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L'impasse enorme del Venezuela e la via d'uscita

6 Maggio 2017
Venezuela


La straordinaria crisi politica in Venezuela si trova in un vicolo cieco che la rende ogni giorno più grave. La crescita persistente degli scontri di piazza mette a nudo una paralisi politica acuta delle due fazioni in scontro, e ovviamente degli Stati e dei governi coinvolti in maniera aperta o surrettizia in questo processo. Il governo di Chavez difende la sua continuità grazie a una repressione statale e parastatale sempre più letale, con la speranza di evitare un intervento finale della forze armate. Non può offrire, tuttavia, un progetto politico, che in questa fase della crisi presuppone, come garanzia, la rimozione di Maduro. L'opposizione, dominata dalla destra 'liberale', ha deciso un'occupazione permanente delle strade, dopo il fallimento di diversi 'mediazioni'. Ma non è riuscita a conquistare l'impegno attivo delle masse più povere del paese, né sembra che questa sia la sua intenzione – il suo programma si limita alla richiesta di elezioni e di un "aiuto umanitario" internazionale per mitigare la crisi di approvvigionamento. È stata molto attenta a non fare rivendicazioni sociali di emergenza. La classe operaia non è protagonista né di scioperi né di dimostrazioni attive.


LABIRINTO CHAVISTA

Le opposizioni di destra del governo credono di intravvedere una linea politica governativa che punterebbe all’istituzione di un regime di partito unico. Brandiscono come prova la contrarietà del governo a indire un referendum revocatorio - che è costituzionale - e il rinvio senza data delle elezioni per i governatori e i sindaci, così come un tentativo di chiusura di fatto dell'Assemblea Nazionale. Questo tentativo non ha avuto successo perché la chiusura dell'Assemblea avrebbe privato lo Stato della garanzia costituzionale per contrarre finanziamenti esteri o per privatizzare, anche solo in parte, proprietà dello Stato – cosa che porterebbe in poco tempo a una dichiarazione di default. L’intenzione di Maduro di far passare una legge per privatizzare le attività della PDVSA in favore, inizialmente, della azienda russa Rosfnet, non è riuscita proprio perché aveva la necessità di avere l’approvazione parlamentare.
Con un debito pubblico che alcuni stimano di circa 150 miliardi di dollari, e riserve di 10 miliardi di dollari (escluse le riserve auree), la mancanza di una agenda dell'Assemblea nazionale - dominata dall’opposizione - conduce al fallimento ufficiale dello Stato. L'impasse non potrebbe essere maggiore: il chavismo non può ignorare l'Assemblea. Il Venezuela, inoltre, ha un debito di 40 miliardi di dollari con la Cina, dietro scambio di petrolio, con un contratto che prevede il default in caso di mancato pagamento di una scadenza ("cross-default"). Il debito del Venezuela si quota al 30% del suo valore originale e i sicuri nuovi default riguardano l'80% del debito. Il chavismo non potrebbe diventare quindi, come denuncia la destra, un regime da Zimbabwe o da Corea del Nord, senza subire un collasso economico e in seguito politico. Né potrebbe diventare Cuba per decreto, perché Cuba ha un proprio ordinamento giuridico originato da una rivoluzione. Il concetto di 'rivoluzione bolivariana' o del 'XXI° secolo' non ha, come si è visto, una sua entità storica.


MACRISMO CARAIBICO

La paralisi generale che domina la politica venezuelana riguarda la paura ispirata da uno smantellamento del controllo di massa di cui godono ancora l'apparato statale e parastatale del chavismo e delle forze armate. Un 'macrismo' (da Macri, presidente argentino appartenente alla destra liberale) alla caraibica sarebbe esplosivo, almeno senza un aiuto internazionale eccezionale. Il chavismo ha sviluppato un piano sociale di grande entità attraverso un apparato indipendente dello Stato ufficiale, il che spiega il collasso del sistema sanitario ed educativo preesistente, in beneficio delle 'missioni' (programmi di assistenza). Il caso dell’edilizia popolare (circa un milione di unità!) rappresenta un caso di straordinaria crisi, perché non è passato per un processo di vendita e di cessione. Un passaggio del governo alla destra metterebbe in dubbio la titolarità di fatto della proprietà di queste case popolari, e anche lo sviluppo di un mercato nero. Nel mezzo di un collasso sociale eccezionale, molti settori popolari sono legati a un sistema che lo Stato capitalista non può sostenere. La proposta di cessione avanzata da più di un settore dell'opposizione comporterebbe un’ipoteca che i beneficiari non potrebbero sostenere. La crisi dell'esperienza chavista, per ciò che riguarda la destra, implica una controrivoluzione sociale considerevole. Non c'è altra via d'uscita per le masse che un governo dei lavoratori.


L'IMPERIALISMO
 
Con il governo di Trump c’è stata una revisione della politica di riavvicinamento con Cuba e del processo di pace in Colombia, che aveva promosso Obama. L’impasse venezuelana è legata, quindi, ad un 'pacchetto internazionale'; nei giorni scorsi, un gruppo di veterani dell’esercito degli Stati Uniti ha esortato Trump a non cambiare questo corso. A questo si aggiunge il tema di fondo del destino del petrolio venezuelano - condizionato dalle multinazionali di Stati Uniti ed Europa, da un lato, e dalla Cina e Russia, dall’altro. Un cambio di regime porterà a un cambio di mano della proprietà delle enormi riserve di idrocarburi del Venezuela. Tutto questo spiega la portata internazionale della crisi venezuelana e l'impatto che avrà sulle relazioni politiche in America Latina. L'imperialismo, nel breve periodo, cerca di sfruttare la crisi per fare una “gran Santa Cruz” (rivolta contro la presidente kirchnerista della regione Santa Cruz, ndt), ossia approfittare dell'agonia del chavismo per rafforzare la corrente per così dire "macrista" in tutta l'America Latina.
Questa caratterizzazione d’insieme deve determinare l'orientamento della sinistra rivoluzionaria. Da un lato, denunciare il carattere controrivoluzionario della mobilitazione dell’opposizione, anche se impugna rivendicazioni di carattere democratico, come la cessazione del governo per decreto e la convocazione di elezioni, o la fine della repressione poliziesca e parapoliziesca. È necessario sottolineare il carattere di classe del movimento, che è guidato dal grande capitale internazionale e nazionale, anche se è seguito o accompagnato da settori popolari e di lavoratori. Dall’altro lato, rifiutare qualsiasi appoggio politico per un governo che ha sprofondato le masse nella disperazione per mantenere un ordine capitalistico pseudo-statalizzato completamente fallito e corrotto. Sulla base di queste due posizioni si deve chiamare l'avanguardia dei lavoratori a costruire un'alternativa operaia propria, di carattere socialista. La crisi in corso attualmente è un episodio di un processo più ampio, che metterà in moto tutti gli sfruttati.


CODISMO POLITICO

Nel campo della sinistra e della sinistra ex chavista è in corso un processo singolare, che consiste nel favorire un accordo tra il chavismo e l'opposizione di destra, o il codismo e l’appoggio alla mobilitazione guidata dalla destra. Nicky Evans, laeder di Marea Socialista (partito fratello di Sinistra Anticapitalista in Italia), ha conquistato la settimana scorsa il sostegno della CNN per la proposta di una commissione che coinvolga le parti in causa attorno a un calendario elettorale. Il PSL (partito affiliato alla UIT, organizzazione trotskista internazionale, ndt), dopo aver segnalato che "la maggioranza (!) dei settori popolari e lavoratori non scendono ancora a protestare" fa appello a "che il popolo lavoratore si unisca alla protesta che cresce nel paese travalicando la MUD (l’alleanza dell'opposizione filoimperialista, ndt) nella prospettiva strategica di un governo dei lavoratori e del popolo".


LA DIREZIONE
 
Questa è la linea della sinistra democratica e "anticapitalista" nella crisi che attraversa Venezuela. L’uscita controrivoluzionaria dal crollo del nazionalismo militare e piccolo-borghese è presentata come "democratica". Si tratta di un perfetto esempio di mancanza di orientamento politico, per usare un eufemismo, in cui si trovano i settori operai particolarmente attivi che agiscono nei sindacati.
Ma la lotta politica decisiva che i lavoratori dovranno affrontare è solo all'inizio.

Jorge Altamira

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