Dalle sezioni del PCL

L'autorganizzazione dei lavoratori portuali smaschera le menzogne dei padroni

11 maggio: sciopero dei marittimi e portuali

15 Maggio 2018
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L'11 maggio i lavoratori portuali e i marittimi di tutta Italia sono scesi in sciopero in seguito alla convocazione della mobilitazione da parte della FILT-CGIL, UIL-Trasporti e FIT-CISL.
I temi dello sciopero sono incentrati sulla richiesta del rispetto delle normative per l'utilizzo dell'autoproduzione – l'utilizzo dei marittimi nelle operazioni di carico e scarico al di fuori dei casi eccezionali al posto dei lavoratori portuali, senza l'adeguata formazione e con lo scopo di ridurre i costi per gli armatori, i terminalisti e le aziende - e sulla sensibilizzazione rispetto alla sicurezza sul lavoro, considerate le molte morti sul lavoro nei porti e l'enorme numero di incidenti che si registrano nel settore.

In questo scenario di mobilitazione di categoria spicca la presa di posizione del Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali di Genova, mettendo in mostra come l'autorganizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici, su basi conflittuali e autonome rispetto alle logiche concertative delle burocrazie, sia in grado in casi come questi di esprimere posizioni più coerenti e chiare rispetto alle esigenze dei lavoratori, in aperto contrasto con quelle dei padroni e delle multinazionali dello shipping.

Come dichiarato in diversi documenti e testi resi pubblici in diversi momenti dello scontro e della mobilitazione, i lavoratori del CALP hanno messo in mostra la capacità di comprendere le dinamiche della portualità e di saper elaborare piattaforme rivendicative ben più avanzate rispetto alle dirigenze sindacali, rivendicando, così come recitato in un testo del 9 aprile:

• L’adeguamento dell’orario settimanale di 32 ore a parità salariale
• Divieto dell’autoproduzione (navi, banchine, aree portuali)
• Normare l’automazione favorendo la diminuzione dei carichi di lavoro
• Formazione professionale adeguata e certificata per tutti coloro che operano nelle aree portuali
• Per una pianta dell’organico portuale
• Un concreto passo contro la precarietà per i neoassunti in tutto il porto
• L’inserimento del lavoro portuale nelle categorie di lavoro usuranti.
• Un contratto unico per tutti i lavoratori della “filiera” container.


Questa piattaforma rivendicativa, così come i documenti espressi dal CALP, mettono in mostra come sia chiaro ai lavoratori del settore che le trasformazioni che si stanno verificando nel proprio luogo di lavoro – automazione e robotizzazione in primis – continuino a far aumentare la produttività dei lavoratori e quindi il margine di profitto estrapolato dal lavoro da parte dei padroni; l'aumento dello sfruttamento attraverso orari sempre più flessibili, la pretesa di straordinari, salari inadeguati al costo della vita e al lavoro svolto, precarizzazione e estremo spezzettamento della classe lavoratrice nel tentativo di dividere e rendere sempre più difficile la possibilità di fronti comuni e unitari di lotta, favorendo la ricattabilità e la concorrenza al ribasso.
Infatti, a fronte di dati che non fanno che confermare l'aumento della produzione e delle merci movimentate nel porto di Genova nel 2017 – sia in termini di tonnellaggio assoluto (+8,5% in un anno per le rinfuse solide con oltre 70 milioni di tonnellate); sia in termini di container (+ 13,3% con 2,6 milioni di TEU in un anno, e +14,4% di merci containerizzate con 26 milioni di tonnellate); sia in termini di Ro-Ro (+ 14,5% con più di 13 milioni di tonnellate di merci su camion) – con una tendenza al continuo aumento anche per il 2018 (i primi mesi confermano un trend generale di +10% dei traffici, con un +18,2% dei TEU, +67,7% delle rinfuse solide e +9,2% le rotabili), i livelli occupazionali nei porti continuano a tentare di essere diminuiti, anche utilizzando lo sviluppo dell'automazione, si vuole sempre di più spingere all'utilizzo diretto dei marittimi nelle operazioni di carico-scarico (autoproduzione) e si tende al risparmio sulla sicurezza e all'aumento del lavoro precario.

Non possiamo che sostenere, quindi, la piattaforma promossa dal CALP e la loro battaglia affinché quella piattaforma possa essere generalizzata, nella logica di imporre la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario; di contrastare ed eliminare la precarietà nei porti soprattutto a fronte di una costante necessità di lavoro straordinario e di flessibilità lavorativa imposta; di aumentare i livelli occupazionali secondo la logica del “lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti”; per la costituzione e la difesa di un contratto unico contro la concorrenza al ribasso e la discrezionalità e lo strapotere dei terminalisti e degli investitori; per il riconoscimento della categoria dei portuali come dei marittimi nei lavori “usuranti” e per sviluppare forme di organizzazione del lavoro, e di controllo su armatori, terminalisti e spedizionieri, che garantiscano realmente la sicurezza per i lavoratori.

Queste rivendicazioni inevitabilmente si legano all'unica prospettiva per contrastare le logiche capitalistiche che fanno del lavoro la vittima sacrificale per il profitto e le speculazioni di padroni e multinazionali: il governo dei lavoratori e delle lavoratrici.
Cioè il solo governo che può contrapporre il potere delle forme di autorganizzazione dei lavoratori al potere delle borghesie e dei suoi partiti vassalli. Il solo governo che può organizzare la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori di tutto il settore logistico, dei porti, dei terminal e delle compagnie marittime così come dei principali gangli dell'economia nazionale. Il solo governo che potrà istituire Autorità dei Sistemi Portuali che organizzino il lavoro e la logistica essendo espressione diretta dei lavoratori e delle loro organizzazioni e compagnie, e non bracci amministrativi degli interessi di terminalisti, armatori e azionisti delle varie società, con la complicità delle principali burocrazie sindacali.

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Genova

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