Interventi

Il Ku Klux Klan e il capitalismo negli Stati Uniti

dal sito Révolution permanente

29 Novembre 2016

Dopo l’investitura di Donald Trump alla Convention nazionale repubblicana nel luglio scorso, il Ku Klux Klan si è fatto sempre meno discreto. Sostegno pubblico al candidato repubblicano, prese di posizione sul suo programma, cortei nelle strade di alcuni Stati del Sud: il KKK è tornato sulla scena nazionale e intenderebbe esercitare una pressione destra sul nuovo presidente.
Pablo A. Pozzi, storico degli Stati Uniti, esamina la lunga storia del KKK nel quadro del sistema capitalista nordamericano.

KKK



La storiografia tradizionale dice che il 24 dicembre dell’anno 1865, pochi mesi dopo la fine della guerra di secessione, un gruppo di giovani studenti del Sud fondò un “circolo sociale” i cui membri si coprivano il volto indossando dei cappucci. Raccontavano di volere così spaventare ex schiavi recentemente liberati. Questa moda si diffuse gradualmente in tutta la regione e nel 1867 si formò il Ku Klux Klan, con l’obiettivo di “mettere i neri al loro posto”.

La realtà non potrebbe essere più diversa. Lungi dall’essere uno “scherzo” goliardico, il KKK fu organizzato da sei ex ufficiali della Confederazione venuti da diverse contee meridionali e supportato da élite locali e, in particolare, dai proprietari delle piantagioni i cui schiavi ne avevano lavorato fino a poco prima le terre.

Il loro problema era duplice. In primo luogo, i neri liberati cominciavano a esercitare i loro diritti politici, eleggendo deputati al Congresso e nei parlamenti statali. Peggio ancora, gli ex schiavi divennero lavoratori dipendenti, chiedendo salari decenti e organizzandosi in sindacati. Il KKK sorse come reazione alla crescente partecipazione dei neri alla vita politica e per “ancorarli” alla terra con salari bassissimi. Nel frattempo vennero rapidamente messe in piedi la schiavitù per debiti e altre misure restrittive. Non era l’unica organizzazione di questo genere: altre ancora ne vennero create, come ad esempio i Cavalieri della camelia bianca.

Il primo “Grand Wizard” del KKK, Nathan B. Forrest, era egli stesso un grande proprietario terriero e speculatore a Memphis, Tennessee, che aveva fatto fortuna nella tratta dei neri. Non fu solo. Molti proprietari terrieri e commercianti del Sud appoggiarono il KKK, diventandone la prima generazione di dirigenti. Ma il KKK non si accontentò semplicemente di reprimere i “neri”, ma attaccava tutti i “bianchi” che sostenevano gli schiavi liberati e li educavano ad organizzarsi. Nacque allora l’insulto “nigger lover” (amante dei neri) per descrivere chi si mescolava con la popolazione nera. Alcuni bianchi poveri videro nel KKK la possibilità di una mobilità sociale ascendente, in politica o nel commercio.

Il KKK conobbe un certo successo e il Sud raggiunse un accordo politico dopo le elezioni presidenziali del 1876. Venne allora messa in campo una sorta di apartheid governato dalle leggi Jim Crow. Ma questa storia è stata immortalata e restituita dal regista D.W. Griffith nel suo film “Nascita di una nazione”, accompagnato dagli apprezzamenti razzisti del presidente e storico del tempo, Woodrow Wilson.

Ispirato al film di Griffith, il KKK si riorganizzò nel 1915 sotto la direzione di William J. Simmons, con l’obiettivo di reprimere lo sviluppo sindacale e l’estrema sinistra del tempo. Progettando il KKK come una grande azienda, Simmons sottoscrisse una campagna pubblicitaria che difese – ma che diffuse anche – commercializzandone i “metodi”. I suoi nemici erano ormai i “sindacalisti, i socialisti, i barboni, le donne immorali, i cattolici, gli ebrei, e tutti gli operai che non lavoravano duramente”. Fu anche l’epoca in cui l’immigrazione irlandese era repubblicana; gran parte della popolazione ebraica era socialista; molti immigrati italiani erano influenzati dall’anarchismo e i messicani dagli zapatisti; e l’IWW convocava grandi scioperi combattivi.

Supportato da organizzazioni “di sicurezza”, le file del KKK si ingrossarono rapidamente fino a raggiungere diverse decine di migliaia di membri in tutto il Paese, soprattutto in Stati come l’Indiana, la California e New York. Grandi industriali, come Henry Ford, contribuirono allora a finanziare il Klan.

Il suo successo fu che il gruppo razzista si divise in diverse organizzazioni, pur continuando le sua attività. Negli anni 30, ebbe un gran peso politico nella maggior parte degli Stati dell’Unione. Allo stesso tempo, si trovò di fronte ad un’estrema sinistra pronta a sbarrargli la strada. Così il Partito comunista organizzò i contadini del Sud (Southern Tenant Farmers Union), che, oltre alle sue funzioni sindacali, sviluppò una politica di autodifesa delle masse molto efficace.

Gli scontri furono numerosi e il KKK linciava qualsiasi attivista non protetto: atmosfera meravigliosamente rappresentata dalla canzone Strange Fruit, composta dal comunista Abel Meeropol e cantata da Billie Holiday.

Il KKK, nelle sue varie forme, proseguì la sua attività e ha esercitato una notevole influenza sul potere politico fino ad oggi. Due presidenti, uno repubblicano e uno democratico, Harding e Truman, furono membri del Klan, e così noti senatori come Robert Byrd, Theodore Bilbo e Rice Means. Governatori statali come Edward Jackson (Indiana) e Clifford Walker (Georgia), come pure il sindaco di Los Angeles, John Porter, ne furono anch’essi membri. Così, la sua influenza si estese ben al di là del profondo Sud. Il Klan ha anche annoverato tra i suoi affiliati almeno due giudici della Corte Suprema, Edward Douglass White e Hugo Black. Infine, David Duke, “direttore nazionale” del “nazionalismo bianco” e Grand Wizard del KKK, si presentò alle primarie presidenziali democratiche del 1988. Negli anni 90 entrò a far parte del partito repubblicano e divenne presidente della sezione St. Tammany, in Louisiana.

Il KKK è ben lungi dall’essere un’organizzazione marginale. In effetti, come le milizie neonaziste, è uno degli strumenti repressivi impiegati dal capitalismo nordamericano contro i resistenti che possono sorgere.

Proprio perché nel 1865 il problema non è mai stata la “negritudine”, ma piuttosto l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori in difesa dei loro diritti, J. Edgar Hoover e l’FBI hanno sempre visto con favore il KKK. Per Hoover, essere ebreo, o nero, e sovversivo era la stessa cosa. Così infatti venne perseguito Charlie Chaplin, noto membro del PC, accusato anche di essere ebreo («Non ho quest’onore», rispose Chaplin guadagnandosi l’odio permanente del razzista Hoover).

Per la storiografia del Nord America, il KKK fu un’aberrazione e i presidenti Harding e Truman non l’avrebbero utilizzato che per avanzare politicamente. Pertanto, il razzismo è sempre parte integrante dei meccanismi di dominio degli Stati Uniti. Tuttavia, come dimostra la strage di Greensboro in Nord Carolina, il KKK è integrato nell’apparato statale che lo sostiene. Ad un evento organizzato dal Partito Comunista dei Lavoratori (CWP), il Klan e organizzazioni naziste americane si infiltrarono tra i partecipanti e parteciparono all’assassinio di cinque militanti del CWP. Nonostante le numerose testimonianze e un video della scena, la magistratura ha assolto i membri del KKK «perché sono stati provocati oltre ogni misura». Oggi, il Klan e i nazisti americani coordinano le loro attività attraverso la rivista Stormfront, per organizzare il “nazionalismo bianco”.

Il Southern Poverty Law Center sostiene che questo tipo di odiosa organizzazione ha decine di gruppi in tutto il Paese, 186 dei quali si considerano apertamente appartenenti al Klan e 196 al neonazismo. Vanno poi considerati 111 gruppi nazionalisti bianchi, 98 gruppi di skinhead e 93 gruppi neoconfederali.

Le liste degli affiliati disponibili sono istruttive. In esse troviamo molti poliziotti, soldati e agenti dell’FBI come membri di questi gruppi. Se potessimo accedere ai loro elenchi di “donatori”, certamente vi ritroveremmo alcuni dei più potenti padroni statunitensi, come i fratelli Koch e la famiglia Coors.

Pablo A. Pozzi

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