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La guerra navale fra Italia e Francia

Per l'unità fra i lavoratori italiani e francesi contro la truffa dei sovranismi nazionali

28 Luglio 2017
Macron


La “guerra” navale tra Italia e Francia attorno al controllo dei cantieri di Saint-Nazaire è una cartina di tornasole della natura della “Unione” Europea, ma anche del volgare inganno sovranista. A conferma dell'analisi marxista del capitalismo, e dell'interesse indipendente della classe operaia.

La stampa borghese italiana di questi giorni è un vero spettacolo. Sino a poche settimane fa l'aspirante bonaparte Emmanuel Macron veniva salutato come statista esemplare, fulgido modello di salutare liberismo, campione di quei valori dell'europeismo che la classe dirigente italiana sarebbe incapace di interpretare. Oggi gli stessi editorialisti borghesi denunciano il presidente francese come traditore dell'Europa, miserabile protezionista, nemico dell'Italia, sino a reclamare dal governo italiano una reazione radicale. Grotteschi, ieri come oggi.

La verità è che Macron non ha tradito un bel nulla se non le ipocrite illusioni dei suoi cantori liberali, imprigionati dalle nebbie della propria ideologia. Macron difende gli interessi dell'imperialismo francese, come Gentiloni difende gli interessi dell'imperialismo italiano. Gli uni e gli altri contro i lavoratori italiani e francesi. Non esistono il liberismo e il protezionismo come categorie astratte e modelli ideali. Esiste la materialità degli interessi capitalistici che ricorrono di volta in volta a misure “liberiste” come a misure “protezioniste”, a seconda dei propri mutevoli interessi e dei diversi ambiti. Il capitalismo impone sempre il proprio principio di realtà contro le astrazioni dei suoi ideologi.

La crisi capitalistica internazionale e l'enorme crescita della spesa mondiale in armamenti fanno della cantieristica (civile e militare) un terreno di aspra competizione su scala globale senza risparmio di colpi. Si calcola che tra il 2016 e il 2025 il settore militare coinvolgerà nel mondo un giro d'affari di 770 miliardi. Tutte le potenze capitaliste sono interessate alla spartizione del business, a partire dagli imperialismi europei, gli uni contro gli altri armati.

La volontà francese di un controllo nazionale sulla propria cantieristica, col plauso di tutta la Francia borghese, del nazionalismo lepenista, ma anche del tricolore Melenchon, non risponde affatto alla volontà di salvaguardare i posti di lavoro degli operai francesi, come recita Macron: il suo progetto di attacco frontale ai diritti sindacali dei lavoratori mira, guarda caso, a liberalizzare i licenziamenti, peggiorando addirittura l'infame legge sul lavoro di Hollande. Macron vuole in realtà tutelare il controllo del capitalismo francese sul proprio comparto militare, cui sono interessati i cantieri di Saint-Nazaire, gli unici in grado di costruire portaerei. Vuole difendere la capacità competitiva della Francia nello scontro coi grandi produttori asiatici, coreani e giapponesi. Vuole candidarsi alla spartizione annunciata della grande affare delle commesse australiane e canadesi, con la ristrutturazione delle rispettive marine militari. Vuole soprattutto impedire che il capitalismo italiano, con Fincantieri, possa soffiargli il malloppo. In questo quadro Macron cerca l'appoggio della cantieristica tedesca (Meyer Werft), nel nome di un comune sbarramento “europeo” contro le aziende cinesi del settore, con cui Fincantieri è in affari.

E l'Italia piagnona che oggi denuncia lo sgarbo francese con aria scandalizzata? E la sinistra riformista che sul quotidiano “comunista” il Manifesto chiede testualmente di «fare qualcosa per difendere la dignità nazionale, a questo punto troppo bistrattata» (28/7)? Pura ipocrisia o sconcertanti vaneggiamenti. Fincantieri è tra le più grandi imprese capitalistiche nazionali, con investimenti in tutto il mondo, dal Brasile al Vietnam sino agli Stati Uniti. Ha il primato mondiale nella produzione di navi da crociera. Si candida a espandere la propria presenza (già significativa) nel comparto militare in sinergia con Leonardo. Il controllo italiano sui cantieri di Saint-Nazaire è un pezzo di questa strategia, in aperto contrasto con l'interesse francese. La... “dignità nazionale” dei capitalisti italiani è pertanto sufficientemente tutelata.

“Ma i capitalisti francesi si stanno comprando le imprese italiane impedendo all'Italia di comprare le imprese francesi!”, grida sdegnata la stampa nazionale, e tutta la carovana sovranista. Falso. Il capitale finanziario francese ha sicuramente allargato, e di molto, la propria presenza in Italia (nelle banche, nella moda, nell'industria agroalimentare, nella logistica, nel grande commercio, nei media) secondo le regole di quel libero mercato finanziario difeso da tutti i soloni borghesi “europeisti” che oggi lamentano l'invasione d'oltralpe. Ma i capitalisti italiani a loro volta hanno investito 52,2 miliardi nell'acquisizione di pacchetti azionari delle imprese francesi negli ultimi vent'anni. E proprio nel 2016 l'Italia ha sfilato alla Francia la più grande commessa militare mondiale: la creazione dal nulla della marina del Qatar. Un giro d'affari gigantesco per decine di miliardi, di cui Fincantieri, coi suoi stabilimenti liguri, si è assicurato il controllo. L'altolà della Francia sui cantieri di Saint-Nazaire è anche una ritorsione per lo sgarbo subito in Qatar.

Ma allora gli operai italiani sono interessati al successo di Fincantieri contro la Francia? Niente affatto. Fincantieri costruisce le proprie fortune sullo sfruttamento degli operai, come i padroni francesi su quello dei propri salariati. La maggiore concentrazione di operai immigrati nell'industria italiana si registra nella cantieristica, nella fitta rete di appalti e subappalti di cui Fincantieri si circonda, con livelli di supersfruttamento e di omicidi bianchi senza eguali. L'ultimo contratto integrativo in Fincantieri (purtroppo firmato dalla FIOM) sancisce l'arretramento dei diritti sindacali, un peggioramento delle condizioni del lavoro, la compressione del salario. Il successivo contratto di categoria (firmato e difeso da Landini, in cambio del proprio ingresso nella segreteria CGIL) peggiora ulteriormente il quadro, regalando oltretutto ai padroni il nuovo affare del welfare aziendale. Non è un caso se proprio tra i lavoratori di Fincantieri si è registrata un'ampia opposizione a questi accordi capestro.

L'intera vicenda porta allora a una sola conclusione generale. L'Unione Europea non è affatto il dominio di una oligarchia sovranazionale che annulla la sovranità degli Stati, come è stata dipinta in questi anni dalle culture sovraniste, di destra e di sinistra. L'Unione Europea è l'unione di Stati nazionali imperialisti, in lotta l'uno contro l'altro per la spartizione dei mercati, ma uniti nella contrapposizione agli operai europei (e nel saccheggio di paesi minori della stessa UE come la Grecia). La bandiera dell'”interesse nazionale” è la truffa che subordina gli operai alla propria borghesia, contro gli operai degli altri paesi concorrenti: gli operai francesi contro gli operai italiani, gli operai italiani contro gli operai francesi. A trarne vantaggio sono unicamente i capitalisti e i loro governi nazionali, che ovunque impongono ai propri operai condizioni di lavoro e di vita sempre peggiori, ma pretendono di arruolarli nella propria guerra contro i capitalisti concorrenti.
È necessario spezzare questo gioco. “Gli operai non hanno patria”, scriveva il Manifesto di Marx. Questo principio vale oggi ancor più di allora. L'interesse vero degli operai passa per l'unità internazionale delle proprie ragioni al di là di ogni divisione di frontiera, a partire dalla contrapposizione ai capitalisti di casa propria. Unire la lotta dei lavoratori europei della cantieristica, dell'acciaio, dei porti, di ogni settore del lavoro salariato, contro la classe dei capitalisti e contro i loro governi, è l'unica risposta reale. Per l'unica prospettiva europeista che risponde realmente all'interesse dei salariati: quella di un'Europa dei lavoratori, degli Stati uniti socialisti d'Europa.

Marco Ferrando

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