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Sergio Marchionne, eroe borghese

24 Luglio 2018
marchionne


Impressiona vedere in queste ore la commozione lirica della stampa padronale e dei media nel compiangere l'amministratore delegato di FCA, magnificarne la memoria, esaltarne le gesta. Uno slancio retorico e fluviale persino imbarazzante nella sua uniformità. Marchionne è il nuovo eroe dei due mondi finalmente ritrovato, bandiera dell'orgoglio nazionale, sintesi di patriottismo e internazionalismo (...del capitale). Nessuna critica è “moralmente” consentita, neppure la più inoffensiva. Tutta l'Italia è tenuta ad onorare il capitano d'impresa morente. Ogni voce fuori dal coro diventa tradimento patrio.

C'è, in questa cantica di regime, il segno di una ipocrisia rivoltante. L'unica vittoria che Sergio Marchionne ha assicurato riguarda il portafoglio degli azionisti FIAT. Sede legale della FIAT ad Amsterdam, sede fiscale a Londra, propria residenza personale in Svizzera, per pagare meno tasse possibili. Fusione con la Chrysler in bancarotta grazie alle risorse pubbliche garantite da Obama (garanzia pubblica dei prestiti ottenuti), al saccheggio di fondi pensione e sanitari dei lavoratori americani, al drastico taglio del loro salario, al blocco per cinque anni del loro diritto allo sciopero (con il sindacato UAW complice). Risanamento del debito aziendale della famiglia Agnelli, grazie a chiusure di stabilimenti, falcidie dei posti di lavoro, cancellazione dei diritti sindacali individuali e collettivi.
Il miracolo di Marchionne ha il segno della lotta di classe dal versante del capitale. Altro che interesse dell'impresa come interesse generale della società! La società ha pagato a peso d'oro il parassitismo degli azionisti.

Il caso italiano è emblematico. Il famoso Progetto Italia annunciato da Marchionne dieci anni fa, e lodato come sempre con squillo di fanfare da tutta la stampa nazionale, si è rivelato una clamorosa bufala. Invece che piena occupazione chiusura di fabbriche (a partire da Termini Imerese), una valanga di nuova cassa integrazione, un contratto aziendale separato che prevede più turni, taglia le pause, vieta lo sciopero, sbatte la FIOM fuori dai cancelli (salvo reintegro giudiziario) come mai era avvenuto, neppure negli anni '50. Il tutto con l'arma più odiosa del ricatto (o accettate la distruzione dei diritti o ce ne andiamo) e con il ripristino dei famigerati reparti confino (Nola) per gli operai recalcitranti. Il perché di tutto questo l'ha confessato candidamente Marchionne: “occorre uniformare il contratto dei lavoratori italiani al contratto dei lavoratori americani”. Lo stesso che Marchionne aveva peraltro abbattuto.

L'intero padronato italiano, grazie alla complicità sindacale, è entrato successivamente nel varco aperto da Marchionne, generalizzando la sua vittoria. «Si va avanti per traumi o per confronti. Marchionne scelse la prima via e noi invece siamo arrivati più tardi, l'approdo però è lo stesso», dichiara l'attuale Presidente di Confindustria (Corriere della Sera, 23 luglio). Proprio così.

Salvo aggiungere un piccolo dettaglio. Se Marchionne vinse, e se l'intera borghesia ha capitalizzato il suo sfondamento, ciò non è avvenuto per un destino cinico e baro, per una forza superiore e imbattibile. È avvenuto perché la classe operaia non ha avuto una direzione all'altezza del livello di quello scontro. La FIOM rifiutò di occupare Termini Imerese, e poi di unire in una lotta sola gli operai dei diversi stabilimenti della FIAT, votandosi alla sconfitta fabbrica per fabbrica in ordine sparso. Le burocrazie sindacali accettarono negli anni successivi proprio il modello imposto da Marchionne, firmando la capitolazione al padronato. Landini ha concluso la propria carriera di segretario FIOM siglando il peggior contratto della storia dei metalmeccanici, assunto oggi a riferimento da Confindustria come paradigma dei contratti futuri.

La borghesia seppellisce Marchionne con tutti gli onori, salvo farlo quando è ancora in vita e a mercati chiusi per contenere i contraccolpi sulle azioni della Famiglia.
CGIL e FIOM tacciono pudicamente, perché non possono neppure rivendicare il vecchio disaccordo col padrone nel momento in cui si sono arresi.
Noi diciamo a voce alta, tanto più oggi, che la lotta per cancellare le vittorie di Marchionne è parte della lotta per la costruzione di un'altra direzione, sindacale e politica, del movimento operaio.

Partito Comunista dei Lavoratori

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