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La guerra di Erdogan, l'ipocrisia degli imperialismi

20 Marzo 2018
erdo


Le forze armate turche stanno sviluppando una guerra di annientamento contro le forze kurde. Il massacro di Afrin è esemplare. Erdogan punta ad allargare il proprio controllo su grosso del Nord della Siria per distruggere ogni presenza kurda lungo la zona di confine. Di fatto candida la Turchia al ruolo di primo attore nella spartizione annunciata della Siria. Per questo conduce una politica di assimilazione al proprio controllo di numerose milizie della diaspora jihadista, attraverso l'offerta di soldi, armi, protezione, ponendosi come punto di raccolta delle forze sconfitte della guerra siriana, e offrendo loro un territorio in cui riparare. L'Esercito Siriano Libero (ESL), nato nel 2011 come sottoprodotto della ribellione di massa ad Assad, e successivamente pervaso dalla penetrazione jihadista, è ormai da anni sotto controllo turco. E opera al fianco di un'ampia aggregazione di milizie panislamiste (Jabhat Tahrir Suriya) direttamente promossa e finanziata da Ankara. Le milizie di tagliagola che hanno espugnato e saccheggiato Afrin, offerta loro come trofeo di guerra, hanno tutte questo timbro inconfondibile.

L'espansione dell'influenza turca nel nord siriano risponde inoltre ad un obiettivo complementare: riversare dentro la Siria i tre milioni di profughi siriani rifugiatisi in Turchia, spesso invisi alla popolazione turca e spina nel fianco della popolarità di Erdogan. Espellere i kurdi dal nord della Siria e rimpiazzarli con arabi “riconoscenti”, sotto controllo turco, è una forma di pulizia etnica anti-kurda, e al tempo stesso una leva di rafforzamento del peso negoziale turco al tavolo della spartizione della Siria.

L'offensiva militare di Erdogan capitalizza le contraddizioni paralizzanti tra blocchi imperialisti. L'imperialismo USA ha usato i kurdi come propria fanteria nella guerra di Siria, ma non può e non vuole rompere con l'alleato turco, membro (seppur riottoso) della NATO. L'imperialismo russo, vero vincitore della guerra siriana, ha promesso attenzioni alle ragioni kurde, ma non al punto di indispettire l'Iran - anch'esso oppressore del popolo kurdo - e di ricomporre le contraddizioni tra imperialismo USA e Turchia. Erdogan dispone dunque della copertura, per ragioni diverse, di tutte le potenze. Ognuna nel suo proprio interesse. Tutte di fatto complici di Erdogan.

Certo l'ipocrisia delle diplomazie imperialiste brilla come non mai sui cieli di Afrin. Tutti gli imperialismi “democratici” hanno recitato negli anni il rosario delle critiche ad Erdogan, al suo regime illiberale, alla sua repressione della libera stampa. Tutti hanno preteso con parole solenni atti di svolta e (improbabili) professioni di democrazia. Ma sono gli stessi imperialismi europei che hanno appaltato ad Erdogan la chiusura della via balcanica delle migrazioni, cioè il respingimento e la segregazione di chi fugge dai fronti siriani, in cambio di 4 miliardi di euro. Sono gli stessi che oggi coprono il massacro dei kurdi, condotto con le armi della NATO. Gli stessi kurdi che la stessa stampa borghese d'Occidente aveva salutato, con finta commozione, come eroi di Kobane contro l'ISIS.
La verità è che ogni paese e potenza imperialista non conosce altro valore che il proprio cinico interesse. L'unico che non è in vendita.

Per questo il movimento operaio europeo ha tanto più oggi il dovere politico e morale di mobilitarsi a fianco del popolo kurdo contro il regime di Erdogan e i suoi complici imperialisti di ogni colore.

Partito Comunista dei Lavoratori

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