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Contro le tre destre, per una prospettiva di classe anticapitalista

15 Giugno 2017

Testo del volantino che verrà distribuito in occasione degli appuntamenti politico-sindacali dei prossimi giorni

Renzi_Grillo_Berlusconi


Il panorama politico italiano è dominato da tre destre che si contendono l'una contro l'altra il governo del capitalismo.

La prima destra è incarnata da Renzi, che in questi anni ha diretto un'aggressione frontale ai diritti del lavoro, a partire dalla cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, dai venti miliardi di decontribuzione ai padroni, dalla vergogna dei voucher. Il referendum del 4 dicembre mirava a trasferire sul terreno istituzionale il dispotismo padronale nelle aziende, concentrando nell'uomo solo al comando le leve del potere. Quel progetto è fallito, ma non è certo cambiata la vocazione del renzismo. Incoronato dalla truffa plebiscitaria delle primarie del PD, Renzi ha l'ansia di tornare al più presto alla guida del governo, incerto se realizzare il suo sogno in compagnia di Berlusconi o con l'auspicato salvagente di Pisapia. Con l'uno o con l'altro comunque al servizio del padronato.

La seconda destra è quella del centrodestra. Diviso tra un Berlusconi che ambisce a governare con Renzi e un Salvini lepenista che punta alla scalata del centrodestra. Entrambi da sempre avversari dei lavoratori. Il loro programma di abbattimento ulteriore delle tasse per i padroni (la famosa flat tax) è un conto presentato ai salariati che già reggono sulle proprie spalle il grosso del carico fiscale. Una direzione di marcia condivisa col renzismo ma che va oltre il renzismo. Per esempio nella criminalizzazione xenofoba dei migranti.

La terza destra è il M5S. Il loro programma punta a conquistare il padronato piccolo e medio, offrendogli l'abolizione dell'Irap (che oggi finanzia ciò che resta della sanità pubblica) e la “disintermediazione” nel rapporto coi lavoratori. In altri termini un attacco frontale al sindacato in quanto tale, che infatti il comico milionario Beppe Grillo ha definito «un ferrovecchio dell'800». Il loro progetto istituzionale è coerente col loro programma sociale. Blatera di “democrazia diretta” ma riflette una cultura plebiscitaria, quella vigente nello stesso M5S, dove tutto il potere si concentra nelle mani di Grillo e Casaleggio (prima il padre e poi il figlio, come in una monarchia ereditaria). Dove l'osannato “popolo della Rete” è solo la platea plaudente agli editti dei Capi (che intanto contendono a Salvini la campagna reazionaria antimigranti). Sarebbero questi, come vorrebbe qualcuno, gli amici dei lavoratori e della “democrazia”?


IL FALLIMENTO DEI GRUPPI DIRIGENTI DELLA SINISTRA

Oggi purtroppo queste tre destre, nel loro insieme, riscuotono il voto di milioni di lavoratori e lavoratrici, cioè delle vittime designate dei loro programmi. Questa enormità misura il fallimento dei gruppi dirigenti della sinistra italiana, in tutte le loro articolazioni e storie.

Tutti i gruppi dirigenti della sinistra (MDP, SI, PRC) si sono ciclicamente compromessi in questi decenni nelle politiche del capitalismo attraverso i governi nazionali e locali del centrosinistra. Precarizzazione del lavoro, privatizzazioni, tagli sociali, per tutelare i capitalisti e pagare il debito pubblico a banche e assicurazioni. Non è che hanno difeso “male” i lavoratori. Hanno gestito gli interessi dei capitalisti contro i lavoratori, che è cosa diversa. La più grande detassazione dei profitti padronali negli ultimi dieci anni - con la riduzione dell'Ires dal 34 % al 27% - non è stata realizzata dai governi Berlusconi o dai governi Monti e Letta, come qualcuno potrebbe pensare. È stata realizzata nel 2007 dall'ultimo governo Prodi, dove sedeva il ministro Paolo Ferrero, con Bertinotti presidente della Camera. I governi successivi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) hanno proseguito (e spesso intensificato) la macelleria sociale entrando nel varco che era stato aperto. Peraltro la macelleria di Monti-Fornero, Letta, Renzi, ha continuato a godere del sostegno imperturbato dell'attuale gruppo dirigente di MDP che in Parlamento ha votato tutto, Jobs Act incluso, e che oggi sostiene un governo Gentiloni che ha trovato venti miliardi per gli azionisti delle banche ma nega i contratti nel pubblico impiego.

Ci si può meravigliare, in questo contesto, se larghi settori di salariati, colpiti dai governi “amici” e abbandonati ai colpi della grande crisi, hanno finito col guardare altrove (spesso, purtroppo, nelle direzioni peggiori)?


LA CATENA DI SANT'ANTONIO

Si dirà che sono cose del passato. Ma è sbagliato. Proprio la vicenda dell'ultimo mese racconta cos'è oggi la sinistra italiana: una catena di sant'Antonio sul piano inclinato della compromissione.

L'ex sindaco Giuliano Pisapia, già testimonial del Sì al progetto istituzionale del renzismo, ha inseguito una coalizione col PD, salvo essere prima scaricato e poi di nuovo inseguito da Renzi a seconda delle convenienze. Si può avere fiducia di un Campo Progressista che fa del centrosinistra la propria religione, persino nella stagione del renzismo?

MDP, nato dalla scissione (pasticciata e tardiva) con Renzi, si è aggrappato a Pisapia... che insegue Renzi. L'obiettivo dichiarato di Bersani è quello di formare con Pisapia nel prossimo Parlamento un gruppo che «chieda al PD se vuol essere alleato di Berlusconi o del MDP». Cioè che chieda a... Renzi se vuol governare con... Bersani. Il centrosinistra resta l'alfa e l'omega del bersanismo.

Sinistra Italiana di Fratoianni e Fassina, che aveva proclamato in congresso la “fine del centrosinistra”, si aggrappa a MDP (che si aggrappa a Pisapia), per paura di essere scaricata. La nuova parola d'ordine è “una sola lista a sinistra”. Che significa una lista insieme a Pisapia e Bersani, magari sotto una coreografia “civica e democratica” (come chiede l'iniziativa del 18 giugno). Ma il centrosinistra non era “finito”?

Il PRC, che aveva anch'esso celebrato solennemente la rottura col centrosinistra, firma coi suoi massimi dirigenti quello stesso appello del 18 giugno che rivendica una unica lista civica a sinistra, cioè una lista con Pisapia e D'Alema.

La lezione è una sola. L'unica vera preoccupazione dei gruppi dirigenti della sinistra italiana è quella di tornare, in un modo o nell'altro, nel gioco politico istituzionale del governo del capitalismo. Lo stesso gioco che ha distrutto la stessa credibilità della sinistra politica agli occhi di milioni di sfruttati. Lo stesso gioco che ha spianato la via alle tre destre.


PER UNA SVOLTA ANTICAPITALISTA. PER UNA PARTITO RIVOLUZIONARIO DELLA CLASSE

C'è più che mai bisogno di tirare una riga su tutto questo per costruire una sinistra diversa. Una sinistra che abbia come proprio riferimento la difesa dei lavoratori, e che abbia come proprio programma un governo dei lavoratori.
Il governo del capitalismo, in ogni sua forma, non ha nulla da offrire. L'esperienza di Tsipras, se ve ne era bisogno, lo conferma nel modo più chiaro: un governo salutato da tutti a sinistra come il governo di svolta, è oggi a tutti gli effetti il governo della troika in Grecia. Senza che nessuno nella sinistra riformista prenda le distanze o tragga le lezioni. Non è un caso.
Occorre costruire una prospettiva opposta: una prospettiva di rottura col capitalismo, con un sistema sociale fallito. È l'unica prospettiva che può liberare oggi la ricomposizione di un opposizione sociale vera, che realizzi un fronte unico dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, contro tutti i loro avversari. È soprattutto l'unica prospettiva che possa imporre un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e sulla loro organizzazione. Il solo governo che possa ridurre l'orario di lavoro, nazionalizzare senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori le aziende che licenziano o inquinano, abolire il debito pubblico verso le banche e nazionalizzare le banche.

Solo una rivoluzione sociale può realizzare questo programma.
Costruire un partito rivoluzionario della classe lavoratrice è l'unico vero investimento nuovo a sinistra.
La costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori è in funzione di questa prospettiva.

Partito Comunista dei Lavoratori

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