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Flat tax: un chiaro attacco a lavoratori e servizi pubblici

2 Febbraio 2018
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Sono anni ormai che le destre - in particolare Salvini e Berlusconi - stanno spingendo sempre di più per l'introduzione della Flat tax, cioè una tassa ad aliquota fissa su tutti i redditi familiari e profitti delle imprese. In poche parole, oggi se un reddito superiore ai 75.000 euro viene tassato al 43%, con l'introduzione della Flat tax, invece, vedrebbe le imposte a suo carico abbassarsi fino al 23%, pari alla tassazione applicata oggi su un reddito medio-basso (fino a 15.000€ ) o addirittura al 15%, secondo il leader della Lega Matteo Salvini. Una manovra che andrebbe ad intaccare gli introiti dello Stato per una somma che oscilla tra i 40 e i 70 miliardi di euro, che secondo l'ex ministro Brunetta si ripagherebbe da sola nel giro di pochi anni, grazie all'emersione dell' economia sommersa, cioè di tutti quei soldi che ad esempio le imprese evadono e quelli che finiscono nelle tasche dei lavoratori in nero, a causa delle aliquote troppo alte.
"Pagare meno, per pagare tutti" è la ricetta dell'ex ministro Brunetta; ma questa auspicata fedeltà fiscale che dovrebbe contagiare gli odierni evasori di grandi capitali purtroppo non è una conseguenza diretta, perché conosciamo bene i padroni e perché il mantra e la logica del capitalismo non è quello di adeguarsi alle regolamentazioni fiscali, bensì quello di massimizzare i profitti con ogni mezzo necessario. Di conseguenza chi davvero beneficerebbe della manovra sarebbero i soliti ricchi, che si vedrebbero drasticamente diminuire le proprie imposte - basti pensare che su un reddito di trecentomila euro, le tasse si abbasserebbero dai 122.000 euro attuali ai 66.000 della Flat tax - mentre i redditi più bassi come quelli di lavoratori dipendenti, precari, pensionati, disoccupati ecc... avrebbero solo una lieve estensione della "no tax area" (il limite di reddito con cui si ottengono esenzioni) e qualche beneficio contenuto come bonus e detrazioni, ma con un aumento esponenziale delle spese sanitarie, trasporti pubblici, scuola ecc.
Insomma, un chiaro attacco alla classe operaia e al welfare pubblico, che verrebbe definitivamente devastato a favore dei servizi privati (ad esempio strutture sanitarie, servizi pubblici e scuole), che risulterebbero ulteriormente accessibili solo alle classi più abbienti mentre i lavoratori sarebbero costretti ad accontentarsi di servizi pubblici precari e marginali.

In realtà nel nostro paese sono già in vigore una serie di Flat tax che però non riguardano i redditi da lavoro - i quali rimangono progressivi - quindi sono riservate solo ai ricchi. Ad esempio quella sulle rendite finanziarie - se si sottoscrivono titoli di Stato per mille o dieci milioni di euro, la tassazione rimane del 12,5%, mentre per i conti correnti o azioni di società quotate in borsa è del 26%. Anche il governo Renzi, per quanto oggi si dica contrario alla flat tax, nel 2016 ha tentato di introdurre un'aliquota fissa del 24% tramite l'IRI (Imposta ai redditi d'impresa); l'ennesimo regalo al padronato.

I sostenitori della Flat tax mettono i mostra i presunti successi ottenuti con l'imposta unica nei paesi dell'ex blocco sovietico, specialmente quelli dell'area baltica: Estonia, Lettonia e Lituania. Ma se analizziamo più da vicino la situazione ci accorgiamo che non è proprio come vogliono farci credere. Dopo il crollo del muro di Berlino i paesi legati all'Unione Sovietica e alla Federazione jugoslava cercarono in tutti i modi di contrastare l'evasione fiscale incontrollata e attirare capitali esteri all'interno delle loro frontiere per far ripartire l'economia, andando ad abbassare ai minimi le aliquote di imposizione fiscale. Quindi, se da una parte questi paesi hanno vissuto una sorta di boom economico subito dopo l'introduzione della Flat tax, dall'altra la percentuale di popolazione sotto la soglia di povertà rimane al di sopra del 22%. Il sistema pensionistico è stato privatizzato per sostenere i costi della Flat tax e l'evasione fiscale è rimasta altissima. Nel blocco baltico si stima che l'evasione intacchi in media il 30% dei PIL nazionali, in Ucraina il 68% ed in Georgia addirittura il 72%.
Un altro baluardo dei pro-Flat tax è la Russia, che dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica ha adottato un regime di Flat tax al 13%, riscontrando una crescita economica significativa nei primi anni Duemila; a dire il vero la crescita era dovuta principalmente all'esportazione di energia come petrolio e gas, infatti con l'avvento della crisi il crollo del prezzo del barile e le sanzioni post-Crimea, le entrate fiscali sono diminuite drasticamente raggiungendo a stento i valori del 2000, e l'evasione fiscale raggiunge oggi il 52%. Inoltre, sono aumentate in maniera esponenziale le disuguaglianze sociali.
Anche Islanda e Slovacchia avevano adottato la Flat tax per poi ripensarci con il governo di centrosinistra qualche anno dopo, riscontrando dopo tre anni dall'abbandono dell'aliquota unica un aumento del 40% del gettito fiscale. In poche parole la Flat tax in più casi si è rilevato un autentico flop a discapito della classe lavoratrice.

Per questo motivo quando Salvini e Meloni parlano di "prima gli italiani" andrebbe chiesto loro a quali italiani si stanno riferendo. Sicuramente ai soliti borghesi, banchieri, imprenditori, palazzinari, speculatori e sfruttatori. Certamente non ai lavoratori, visto che con questa manovra i primi a rimetterci sarebbero proprio quest'ultimi.
Non ci saranno benefici per la classe lavoratrice finché non si colpirà direttamente il grande capitale finanziario, finché a pagare sarà chi non ha mai pagato fino ad ora.
Non sono dunque i migranti, come la destra vuole far credere, i nemici della classe operaia, ma chi cerca di tutelare i veri artefici della devastazione sociale. Proprio per questo è fondamentale l'unità tra migranti e lavoratori italiani, contro chi da sempre si arricchisce tramite sfruttamento e prevaricazione ai danni dei lavoratori.

Partito Comunista dei Lavoratori

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