Dalle sezioni del PCL

Un programma comunista per Genova

Il programma del PCL per le elezioni comunali a Genova

22 Maggio 2017
PCLGenova


Il Partito Comunista dei Lavoratori partecipa alle elezioni comunali di Genova 2017 con un punto di vista alternativo: quello dei lavoratori, delle lavoratrici e delle masse popolari presenti a Genova (studenti, precari, disoccupati, immigrati, pensionati), opposto rispetto alle formazioni che si contendono la difesa degli interessi della borghesia - locale e non - siano esse di centrosinistra o di centrodestra.

Non ci illudiamo sul fatto che il terreno elettorale possa rappresentare realmente -e di per sé- il terreno dell'emancipazione del mondo del lavoro dallo sfruttamento e dall'oppressione del capitalismo o il terreno per la difesa degli interessi delle masse popolari. Ma riteniamo che anche il terreno elettorale possa dare visibilità e voce alla nostra proposta d' azione - anticapitalista e rivoluzionaria - facendola conoscere a più ampi settori di massa, e favorendo l'organizzazione attorno ad essa degli strati più coscienti dei lavoratori e dei giovani. Questa è la ragione della nostra presentazione elettorale, in maniera indipendente e in contrapposizione a tutti gli altri partiti.

A differenza di ogni altra forza politica di “sinistra” non siamo a caccia di assessorati e prebende a braccetto col PD. Non siamo alla ricerca di pacche sulle spalle di ambienti benpensanti e della loro legittimazione. Non facciamo politica per prendere voti, ma chiediamo voti a una politica: una politica intransigente di difesa del lavoro e degli interessi delle masse popolari.

Non a caso siamo un partito che fin dalla sua nascita non ha mai tradito i lavoratori e le masse popolari. Che non ha mai votato (in cambio di ministeri) missioni di guerra, sacrifici sociali, regali alle banche, come - invece - hanno fatto altri partiti di sinistra. Siamo un partito che non ha mai votato (in cambio di assessori) i tagli alla sanità, le privatizzazioni dei trasporti e dei servizi pubblici, l'aumento delle tasse, come è successo a Genova negli ultimi dieci anni.
Perché pensiamo che ci sia bisogno finalmente di una sinistra vera, di una sinistra che non tradisca. Solo una sinistra vera può unire realmente i lavoratori, i precari, i disoccupati contro i loro avversari. E può aprire una pagina nuova.

Il PCL è impegnato, controcorrente, con tutte le sue forze in questa prospettiva: unire in una vera sinistra tutti coloro che vogliono ribellarsi all'esistente, per costruire una società liberata dalla dittatura del profitto.


IL CAPITALISMO È FALLITO. È NECESSARIA UN'ALTERNATIVA DI SOCIETÀ

Il capitalismo è fallito.
Ventisette anni fa, dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine dell'URSS, ci avevano raccontato la favola di un futuro radioso per l'umanità grazie alla vittoria del capitalismo. È accaduto l'opposto: il capitalismo si trova di fronte alla sua crisi più grave degli ultimi ottanta anni, e non sa come uscirne. Nel frattempo prova a scaricare la propria crisi sulle condizioni sociali, di lavoro e di vita della maggioranza dell'umanità.

Infatti, ovunque si distruggono i contratti nazionali di lavoro, ovunque si precarizzano le giovani generazioni, ovunque si saccheggia l'ambiente, ovunque tornano i venti di guerra per la spartizione del petrolio e delle materie prime, ovunque riemergono le pulsioni malate del razzismo e della xenofobia, in una guerra disperata tra poveri. Si è tornati indietro di un secolo. Alla faccia del... “progresso” e della “modernità”!

Il lavoro e le prestazioni sociali sono la prima vittima del capitale in crisi. Così in tutto il mondo, così in tutta Europa, così in Italia. E ciò al solo vantaggio della classe dei capitalisti e dei borghesi che controlla la maggioranza dei mezzi di produzione economici. Compreso quell'1% dei più ricchi del Pianeta, costituito da multinazionali e super ricchi, che si arricchiscono grazie a pratiche di elusione ed evasione fiscale, privatizzazioni e delocalizzazioni, lobbismo e corruzione dei politici, in costante ricerca della massimizzazione dei profitti. E che, ad oggi (dati Oxfam 2017) possiedono una ricchezza pari a quella del restante 99%; tra questi, vi sono 8 super-miliardari che, da soli, detengono una ricchezza pari a quella di 3,6 miliardi di persone, la metà della popolazione mondiale.

In Italia, ad oggi il 10% dei più ricchi detiene circa il 50% della ricchezza nazionale netta, mentre l'1% dei più ricchi, da solo, ne detiene il 25%. Per quanto riguarda il reddito, il 10% degli italiani più ricchi ha un reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani. Aumenta, inoltre, il numero dei poveri (dati Istat 2017): 4 milioni e 600 mila italiani, il 7,6% della popolazione, che versano in condizioni di povertà assoluta (un aumento del 155% rispetto al 2007). A questi si aggiungono più di 8 milioni e 300 mila che versano in condizioni di povertà relativa.

Se in Europa siamo ormai a più di 20 milioni di disoccupati, in Italia la disoccupazione ha raggiunto l'11,8% della popolazione, e quella giovanile ha ormai superato il 40%. E il renziano Jobs Act, la recente legge sul lavoro, non ha ridotto affatto la disoccupazione ma ha solo aumentato i licenziamenti, la precarietà per i nuovi assunti, ridotto i diritti sindacali e tagliato il costo del lavoro, esclusivamente a spese dei lavoratori. E regalato sgravi contributivi milionari (14 miliardi di euro), garantiti per tre anni, ai padroni.

Parallelamente, istruzione pubblica, sanità e pensioni diventano carne da macello per pagare gli interessi alle banche. Tutta la campagna ossessiva a favore dei tagli e dei sacrifici in nome del “debito pubblico” [ad oggi superiore a 2 mila miliardi di euro,pari al 133% sul PIL, circa 37mila euro pro capite] vuol dire concretamente una cosa sola: spolpare definitivamente ciò che è rimasto delle vecchie conquiste sociali per pagare gli interessi ai banchieri, i grandi detentori dei titoli di Stato.

Lo Stato italiano versa ogni anno nelle tasche delle banche 90 miliardi di euro. Le giunte locali di ogni colore versano complessivamente ogni anno ai banchieri 70 miliardi. Ecco a cosa servono i sacrifici sempre più insopportabili imposti a lavoratori, pensionati, cittadini: a pagare quegli stessi banchieri che con le loro speculazioni e truffe sono i primi responsabili della grande crisi!

E nulla è cambiato col nuovo governo Gentiloni, che sta proseguendo le politiche iniziate da Renzi e a favore degli interessi del grande capitale, contro i lavoratori e le masse popolari italiane. Come dimostra la Legge di Stabilità 2017: continuità della detassazione degli investimenti padronali per tecnologia e strumenti (20 miliardi di euro pubblici per super e iperammortamenti); riduzione delle tasse alle imprese dal 27,5 al 24%, contro una tassazione media dal 27 al 38% per i lavoratori; esenzione totale per tre anni dai contributi per i nuovi imprenditori agricoli. In più, il governo Gentiloni, in linea col renzismo, ha costituito un fondo di 20 miliardi per “salvare” le banche svaligiate dai banchieri e dai loro amici, a partire dall'annunciato salvataggio del Monte dei Paschi di Siena. Il tutto a carico di pensioni, spese e protezioni sociali dei lavoratori e delle masse popolari.

Altro che “democrazia”! La grande maggioranza della popolazione viene sacrificata alla dittatura di una piccola minoranza di industriali e banchieri. I principali partiti (di ogni colore) e i loro governi, nazionali e locali, sono solo gli esattori del capitale finanziario. Non a caso le loro politiche, nella sostanza, si assomigliano sempre.

Pensare di “riformare” questo stato di cose è pura utopia.
L'unica via - certamente difficile - è quella di rovesciare questo stato di cose. È necessario ed è possibile. Ma solo mettendo in discussione il capitalismo e le sue radici. Rifiutando il pagamento del debito pubblico ai banchieri strozzini. Nazionalizzando le banche (con piena tutela dei piccoli risparmiatori), e unificandole in un'unica banca pubblica, sotto controllo sociale. Espropriando le grandi aziende sotto il controllo dei lavoratori, a partire da quelle che licenziano e ignorano i diritti sindacali (es. FCA, Alitalia, ILVA, Ericsson, Almaviva...). Ripartendo il lavoro esistente fra tutti, secondo un piano democraticamente definito dai lavoratori stessi, in modo che nessuno ne sia privato. Avviando un grande piano di opere sociali (per il riassetto ambientale, fonti energetiche alternative, trasporto pubblico, edilizia scolastica e popolare, riparazione della rete idrica, bonifica del territorio a partire dall'amianto...) che dia nuovo lavoro a milioni di disoccupati (italiani e migranti) e che sia finanziato dalla tassazione progressiva delle grandi
ricchezze, dall'abbattimento dei privilegi istituzionali e clericali, dall'abbattimento delle spese militari e di guerra, dalle enormi risorse risparmiate con il ripudio del debito ai banchieri e la nazionalizzazione delle banche. A proposito di “lotta agli sprechi”.

Questo programma indica l'unica via possibile di alternativa. Ma non sarà realizzato né dai governi avversari, né dalla pura pressione dei movimenti, né dai populismi reazionari di Renzi, Salvini o Grillo. Può essere realizzato solo da un governo dei lavoratori e della popolazione povera: un governo che può essere imposto solo da una sollevazione popolare.

Ribadire, in ogni occasione, questa necessità di svolta, è un nostro impegno imprescindibile. La campagna elettorale è solo un terreno collaterale e provvisorio di questo nostro lavoro. Un nostro eletto/a, in qualsiasi sede istituzionale, sarebbe solo un tribuno/a di questa battaglia generale, in un rapporto indissolubile con le ragioni di tutti gli oppressi: un eletto dei lavoratori e lavoratrici al loro servizio, per una alternativa di società. Non un agente dell'avversario tra i lavoratori come troppe volte è successo.


IL CENTROSINISTRA A GENOVA: COMITATO D'AFFARI DEI POTERI FORTI E DEL PROFITTO AI DANNI DELLA POPOLAZIONE POVERA

Negli ultimi trent'anni, sotto le amministrazioni di centrosinistra, Genova ha perso una parte cospicua del suo patrimonio produttivo: fabbriche chiuse o delocalizzate, ridimensionamento di altre (vedi, solo recentemente, i casi Ilva, Fincantieri, Piaggio Aero e Ansaldo), chiusura di Ericsson ed Esaote, ridimensionamento del porto, declassamento della rete ferroviaria, tagli ai servizi pubblici... Fa eccezione il settore del turismo, che ha una tenuta occupazionale per lo più a livello stagionale e con l'uso massiccio di contratti precari, voucher o lavoro nero.

La dismissione delle fabbriche e dell'indotto ha causato una perdita enorme di posti di lavoro, di capacità e di ricchezza per la città: circa 20.000 posti di lavoro in meno tra il 2008 e il 2015 (dati CGIL), espansione geometrica del lavoro nero e irregolare, crescita continua del numero di lavoratori in cassa integrazione o in mobilità (12.000 nel solo 2011, 6000 nel 2015).

Un ciclone devastante, sospinto dalla crisi capitalista, che i governi locali hanno semplicemente gestito, quali curatori fallimentari del disastro.
Parallelamente la mole di lavori pubblici in città e dintorni non solo non ha compensato la perdita di lavoro di industria e servizi, ma si è trasformata in un fattore di deturpamento del territorio (mostro urbanistico dell'Erzelli, speculazioni della SPA Parcheggi, deturpamento dei parchi cittadini come all'Acquasola e a Nervi, chiusura e privatizzazione di fatto di molti caruggi tramite i cancelli, speculazioni edilizie sul Fereggiano...) con il contorno - molto spesso - di mazzette.

Non a caso, i vari Piani Urbanistici Comunali degli ultimi anni hanno fatto propri i dettati dei costruttori, ignorando le richieste e le osservazioni delle stesse associazioni ambientaliste. Mentre sono sotto gli occhi di tutti le enormi responsabilità dei governi locali (regionale e comunale) nelle concause dei disastri provocati dalle scorse alluvioni (a Marassi, S. Fruttuoso e Sestri Ponente) e nella gestione della drammatica emergenza: mancata prevenzione idrogeologica, mancata pulitura dei fiumi, facili licenze di costruzione lungo gli argini, mancate opere pubbliche strutturali come lo scolmatore del Bisagno (iniziato a costruire solo di recente), ecc.
La legge del profitto e le sue compatibilità l'hanno fatta insomma da padrone, a danno della sicurezza più elementare del territorio.

Le giunte cittadine di centrosinistra, al pari delle corrispondenti giunte provinciali e regionali, non solo non hanno contrastato (se non a parole) la stretta dei trasferimenti pubblici dei governi nazionali, ma hanno gestito -disciplinate ed obbedienti- tutte le conseguenze sociali di quella stretta: aumentando il proprio indebitamento verso le banche, e dunque esponendosi alla loro pratica usuraia, a scapito delle risorse pubbliche (pagamento di interessi onerosi e crescenti); affidando servizi pubblici a cooperative private; precarizzando i rapporti di lavoro nella stessa amministrazione pubblica; tagliando la spesa sociale in tutti i suoi aspetti, persino nella manutenzione ordinaria dell'arredo urbano (pulizia delle strade, derattizzazioni e cura dei giardini pubblici); privatizzando servizi fondamentali (gestione dell'acqua e del gas, mense scolastiche, trasporto pubblico, strutture cimiteriali, farmacie) con il relativo taglio di personale, peggioramento del servizio e rincaro delle tariffe. E di recente l'amministrazione Doria ha provato - senza riuscirci - a privatizzare AMIU, cedendola a Iren, un'operazione che avrebbe prodotto solo aumento delle tariffe, tagli ai servizi, esuberi e minori diritti per i lavoratori/trici del settore.

Dunque da ogni punto di vista, le giunte locali hanno operato come agenti degli industriali, dei banchieri, dei costruttori e più in generale del profitto.
La subordinazione religiosa al Patto di Stabilità imposta dalle varie Finanziarie (o Leggi di Stabilità) nazionali, varate da governi di centrodestra e centrosinistra, ne è la misura. Pertanto, non può esservi alternativa reale a tutto questo se non rovesciando questa logica: sfidando apertamente, anche sul terreno locale, la dittatura del capitale, e contrapponendovi le ragioni del lavoro e della maggioranza della popolazione.


NON UN PROGRAMMA “PER GENOVA” MA PER I LAVORATORI, I PRECARI, I DISOCCUPATI.
SIANO I LAVORATORI A GOVERNARE GENOVA, NON I BANCHIERI, GLI INDUSTRIALI, LA CURIA

Le nostre rivendicazioni programmatiche, sul terreno comunale, sono dichiaratamente “di parte”. Rifiutano di recitare il mantra ipocrita dell'”interesse generale della città”. Sposano dichiaratamente una parte della città contro l'altra: la parte del lavoro, dei giovani precari, dei disoccupati, dei migranti, delle masse popolari, contro la parte dei salotti e della borghesia benpensante, legata ai poteri forti cittadini (la piccola minoranza di banchieri, industriali, costruttori, Curia, e dei loro ambienti ramificati). O di qua o di là: in mezzo non si può stare. E noi stiamo senza riserve da una parte sola. Non abbiamo mai tenuto i piedi in due staffe.


IL NOSTRO PROGRAMMA PER GENOVA

Il nostro programma non si limita ad elencare i buoni propositi dei nostri candidati, ma presenta innanzitutto quello che comunque facciamo e faremo per difendere gli interessi di classe -a fianco di lavoratori, precari, disoccupati e migranti- in opposizione alle giunte di centrosinistra o centrodestra. Sia se resteremo fuori dal consiglio comunale. Sia, con forza ben superiore, se i nostri candidati saranno ivi eletti.

Le politiche di attacco al lavoro, di privatizzazione, di tagli sociali, continueranno anche a Genova sia che vinca il centrosinistra sia che vinca il centrodestra o il Movimento 5 Stelle (come successo a Parma e Livorno). Pensiamo solo a quanto fatto in questi cinque anni dalla giunta Doria, e alle tante speranze che aveva suscitato e che sono rimaste, poi, deluse.

Noi ci opporremo con tutte le nostre forze a queste politiche, chiunque le gestisca. Sosterremo tutte le lotte che si svilupperanno contro di esse. Lavoreremo a unificarle in una grande vertenza cittadina. Chiederemo incessantemente a tutte le sinistre cittadine (politiche, sindacali, associative, di movimento) di rompere con queste politiche e di combatterle, fino in fondo e in ogni sede, a partire dalle piazze e dai luoghi di lavoro. Di rompere col PD in tutta la regione, cessando di votare tagli e privatizzazioni in cambio di assessorati. Di realizzare con noi un fronte unico delle sinistre al fianco dei lavoratori, contro le forze dominanti.

Al tempo stesso non ci limiteremo all'opposizione. Non siamo solo “antagonisti”, siamo comunisti: non ci limitiamo a combattere l'attuale potere, vogliamo un altro potere, quello dei lavoratori e lavoratrici, in funzione di un'altra società, dove a comandare non siano le banche e i capitalisti ma chi lavora.

In questo senso avanziamo un programma, nel complesso, di rivendicazioni radicali: tanto radicali quanto radicale è la crisi che i lavoratori e le masse popolari stanno subendo e l'attacco che viene loro portato. È il programma di una giunta di svolta a Genova, che abbia il coraggio di rompere apertamente con le regole del gioco del capitalismo e di battersi per una vera alternativa.

Una giunta comunale di svolta dovrebbe:

1) Rifiutare di subordinarsi al Patto Finanziario di Stabilità che sta strangolando i Comuni a vantaggio delle banche, e ripudiare il debito pubblico contratto con le banche. Le risorse così risparmiate e recuperate andranno investite nei servizi pubblici e sociali, a tutela dei lavoratori e della popolazione povera (es. mense gratuite e dormitori per i senza tetto).

2) Abolire il finanziamento pubblico a scuole private (laiche o confessionali) devolvendo le risorse così risparmiate all'istruzione pubblica e agli asili comunali. Abolizione del finanziamento pubblico alle cliniche private, a vantaggio della sanità pubblica e della cancellazione o riduzione dei tickets.

3) Difesa di tutti i posti di lavoro presenti sul territorio cittadino e metropolitano, anche - se necessario - con la convocazione di scioperi cittadini ripetuti e ad oltranza, e l'istituzione di casse di resistenza cittadine. No alla privatizzazione di AMIU, di AMT e delle altre aziende partecipate. Tutte le aziende e servizi pubblici privatizzati a Genova in passato, vanno recuperati al controllo pubblico. Sì all'azzeramento di tutti i consigli d' amministrazione di aziende pubbliche e loro sostituzione con consigli dei lavoratori di queste aziende, ed elezione di rappresentanti e dirigenti aziendali revocabili in qualsiasi momento. Assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari della pubblica amministrazione. Promozione di un controllo popolare sul territorio, col pieno coinvolgimento di comitati di quartiere e strutture sindacali, per censire in modo capillare tutti i casi di sfruttamento odioso del lavoro nero e irregolare, e di evasione fiscale e contributiva: imponendo la regolarizzazione dei lavoratori sfruttati (o la requisizione delle aziende responsabili).

4) Rifiutare l'applicazione dell'IMU sulla prima casa popolare di abitazione (tanto più insopportabile per chi sta pagando mutui da rapina), e applicare un prelievo progressivo sulle seconde e terze case. Requisire le case sfitte, a partire da quelle detenute dalle grandi società immobiliari e dalla Curia, e porle a disposizione della popolazione povera e bisognosa. Assegnare rapidamente tutte le case popolari sfitte.

5) Abbattere i privilegi istituzionali a tutti i livelli: sindaco, assessori, dirigenti del Comune e delle aziende comunali dovranno avere uno stipendio non superiore a quello di un operaio specializzato. Il ricorso a consulenti dovrà essere limitato al massimo e compatibile con le risorse del Comune. Le risorse così liberate potranno essere utilizzate al finanziamento di un salario sociale ai disoccupati in cerca di lavoro. Massima trasparenza per tutti gli atti della Pubblica Amministrazione, con pubblicazioni periodiche, e totale trasparenza sui contratti derivati stipulati finora (dalle giunte precedenti) con le banche, e sulle loro conseguenze per i cittadini.

6) Vanno annullate le spese faraoniche oggi previste per opere speculative e anti-ambientali, al servizio degli interessi di costruttori e privati (piano Erzelli, inceneritore di Scarpino, Terzo Valico, Gronda...), investendo le risorse così liberate in un grande piano di rinascita sociale della città, capace di dare lavoro utile a migliaia di disoccupati, italiani e immigrati. Avvio di un piano generale di raccolta differenziata dei rifiuti al 70%, riassetto idrogeologico del territorio, potenziamento del trasporto pubblico, completamento dello scolmatore del Bisagno, bonifica di tutte le zone pubbliche inquinate da amianto o altro, e messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici presenti in zone a rischio idrogeologico. Per un nuovo PUC che preveda la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e il divieto di edificare in tali aree. Demolizione programmata di tutti gli edifici incompatibili con la sicurezza fisica e la gestione sostenibile della città, siano essi privati o pubblici.

7) I problemi dei vari municipi dovranno essere risolti equamente rispettando le priorità reali, garantendo maggiori risorse e senza fare ricorso ai lavori volontari. Le spese prioritarie dovranno essere quelle sociali: la salute attraverso l'apertura di nuovi presidi sanitari e consultori familiari; le scuole con il potenziamento di tutti gli asili e le scuole materne, col loro miglioramento e la loro manutenzione costante; il decoro attraverso la manutenzione e la pulizia di strade e zone verdi nel territorio. Sistemazione dei giardini pubblici, ripristino delle fontanelle e installazione di panchine senza la staffa anti-clochard. Infine, realizzazione di tutte le opere necessarie per garantire l'agibilità nei luoghi pubblici, nelle strade e marciapiedi di maggior passaggio per tutti i cittadini con disagi fisici-motori.

8) Sostegno istituzionale a tutti i movimenti di lotta contro il razzismo e la xenofobia, e di sostegno agli interessi dei migranti. Per una gestione della accoglienza dei migranti e rifugiati nel pieno rispetto della loro dignità e diritti, per favorire la loro integrazione. Per un elenco pubblico delle strutture e dei soggetti che gestiscono l'accoglienza e controlli sistematici sull'adempimento degli obblighi che spettano ai gestori di questi centri. Nessuna agibilità politica a partiti e organizzazioni fasciste (CasaPound, Forza Nuova...)

9) Diritti civili. Sostegno economico ai centri anti-violenza e parità salariale tra uomini e donne in tutte le aziende comunali. Riconoscimento dei matrimoni gay e delle coppie di fatto. Realizzazione di progetti e interventi a tutela delle persone e della comunità LGBQTI con il coinvolgimento di tutte le associazioni ad essa collegate.

10) Difesa incondizionata della cultura e del patrimonio architettonico di Genova. Piano di riduzione dei prezzi dei biglietti ai musei pubblici, mantenimento della prima domenica del mese come giorno di ingresso gratuito. Piano di restauro per i monumenti pubblici. Valorizzazione del centro storico che deve diventare un centro di aggregazione e divertimento, nel pieno rispetto dei diritti e della sicurezza dei suoi abitanti. Riapertura di tutti i vicoli chiusi e privatizzati in questi anni. Maggiore pulizia dei vicoli, e derattizzazione sistematica contro ratti e blatte in tutto il centro storico.

11) Abolizione dei privilegi del Vaticano e della Curia: pagamento dell'ICI per gli immobili non destinati al culto. No al Nuovo Galliera. Requisizione delle grandi proprietà immobiliari del clero (esclusi i luoghi di culto) per usarle a fini sociali sotto controllo pubblico.

Nel complesso, una simile giunta di svolta e il suo programma - proprio per il loro carattere radicale - incontrerebbero certamente l'opposizione aperta dei governi nazionali (e regionali) di ogni colore. E dunque potrebbero essere imposti e realizzati solo da una mobilitazione di massa straordinaria in aperta contrapposizione alle classi dirigenti. Anche a questo fine, l'intera macchina comunale andrebbe rivista da cima a fondo: trasferendo il potere reale nelle strutture autorganizzate dei lavoratori e del popolo, quartiere per quartiere, e su scala cittadina. Un'assemblea cittadina di delegati eletti nei posti di lavoro e nei quartieri, privi di ogni privilegio sociale, permanentemente revocabili dai loro elettori, sarebbe infinitamente più forte, più efficiente, più democratica, più economica, di qualsiasi vecchia macchina burocratica dello Stato. È la prefigurazione di un altro governo politico: non più lontano e nemico dei lavoratori e delle masse popolari, ma vicino ai loro interessi, organizzatore ed espressione della loro forza, un organo di potere degli sfruttati contro gli sfruttatori. Per questo costituirebbe di per sé un fattore di richiamo per i lavoratori e le masse popolari di tutta Italia, e un atto di ribellione contro le classi dirigenti nazionali. E sarebbe un passo in direzione di un'alternativa generale, uno strumento di lotta per un governo dei lavoratori in tutta Italia.

E' naturale che sia così. Tutti i problemi sociali dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati genovesi, possono essere risolti compiutamente solo su scala più grande. Lottare a Genova per questa prospettiva generale di svolta, non è “parlar d' altro”: è l'unico modo coerente di battersi per gli obiettivi e le esigenze dei lavoratori e delle classi popolari. Fuori da questa prospettiva generale, ogni forma di radicalismo municipale rischierebbe - in cambio di una sua solo apparente “concretezza” - di rinunciare a soddisfare le reali domande degli sfruttati.

Solo una lotta radicale e generale per un'alternativa anticapitalista può strappare cammin facendo risultati parziali e concreti. Perché le classi dominanti sono disposte a concedere qualcosa solo quando hanno paura di perdere tutto. Rivendicare “tutto” è, quindi, l'unico modo concreto di strappare qualcosa. E viceversa, respingere una prospettiva di lotta radicale, è il modo sicuro di non ottenere niente, e dunque di continuare ad arretrare lungo una discesa senza fondo.

Per questo ci rivolgiamo a tutti gli sfruttati ed oppressi di questa città - a partire dalle persone più combattive, più generose, più coscienti - per dire loro la cosa più semplice: uniamo le nostre forze attorno ad un programma di vera opposizione e di vera alternativa. Anche attraverso il voto: perché ogni voto al PCL rafforzerebbe quel programma. Ma soprattutto dopo il voto, impegnatevi insieme a noi sui luoghi di lavoro e nei quartieri, per difendere gli interessi dei proletari e delle masse popolari, e contrastare quelli delle borghesie e dei loro partiti politici. Perché solo attraverso un impegno costante sarà possibile costruire la vera opposizione e la vera alternativa.

Noi vogliamo che al posto di comando vadano finalmente i lavoratori. Dare un partito a questo programma è l'impegno del Partito Comunista dei Lavoratori.

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Genova

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