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Per la Repubblica Socialista di Catalogna

27 Ottobre 2017
cataindipe


Il Parlamento catalano ha votato la dichiarazione di indipendenza della Catalogna, nella forma di Repubblica. Dopo le funamboliche oscillazioni di Puigdemont, alla ricerca disperata di una soluzione concordata con Madrid, l'intransigenza reazionaria del governo spagnolo e la pressione di massa indipendentista hanno imposto uno sbocco che nessuno degli attori in scena aveva né voluto né previsto.

La dichiarazione di rottura della Catalogna con il governo e con la monarchia di Spagna è un fatto importante e progressivo. Corrisponde al diritto di autodeterminazione della Catalogna, quale nazionalità politicamente oppressa. Corrisponde alla volontà espressa dal voto referendario del primo ottobre, difeso dalla repressione poliziesca. Corrisponde alla volontà manifestata dallo sciopero generale in Catalogna del 3 ottobre. Corrisponde alla mobilitazione di massa dell'ultima settimana contro l'arresto dei dirigenti indipendentisti e contro il colpo di stato di Madrid portato con l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione spagnola (scioglimento del governo catalano, commissariamento del Parlament, cambio dei vertici della Tv regionale, destituzione dello stato maggiore dei Mossos e suo rimpiazzo con forze militari di Madrid). Un corso politico reazionario che reca l'impronta inconfondibile di metodi franchisti. E che a maggior ragione valorizza la natura democratica del movimento indipendentista e repubblicano di Catalogna.

Ma la dichiarazione di indipendenza, per quanto progressiva, è solo una dichiarazione. Le grandi questioni storiche non si risolvono con carte da bollo, si risolvono sul terreno dei rapporti di forza.

Si prepara in queste ore uno scontro frontale tra Catalogna repubblicana e governo spagnolo che può concludersi solo con un vincitore. L'applauso scrosciante del Senato spagnolo a Rajoy nel momento in cui poche ore fa chiedeva pieni poteri contro la Catalogna è lo specchio simbolico della determinazione reazionaria di Madrid. Rajoy ha oggi il mandato pieno dello Stato spagnolo, delle gerarchie militari, della magistratura, della Guardia Civil, per “ripristinare la legge e l'ordine” in Catalogna. Si può essere certi che onorerà il mandato, con tutti gli strumenti che l'apparato spagnolo gli consente.

Di fronte alla precipitazione annunciata, si pone l'esigenza di un cambio di linea del movimento indipendentista. Il nazionalismo borghese che guida la Generalitat ha dimostrato in queste settimane tutti i limiti politici che derivano dalla sua natura sociale. Appelli alla Unione Europea, ricerca di una soluzione “pactada” con Rajoy, suppliche interminabili di dialogo con gli avversari della Catalogna, in un gioco tutto istituzionale fatto di furbizie tattiche, continui rimandi delle decisioni, illusioni e speranze su una via d'uscita concordata e indolore. Parallelamente nulla sul fronte sociale, mentre 1500 imprese della borghesia catalana fuggivano dalla Catalogna, e nulla sul fronte dell'organizzazione della resistenza di massa a Madrid. Ora tutto questo corso politico è stato smentito nel modo più clamoroso dalla dinamica degli avvenimenti.

Ora, nelle ore di fuoco che si annunciano, non c'è più spazio per rinvii e furbizie. Ora si tratta di mettersi al passo del livello di scontro che la dichiarazione di indipendenza ha aperto, e che la reazione di Madrid imporrà. Organizzazione della difesa di massa della Repubblica Catalana, estensione e centralizzazione progressiva dei comitati di difesa della Repubblica, nati per difendere il diritto di voto del primo ottobre e poi generalizzatisi in molte realtà cittadine e di quartiere; sciopero generale contro ogni intervento, militare o giudiziario, del governo spagnolo; nazionalizzazione delle banche e delle imprese fuggitive, sotto il controllo dei lavoratori, in tutta la Catalogna; abolizione del debito pubblico della Catalogna verso la Spagna; appello al movimento operaio spagnolo per un fronte comune contro la repressione di Madrid e il governo reazionario di Rajoy, per un programma comune di svolta sociale.

Una svolta di linea del movimento indipendentista è l'unica che può tenere aperta la partita. Ma richiede un cambio di direzione. Solo la classe lavoratrice catalana, mettendosi alla testa della grande mobilitazione della gioventù, può costruire la nuova direzione del movimento indipendentista. Nuova direzione significa a sua volta nuova prospettiva. I fatti dimostrano che senza la rottura con la borghesia catalana, senza misure anticapitaliste, senza la costruzione di un altro potere a partire dalle fabbriche, dai luoghi di lavoro, dai quartieri, difficilmente la dichiarazione di indipendenza si trasformerà in realtà. L'obiettivo di uno “Stato sovrano, democratico e sociale” sottoscritto dal fronte popolare tra Puigdemont e CUP, che dovrebbe inverarsi attraverso un processo costituente dentro l'ossatura dello Stato borghese di Catalogna, a braccetto dei partiti nazionalisti borghesi e secondo la “Legge di Transizione” con questi concordata, è una pura finzione letteraria, che lega le mani ai lavoratori e alla loro mobilitazione indipendente.
Tutto lascia pensare che la Repubblica di Catalogna o sarà socialista o non sarà.

Nell'appellarci a tutte le sinistre italiane, politiche e sindacali, perché si schierino senza riserve al fianco della Catalogna contro la monarchia di Spagna, e perché promuovano la protesta unitaria sotto i consolati spagnoli, ci impegniamo a portare nelle iniziative solidali di mobilitazione questo punto di vista. Che è lo stesso punto di vista dei marxisti rivoluzionari catalani e spagnoli.

Partito Comunista dei Lavoratori

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