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La Sicilia sprofonda nel debito, Musumeci annuncia ancor più austerità

13 Gennaio 2018
musumeci_crocetta


Otto miliardi di euro di debiti, un disavanzo di 5 miliardi e 900 milioni di euro e un patrimonio sgretolato. Sarebbe questa la situazione economica della regione Sicilia, annunciata in una conferenza stampa convocata ad hoc dal neo governatore Musumeci e dall'assessore al bilancio, Armao. I due hanno voluto dar vita ad un'operazione "verità" che secondo questo governo va affrontata fino in fondo. Non si sa mai che i grandi creditori dell'isola non gradissero queste "perdite di tempo" sul rimborso del debito e stroncassero la carriere politiche dei membri della nuova giunta.

La cifra sulle spalle delle masse siciliane, è composta da 8,183 miliardi di prestiti, a cui vanno aggiunti i mutui accesi per cofinanziare i programmi nazionali, che "scadranno" tra il 2031 e il 2032. Ci sono poi i mutui accesi dai governi Lombardo e Crocetta: dopo la ridiscussione dei termini col Ministero, questi scadranno tra il 2044 e il 2045. Su ogni cittadino siciliano, grava quindi (anche per chi deve ancora nascere) un debito di circa 1.600 euro. Da pagare con tanta austerità nei prossimi decenni.

Mutui difficili da garantire visto che il patrimonio della regione Sicilia risulta essere di gran lunga inferiore a quanto è stato certificato in questi anni. Da quanto emerge dal rendiconto del 2015, la Sicilia ha una condizione patrimoniale gravissima. Il patrimonio sarebbe diminuito di circa 7,7 miliardi, dopo il riaccertamento dei cosiddetti "residui attivi": somme da sempre iscritte al bilancio come entrate, ma non più incassabili dallo Stato. E così, quello che resta è un patrimonio con "attivi" per 7,8 miliardi e "passivi" per 16,4 miliardi.
Secondo Musumeci si è in presenza di un" terreno minato che peserà sull'attività di governo". Il neogovernatore ed il suo assessore hanno presentato la relazione elaborata dalla commissione di esperti nominati il 4 dicembre scorso per portare alla luce «quanto non detto dalla precedente amministrazione» sul debito pubblico siciliano. Alle cifre citate, potrebbero aggiungersene altre in sede di consolidamento del bilancio, quando verrà alla luce la situazione debitoria di tutti gli enti collegati alla Regione, che ne rivelerà la situazione finanziaria complessiva. Da qui il quadro dettagliato: tra minori entrate e maggiori uscite si arriva ad 894 milioni nel triennio, mentre l'ultimo anno si è chiuso con 480 milioni di debiti fuori bilancio. Tra le minori entrate risulterebbero anche cento milioni che Riscossione Sicilia avrebbe trattenuto illegittimamente, anzichè versarli nelle casse regionali. Non finisce qui, perchè "I liberi consorzi quest'anno utilizzeranno parte dei 70 milioni in più che la Regione ha dato loro per sostenerle, per darli allo Stato come contributo al riequilibrio della finanza pubblica" ha denunciato Armao. "Siamo al paradosso, questi enti sono abbandonati al dissesto finanziario per via dell'enorme e fuori da ogni criterio onere che lo Stato riversa su di loro. Non dimentichiamo che la giurisprudenza della Corte Costituzionale dice che lo Stato può chiedere il contributo alla finanza pubblica, ma senza incidere sulle funzioni degli enti. Lo Stato non può portare gli enti al dissesto, cosa che purtroppo però si sta realizzando. Noi, non intendiamo permettere che questo avvenga" ha tuonato l'assessore al bilancio.

Musumeci ha poi spostato il tiro sull'eredità ricevuta dall' amministrazione Crocetta. «Nel precedente governo è mancata una strategia generale di media e lunga prospettiva. Ci si era accontentati di affrontare l'esercizio finanziario con uno strumento contabile dove spesso è mancata la veridicità del dato e con un documento di riprogrammazione economica che non ha saputo fotografare la realtà siciliana. Né sono stati individuati obiettivi per risanare il debito pubblico e rientrare dal disavanzo». Ha infine annunciato un rallentamento nella ripresa: «Per i primi tre anni questa situazione peserà gravemente nel bilancio regionale. A ciò va aggiunta la mancanza di una ricognizione del patrimonio della Regione».

La Corte di Conti riceverà a breve la relazione sui conti, mentre Armao ha annunciato il 15 gennaio un incontro con il sottosegretario Bressa, nel corso del quale chiederà la restituzione dei 285 milioni che la regione versa annualmente in virtù di un accordo triennale stipulato dalla precedente amministrazione, a titolo di liquidazione dell'Iva.

La Sicilia quindi si ritrova al pari di tutte le altre regioni, comuni e stato italiano, indebitata fino al collo ed i "creditori" sono in larghissima parte sempre gli stessi (banche, assicurazioni e fondi d'investimento nazionali ed internazionali). Per porre fine a questo stato di cose pernicioso, occorre liberare le istituzioni e le amministrazioni dal cappio dell'indebitamento senza fine, e ciò potrà avvenire solo rifiutandosi di pagare quella parte di debito in mano ai "grandi investitori" e avviare un cambio di rotta al più presto. Cambio di rotta che può esplicarsi solo attraverso la nazionalizzazione del sistema bancario nazionale previa espropriazione dello stesso e gestito dai lavoratori, cosi che lo stato non sia più sotto ricatto dei mercati e i lavoratori non debbano più essere costretti a vivere di lacrime e sangue in eterno. E' chiaro che per fare tutto ciò serva una profonda rivoluzione sociale, ma non si può più attendere.

Angelo Fontanella - PCL Ragusa

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