partito sulla vicenda dell'URSS, magari in presenza di una platea di giovani compagni e compagne di entrambi i partiti. In fondo occorre per questo un coraggio incomparabilmente minore.

Partito Comunista dei Lavoratori

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