Prima pagina

La crisi di Podemos e la necessità di lottare per una prospettiva di classe e anticapitalista

da Clase contra Clase

26 Febbraio 2017

Il governo del Partito Popolare, appoggiato dalla grande coalizione del PSOE e da Ciudadanos, si prepara ad applicare nuove riforme e vieta il diritto all'autodeterminazione della Catalogna. Nel frattempo, la crisi di Podemos riafferma la necessità di rilanciare la lotta per una prospettiva anticapitalista e dei lavoratori in tutto lo Stato spagnolo

Erre-Igle



Dopo un anno di profonda crisi politica, il patto della “triplice alleanza” stretto da PP, PSOE e Ciudadanos ha permesso la formazione di un nuovo governo del Partito Popolare. Il Fondo Monetario Internazionale e il padronato premono per “recuperare il tempo perso” chiedendo nuove riforme, tagli alla sanità e all'istruzione, l'abbassamento delle pensioni e nuove riforme del lavoro. Tuttavia, il PP non gode più di una maggioranza propria, e cresce il malcontento nei suoi confronti, fatto che non rende facile applicare queste misure senza dover far fronte a nuove resistenze.
Gioca a suo favore il ruolo dei vertici sindacali, che hanno svolto un ruolo centrale nel rendere ancora più immobile la situazione, cercando il “dialogo sociale” con il governo e rinviando sine die l'appello alla lotta, mentre lasciano che ogni giorno si verifichino aggressioni e licenziamenti e nuovi licenziamenti collettivi.

La nuova legislatura inizia con un gruppo di settantuno deputati di Unidos Podemos che promettono “trasformazioni dall'interno delle istituzioni”. Ma la feroce lotta interna che attraversa l'organizzazione, tormentata da manovre, insulti e ricatti tra le sue principali frazioni dimostra ancora una volta i limiti del progetto di Podemos. Le tre aree di Podemos rappresentano matrici e orientamenti tattici diversi, ma che tuttavia condividono una strategia comune: il perseguimento di una via graduale e riformista delle istituzioni della democrazia spagnola in crisi. La forte presenza elettorale e nelle sedi istituzionali di Unidos Podemos è stata inversamente proporzionale allo sviluppo della lotta di classe e dell'autorganizzazione operaia e popolare. Al contrario, la sua anima “istituzionalista” e “parlamentarista” ha agito in modo passivizzante.
La divisione tra Iglesias ed Errejón è espressione di una lotta per il controllo dell'apparato in una struttura centralizzata imposta a Vistalegre I (assemblea di "fondazione" di Podemos, che si tenne nel 2014 nel Palacio de Vistalegre di Madrid, ndt). Tuttavia, questa divisione mostra anche i limiti di un progetto che ha reso autonoma la “nuova politica” (di Iglesias e Podemos, ndt) dalle necessità dei settori popolari e dei lavoratori, e che ha fatto della moderazione programmatica e discorsiva la sua ragion d'essere.
Per Iñigo Errejón si tratta di approfondire alcuni degli elementi della “ipotesi Podemos”: un discorso trasversale che rifiuta lo schematismo destra/sinistra, la moderazione dei gesti per non “fomentare la paura”: una specie di PSOE 2.0.
Pablo Iglesias ha portato avanti una svolta tattica e adesso cerca di “scavarsi le trincee” nel fianco sinistro del regime, stringendo migliori rapporti con i movimenti sociali. Vuole consolidare Unidos Podemos (in accordo con la direzione di Izquierda Unida) come opposizione interna al regime, sperare nelle prossime elezioni e cercare un nuovo accordo con il PSOE per governare.

Anticapitalistas (gruppo legato all'attuale Segretariato Unificato della Quarta Internazionale, del quale è espressione in Italia Sinistra Anticapitalista, ndt) ha presentato dal canto suo il progetto “Podemos en movimiento”, che avanza delle critiche corrette all'attuale direzione di Podemos ed al modello imposto a Vistalegre I. Tuttavia, posizioandosi come l'ala “ragionevole” di Podemos, che cerca di recuperare le origini del progetto, non fa un bilancio fino in fondo della crisi della “ipotesi Podemos”, né propone una rottura con la sua strategia riformista. Per gli “anticapitalisti” la mobilitazione e lo sviluppo dei movimenti sociali come movimenti di “contropotere” costituiscono delle vie che conducono verso una trasformazione sociale graduale a partire dalle posizioni istituzionali conquistate. Così, il progetto capeggiato da Anticapitalistas riprende alcune questioni programmatiche che erano rimaste aperte nel lungo periodo di moderazione elettorale, ma continua a lasciare da parte tutta una serie di misure che si scontrano apertamente con la proprietà capitalista.


LA PROVA DEL POTERE: LE "GIUNTE DEL CAMBIAMENTO"

Podemos oggi non è solo una forza di “opposizione” parlamentare, ma fa parte del governo delle principali città spagnole come Madrid, Barcellona, Valencia, Saragozza e Cadice insieme a liste civiche, a Izquierda Unida e ad altre forze. Ed è proprio lì dove governano che viene messa pienamente in atto la pratica in cui si è fatto esperto Pablo Iglesias: discorsi radicali dalla tribuna, ma al governo moderazione, moderazione e ancora moderazione.
Tutte le aree di Podemos prendono ad esempio le “Giunte del cambiamento”, ma per migliaia di lavoratori, lavoratrici, giovani e attivisti l'esperienza di quasi due anni di questi governi si è rivelata una grossa delusione.
Nel ruolo di “gestori” dell'ordine capitalista delle grandi metropoli spagnole, hanno messo da parte le istanze di rimunicipalizzazione dei servizi pubblici, il diritto alla casa e al lavoro, la rottura con le grandi corporazioni imprenditoriali che si accaparrano i commerci e la lotta al debito illegittimo. Invece, sgomberano i centri sociali e perseguono i venditori ambulanti immigrati, attaccano i lavoratori della metropolitana in sciopero mentre concludono accordi con il PSOE, e così il moderatismo si è trasformato nel loro abituale modus operandi, cedendo continuamente di fronte ai poteri tradizionali, non solo su questioni sociali ed economiche, ma anche sul terreno culturale.
Le “giunte del cambiamento” come prova del potere di Podemos e dei suoi alleati (Izquierda Unida) hanno mostrato in quasi due anni di governo che non sono disposte ad andare più in là di tiepide misure di facciata, senza risolvere nessuna delle richieste sociali e democratiche pendenti, cedendo in continuazione alle pressioni delle imprese, delle banche e della destra tradizionale.


LA “PATATA BOLLENTE” DEL REGIME: LA QUESTIONE CATALANA

Inoltre, nei prossimi mesi la questione del referendum catalano sarà probabilmente la principale spina nel fianco per il regime del '78 [la Monarchia spagnola nel suo assetto post-franchista, ndt]. La promessa di Puigdemont (Presidente della Catalogna, ndt) di celebrare un referendum di autodeterminazione nel mese di settembre sta inasprendo l'offensiva nazionalista del PP, con l'appoggio del PSOE, di Ciudadanos e della magistratura. Lo Stato spagnolo vuole mostrare che non c'è referendum possibile se non affrontando il regime del '78 e le sue istituzioni. A sua volta la tabella di marcia di “Junts pel Sí” ("Insieme per il sì", coalizione trasversale pro-indipendenza, ndt) mostra la sua impotenza nel negarsi in ogni circostanza a promuovere la mobilitazione sociale necessaria al braccio di ferro. Dal canto suo, la sinistra del Parlamento della Catalogna si divide tra la posizione dei “comuni” (1) che vogliono contenere la lotta per il diritto a decidere in merito all'accordo con lo Stato centrale, e quella della CUP (Candidatura di Unità Popolare) che si piega alla tabella di marcia di Puigdemont, approvando alcune delle misure di continuità della peggiore fase dei tagli.
Il 2017 può essere un anno decisivo per il processo catalano, in cui il cosiddetto “procesisme” (processo di indipendenza, ndt) rischia di morire in un vicolo cieco. Per la sinistra anticapitalista e di classe che si rivolge ai settori che iniziano a mettere in dubbio la politica dei “comuni”, è fondamentale lottare per il referendum incoraggiando una mobilitazione sociale di massa guidata dai lavoratori, con un programma che risolva anche i problemi sociali più importanti, chiedendo a tutti coloro che dicono di essere a favore del diritto di scegliere, compreso Unidos Podemos, di incoraggiare le mobilitazioni in Catalogna e nel resto dello Stato.


LA LOTTA PER UN BLOCCO ANTICAPITALISTA CHE SVILUPPI LA LOTTA DI CLASSE

Al di là del risultato di Vistalegre II (2) la crisi interna di Podemos comincia a tracciare i confini dell'illusione politica che il gruppo ha generato in milioni di persone dopo la sua irruzione nelle elezioni europee del 2014. Perciò è lecito chiedersi se possono cominciare a nascere settori che vedano la necessità di una nuova ipotesi di sinistra, anticapitalista e di classe, che torni a mettere al centro la lotta di classe e non le istituzioni della democrazia liberale.
Questo è ciò su cui abbiamo scommesso come Clase contra Clase e ciò per cui, insieme ad altre organizzazioni della sinistra che si definisce anticapitalista, l'anno scorso abbiamo inaugurato l'iniziativa “No hay tiempo que perder” ("Non c'è tempo da perdere", ndt). Dopo un importante incontro nazionale, si sono formati vari comitati in diverse città e abbiamo partecipato in forma unitaria a diversi momenti di lotta, come alle Marce della dignità, agli scioperi studenteschi e alle azioni del 1 maggio.
In seguito al dibattito collettivo è stato elaborato un programma che fa fronte alla crisi del regime del '78 da una prospettiva anticapitalista e di classe, con provvedimenti che, a partire dalle istanze più urgenti dei lavoratori come il diritto al lavoro, alla casa e ad una esistenza dignitosa, presenta misure come la nazionalizzazione delle banche e delle impresse strategiche sotto controllo operaio, la suddivisione delle ore di lavoro con aumento salariale, la lotta al debito, ecc. Il programma include anche la lotta per le istanze democratiche più sentite come il diritto all'autodeterminazione, la fine della monarchia, i diritti per gli immigrati e i rifugiati, l'annullamento della “ley mordaza” che, tra le altre cose, limita la libertà di manifestazione, e di altre leggi repressive. Tale programma, dal nostro punto di vista, deve essere legato alla lotta per un processo costituente guidato dalla mobilitazione operaia e popolare in una prospettiva di un governo dei lavoratori, della lotta contro l'Unione Europea del capitale e per l'unità dei popoli contro l'imperialismo.
Alcuni giorni fa, come Clase contra Clase abbiamo inviato una lettera ai compagni di IZAR (Izquierda Anticapitalista Revolucionaria), che ci hanno invitato a partecipare al loro I Congresso nazionale, in cui proponevamo di rilanciare con più forza questa iniziativa, proposta che rinnoviamo e che rivolgiamo anche alle altre organizzazioni che compongono “No hay tiempo que perder”, così come ai compagni indipendenti che partecipano al progetto e alle altre organizzazioni che ancora non si sono associate.
Essendo riusciti ad elaborare un manifesto programmatico comune, portando avanti interventi comuni e conquistando uno spazio di dibattito fraterno tra diverse organizzazioni e militanti indipendenti, questo blocco costituisce un punto di partenza per rafforzare la lotta in una prospettiva anticapitalista e di classe, compito che deve unirsi ad altre organizzazioni e movimenti della sinistra anticapitalista, al sindacalismo di classe antiburocratico e ai movimenti di lotta delle donne e dei giovani.
L'esperienza dei nuovi fenomeni politici degli ultimi anni apre la possibilità di rafforzare un polo che si proponga di intervenire unitariamente nelle lotte del movimento operaio, del movimento studentesco, del movimento delle donne, nei gruppi come le Marce della dignità e altri movimenti sociali, per ridare vita alla mobilitazione operaia e popolare, per difendere un programma che faccia pagare la crisi ai capitalisti, e per abbattere questo regime politico.
Unendo le forze per denunciare e presentare le esigenze [dei lavoratori] alle direzioni sindacali e politiche di sinistra, per costruire un ampio fronte unico di lotta contro il governo di grande coalizione, la sua nuova agenda di riforme e le sue offensive liberticide.



Note:

(1) comuni governati da coalizioni progressiste vicine a Podemos, come quella di Ada Colau a Barcellona, che teorizzano il cosiddetto municipalismo come forma di cambiamento e rottura dal basso sia nei confronti dei governi centrali che delle istituzioni politico-economiche internazionali, ai quali intendono contrapporsi sulla base di una resistenza territoriale, municipale, appunto. Posizioni assai simili si riscontrano, in Italia, all'interno di settori della sinistra che appoggiano la giunta di Luigi De Magistris a Napoli.

(2) secondo "congresso" di Podemos, seguito a Vistalegre I, che ha avuto luogo l'11 e 12 febbraio scorsi. Ha visto l'affermarsi del settore di Iglesias sul settore ancor più moderato e "compatibilista" del suo rivale interno Errejón, nettamente aperto ad alleanze con il PSOE.

Clase contra Clase - Spagna

CONDIVIDI

FONTE