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La lotta dei braccianti immigrati

Assumere le rivendicazioni degli immigrati come parte di una piattaforma di mobilitazione!

13 Agosto 2018
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La morte di sedici lavoratori immigrati nelle campagne di Foggia ha alzato il coperchio sullo sfruttamento di centinaia di migliaia di proletari nelle campagne italiane. Proletari per di più di colore, spesso privati del permesso di soggiorno, obbligati a piegare la schiena sino a 12 ore al giorno al prezzo di due euro all'ora, ammassati in baraccopoli fatiscenti senza acqua e senza servizi, costretti a pagare il pizzo ai caporali che li reclutano e li trasportano sul luogo di lavoro, e nel caso delle donne persino favori sessuali.
Un'infamia.

Un'infamia non meno grande è il circo dell'ipocrisia che si è levato sul “caso”.
Lo stesso ministro degli Interni che vuole cacciare 500.000 “clandestini” recita improvvisamente il proprio “disgusto” per la condizione loro imposta dalle... proprie leggi (Bossi-Fini), quelle che Salvini vuole non solo preservare ma inasprire.
Il PD trova il coraggio di vantare la legge sul caporalato dell'ex ministro Martina, che come i fatti dimostrano vale zero.
I prefetti annunciano per l'ennesima volta i “severi controlli” dello Stato, in realtà inesistenti e in ogni caso pura foglia di fico dell'omertà istituzionale.
La verità è che tutti gli amministratori della società borghese e del suo Stato - passati e presenti - sono complici consapevoli del supersfruttamento nelle campagne. Tutti conoscono la condizione quotidiana dei braccianti, altro che clandestinità! Tutti sanno che le aziende della grande distribuzione alimentare e le imprese di trasformazione impongono prezzi stracciati agli agricoltori, che a loro volta si rifanno sui braccianti. Le doppie aste al massimo ribasso, improvvisamente scoperte dalla grande stampa, sono pratica corrente da almeno dieci anni. Le condizioni di schiavitù dei salariati di colore (e non) sono solo la base d'appoggio di questa piramide sociale che fa capo al grande capitale. Quello che tutti i governi, nazionali e locali, tutelano quotidianamente e da sempre. La competitività del made in Italy in campo alimentare non è forse il fiore all'occhiello dell'attuale governo sovranista?

Ma la vicenda di Foggia, come già di Rosarno, dimostra che gli sfruttati si possono ribellare e organizzare. Gli scioperi e le manifestazioni che hanno visto sfilare migliaia di braccianti immigrati confermano che la questione dell'immigrazione non è solo un terreno di scontro culturale tra razzismo e solidarietà, come vorrebbe l'opinione borghese progressista. Può e deve essere anche terreno di lotta e autorganizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici direttamente coinvolti e in contrapposizione frontale ai padroni e al governo. Può e deve essere anche terreno di mobilitazione generale del movimento operaio su scala nazionale (e internazionale) attorno a rivendicazioni di rottura.

La parola d'ordine del permesso di soggiorno per tutti i lavoratori migranti - centrale nelle lotte in corso - deve diventare una parola d'ordine dell'intero movimento operaio e sindacale: a pari lavoro, pari diritti; piena tutela contrattuale per tutti; requisizione immediata e senza indennizzo delle proprietà di chi usa il caporalato; reato penale per lo sfruttamento del lavoro nero. Il controllo sul territorio non può essere affidato a ispettori della Stato e prefetture, ma a comitati dei braccianti: sono loro a conoscere chi li sfrutta, sono loro che possono denunciare ciò che avviene. Così va avanzata la rivendicazione dell'esproprio sotto il controllo dei lavoratori della grande produzione e distribuzione alimentare, l'unica misura che può troncare alla radice la catena dello sfruttamento e il caporalato di ogni natura. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, che rompa con il capitalismo, potrà realizzare queste misure elementari.

In ogni caso, non c'è ripresa di una opposizione di classe e di massa senza coinvolgere l'organizzazione di classe dei proletari immigrati, senza assumere le rivendicazioni di classe degli immigrati come parte di una piattaforma generale di mobilitazione.
Il PCL porterà questa istanza elementare in tutte le manifestazioni antirazziste, in contrapposizione al governo Salvini-Di Maio, e alla passività della burocrazia sindacale.

Partito Comunista dei Lavoratori

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