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Contro Trump, contro il sionismo, al fianco dei palestinesi

9 Dicembre 2017
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Col sostegno alla pretesa di fare di Gerusalemme la capitale ufficiale dello Stato sionista, l'amministrazione Trump ha levato ogni maschera formale all'imperialismo USA. Senza veli diplomartici ipocriti, la più grande potenza del mondo dichiara il proprio appoggio pubblico alla colonizzazione sionista della Palestina, sino alle pretese più estreme.


LA LOGICA DI DONALD TRUMP

C'è una logica. Di fronte alla crisi della tradizionale egemonia americana in Medio Oriente, al rafforzamento dell'asse sciita nella lunga guerra siriana, all'inserimento dell'imperialismo russo nella spartizione degli equilibri regionali, l'amministrazione di Donald Trump punta a rinsaldare attorno a sé le roccaforti storiche della presenza USA in terra araba: la monarchia assolutista dell'Arabia Saudita e lo Stato sionista di Israele. Come sui mari del Pacifico così in Medio Oriente, Trump dichiara al mondo che la ricreazione è finita, che la ritirata americana è terminata. Naturalmente non è semplice per Trump tradurre in pratica il nuovo corso nell'attuale quadro mondiale. Ma il segnale politico vuole essere inequivoco anche nei suoi aspetti simbolici ed evocativi. “Gerusalemme capitale d'Israele” risponde sicuramente allo scopo.


LA REALTÀ DELLO STATO SIONISTA

La mossa di Trump ha riportato una volta di più la questione palestinese alla propria realtà. La realtà dell'occupazione coloniale della Palestina da parte dello Stato sionista. Uno Stato nato dalla Nakba, dall'espulsione dei palestinesi dalla loro terra attraverso i metodi del terrore (e con l'appoggio di Stalin). Uno Stato fondato su basi confessionali, senza dettato costituzionale, senza confini definiti. Uno Stato basato sulla negazione del diritto al ritorno dei palestinesi nella propria terra e sulla continua espansione della colonizzazione della Palestina. Uno Stato che per sua natura può reggersi solo sull'esercizio dell'oppressione contro la popolazione araba, a partire dai territori occupati e negli stessi confini di Israele. Uno Stato che ha il bisogno vitale dell'appoggio politico e militare degli imperialismi (americano ed europei). Uno Stato permanentemente in guerra.
La pretesa arrogante dello Stato sionista e del sionismo in genere di presentarsi sotto le vesti della “nazione ebraica” è un insulto verso le tradizioni democratiche, socialiste, antisioniste, di tanta parte della storia e della cultura dell'ebraismo.


PER LA LIBERAZIONE DELLA PALESTINA

Di certo, l'idea stessa di una soluzione pacifica e concordata della questione palestinese (“due popoli, due Stati”) si rivela tanto più oggi una truffa. Una truffa alimentata dall'ipocrisia degli imperialismi europei, dai regimi arabi vecchi e nuovi (nessuno escluso, a partire dal regime egiziano e dalla monarchia giordana), dalla stessa cosiddetta Autorità Nazionale Palestinese, finanziata dallo Stato d'Israele come strumento di controllo sulle masse palestinesi. Purtroppo il fallimento annunciato di questa truffa è stato spesso capitalizzato da tendenze politiche reazionarie islamiche, sia da quelle affiliate alla Fratellanza Musulmana (Hamas), sia da quelle salafite e jihadiste, che mascherano con vessilli religiosi il proprio odio verso ogni libertà.

In contrasto con le sinistre politiche riformiste di ogni estrazione (socialdemocratica, stalinista, populista) che hanno sostenuto per decenni la truffa “due popoli, due Stati”, e tuttora “riconoscono” lo Stato d'Israele, ribadiamo l'attualità della posizione storica del marxismo rivoluzionario sulla questione palestinese.

I palestinesi hanno il pieno diritto alla propria autodeterminazione. Non può esservi autodeterminazione senza il diritto del ritorno nella propria terra. Non può esservi il diritto al ritorno dei palestinesi senza la dissoluzione delle basi giuridiche, confessionali, militari, dello Stato sionista d'Israele. Non può esservi questa dissoluzione se non per effetto del congiungersi della rivolta di massa palestinese, della sollevazione più generale della popolazione araba, della ribellione delle migliori forze antisioniste dei lavoratori israeliani. È la prospettiva di una Palestina libera, laica, socialista, rispettosa dei diritti nazionali della minoranza ebraica, dentro una federazione socialista araba e del Medio Oriente.
Solo una rivoluzione palestinese ed araba può liberare la via di questa prospettiva storica. A cento anni dalla dichiarazione di Balfour (1917) con cui l'imperialismo inglese apriva la via alla colonizzazione sionista della Palestina, in funzione della spartizione dell'impero ottomano, solo una prospettiva rivoluzionaria, antimperialista, socialista, potrà ridare la Palestina al suo popolo.

Certo è una prospettiva difficile e apparentemente lontana. Ma è l'unica vera soluzione della questione palestinese. L'alternativa, come i fatti dimostrano, è la continuità dell'oppressione e della sua barbarie.

A partire da questo programma generale, siamo oggi al fianco delle mobilitazioni di massa dei giovani palestinesi contro le truppe d'occupazione sioniste e contro l'arroganza dell'imperialismo. Per una nuova intifada, fino alla vittoria.


NO ALL'ARROGANZA DI TRUMP E DELL'IMPERIALISMO USA!

GERUSALEMME È CAPITALE DELLA PALESTINA, NON DI UNO STATO COLONIALE!

VIA LE TRUPPE D'OCCUPAZIONE SIONISTA DA TUTTA LA PALESTINA!

PER UNA PALESTINA LIBERA, LAICA, SOCIALISTA, IN UNA FEDERAZIONE SOCIALISTA ARABA E DEL MEDIO ORIENTE!

Partito Comunista dei Lavoratori

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