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Ius soli, ius culturae e ius sanguinis: una disputa reazionaria

5 Luglio 2017
IusSoli

Il capitalismo è caduto nella più grande crisi economica del secondo dopoguerra. Questa crisi si è manifestata in tutti i paesi imperialisti in misura più o meno grave. L’Italia ne è stata colpita duramente.
Le piaghe sociali che la crisi del capitalismo porta con se si sono manifestate tutte nel nostro paese: disoccupazione di massa, impoverimento dei lavoratori, enorme aumento della disuguaglianza sociale e perdita di diritti.
La classe dei capitalisti non offre soluzioni progressive a questi drammi sociali. Da una parte ciò provoca la cosiddetta crisi di governabilità del sistema politico investito dal generale discredito, dall’altra produce di risulta lo sviluppo del populismo reazionario in tutte le sue varianti; renzismo, grillismo e salvinismo.

Intendiamoci: il populismo reazionario è un prodotto politico della borghesia al potere e si candida al governo in nome degli interessi del grande capitale. Ma la sua crescita al tempo stesso è la risultante della crisi delle forme tradizionali della politica borghese e un modo per cercare di risolverla surrogandola.
In questo momento per recuperare consenso tra le masse popolari, sempre più lontane dalle istituzioni della repubblica borghese, il populismo reazionario, impossibilitato a proporre soluzioni ai drammi sociali più sopra descritti (perché ogni soluzione è incompatibile con il capitalismo nell’era della sua crisi), costruisce il proprio radicamento sulle politiche securitarie (da ultimo il decreto Minniti-Orlando) e la lotta ai migranti. L’intento è scatenare la guerra tra poveri, ossia tra frazioni sempre più impoverite e ricattabili del proletariato, e speculare sulla crescita di sentimenti razzisti che questa guerra alimenta tra i lavoratori e le classi popolari. Questo non avviene secondo un piano prestabilito ma è la manifestazione plastica e naturale del carattere regressivo della politica borghese in generale.

La polemica di palazzo intorno alla recente discussione parlamentare sulla legge per lo Ius soli ne dà una dimostrazione eloquente.
La destra fa il suo mestiere. “Giovedì nero” titolava il Manifesto del 16 giugno riferendosi ai fatti del giorno prima quando dentro il parlamento i deputati leghisti approfittavano della visibilità mediatica per fare un po’ di bagarre razzista e “assaltare” i banchi del governo, e fuori a due passi da Montecitorio i fascisti di CasaPound facevano a spintoni con la polizia, uniti gli uni e gli altri per difender il medievale “Ius sanguinis” e protestare contro l’invasione dei barbari ”migranti” a cui la legge sullo Ius soli in discussione in quelle ore avrebbe aperto le porte.
Razzisti e fascisti oggi trovano la strada spianata per fare propaganda e costruire le proprie organizzazioni sulla xenofobia e il razzismo diffuso a piene mani tra le classi popolari sovente con la complicità della grancassa mediatica. Il pericolo per la classe lavoratrice è gravissimo. Invece di perdersi in mille rivoli di discussione e dialogo democratico con chi deve essere solo combattuto, sarebbe della massima urgenza organizzare la propria autodifesa contro il revanscismo fascista e razzista. Infatti sono ormai episodi di cronaca quotidiana le violenze intimidatorie contro i migranti che costituiscono una parte importante e crescente della classe lavoratrice italiana.

Nello stesso giorno i grillini ritiravano il proprio voto favorevole, precedentemente dichiarato, al progetto di legge e d’altra parte la sindaca Raggi si scagliava contro i campi rom e la quota di accoglienza già concordata con il Governo per Roma. Nel frattempo Grillo, un comico che fa sempre meno ridere, in un delirio di luoghi comuni razzisti rispolverava il mito dei nomadi che chiedono l’elemosina ma girano in Mercedes e leggi ottocentesche contro l’accattonaggio nella metropolitana.
La strategia è chiara: recuperare consensi alla propria destra. Non resta che registrare una volta di più, se ce ne fosse bisogno, il carattere compiutamente reazionario del grillismo. Altro che amici dei lavoratori e delle democrazia!

Dall'altra parte, dalla parte del governo, il PD di Renzi si erge apparentemente a campione dei diritti. Si dice pronto a dare battaglia fino in fondo, fino a porre la fiducia, pur di difendere il diritto alla cittadinanza.
I posteri avranno da domandarsi: fu vera gloria?. In realtà nel provvedimento di legge in discussione non c'è traccia di un effettivo diritto di cittadinanza per i bambini e i giovani italiani nati da famiglie con origini straniere. Tanto è vero che i commentatori, un po' ipocritamente, parlano di Ius soli “temperato” e del cosiddetto “Ius culturae”. Quindi, sembrerebbero dire: cari razzisti, leghisti e fascisti, state tranquilli perché il percorso per un'effettiva cittadinanza con i diritti annessi sarà ancora pieno di ostacoli.

La pezza appare in effetti peggiore dello sbrego. Andiamo a vedere cosa succede:
Lo Ius soli “temperato” presente nella legge presentata al Senato prevede che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno cinque anni. Se il genitore in possesso di permesso di soggiorno proviene da un paese no UE, deve aderire ad altri tre parametri: deve avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale; deve disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge; deve superare un test di conoscenza della lingua italiana.
Non è finita.
L’altra strada per ottenere la cittadinanza è quella del cosiddetto ius culturae, e passa attraverso il sistema scolastico italiano. Potranno chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie). I ragazzi nati all’estero ma che arrivano in Italia fra i 12 e i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo scolastico.

Insomma, a questi giovani italiani un po' speciali si chiede di apprendere la nostra “cultura”.
Qui già si sente un po' il puzzo se non del vecchio colonialismo per lo meno di un certo imperialismo, visto che evidentemente il governo vuol chiedere loro di assoggettarsi ad una cultura implicitamente ritenuta superiore. Quella stessa cultura superiore che consente ai paesi occidentali, in altre parole i grandi paesi imperialisti, di ritenersi paesi civili di contro alla barbarie del resto del mondo e di giustificare così guerre umanitarie, interventi di polizia internazionale e via bombardando. Non ultimo di spargere terrore in tutto il mondo in nome della lotta... al terrorismo.
Ma la faccenda assume un aspetto addirittura grottesco solo che si consideri che ad imporre lo ius cultura è un governo espressione di forze politiche, come il PD, che hanno dato con la cosiddetta riforma della Buona scuola il loro onesto contributo nello smantellamento pluriennale del sistema scolastico italiano. Questo forse ha qualche attinenza con gli spaventosi dati sull'analfabetismo di ritorno che colpisce il popolo italiano: il 70% degli italiani non è in grado di capire un testo appena letto o appena ascoltato. Verrebbe da dire che stando allo "ius culturae” il 70% degli italiani non supererebbe il test per essere cittadino italiano!

Non si può che concludere che tutta la discussione intorno a questa vicenda poggia sul piano inclinato di una disputa reazionaria. È il massimo che ci si possa attendere nella democrazia borghese, oggi ribattezzata liberaldemocrazia, dove, per dio, i cittadini hanno bensì tutti i diritti (si fa per dire...) ma non tutti possono essere cittadini!
Vale la pena citare qui, in conclusione, oggi nel suo centenario, quella che fu una conquista della Rivoluzione d'Ottobre, che tra le altre cose, contro l'ipocrisia dei regimi borghesi proclamò solennemente negli articoli 20 e 21 della Costituzione del 1918:

«Articolo 20.
Ispirandosi al principio della solidarietà fra il proletariato di tutte le nazioni, la Repubblica Sovietica Federativa Socialista Russa assegna tutti i diritti politici propri dei cittadini russi agli stranieri che risiedono nel territorio della Repubblica russa per lavorare e che appartengono alla classe lavoratrice o a quella dei contadini più poveri che non sfruttano il lavoro altrui: ed autorizza i Soviet locali a riconoscere agli stranieri tali diritti di cittadinanza russi, senza alcuno ostacolo formale.
Articolo 21.
La Repubblica Sovietica Federativa Socialista Russa riconosce il diritto d’asilo a tutti gli stranieri sottoposti a persecuzione per crimini politici e religiosi.»

FB

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