Teoria

Le battaglie di Vladimir Majakovskij. Futurista prima del 1917.

Parte prima.

2 Novembre 2016

Il salto di qualità nelle scienze della natura e nelle tecniche, effetti dell’arricchimento della conoscenza, avvenuto alla fine dell’ottocento e nei primi anni del novecento, fu la fonte ispiratrice del futurismo in generale, ma con finalità antitetiche tra il futurismo rivoluzionario russo e quello imperialista marinettiano, perché l’altro futurismo italiano, quello anarchico e socialista rivoluzionario, non ebbe evoluzione perché fu bloccato dalla vittoria di Mussolini. Tutti i futuristi compresero le potenzialità di padronanza sulla natura-dovute alle nuove conquiste della scienza dalla teoria dell’elettromagnetismo alla nascente meccanica quantistica – che si presentavano all’umanità. Queste potenzialità erano incommensurabili con tutto il tempo che precede la rivoluzione iniziata con Galileo. Le moderne metropoli, plasmate dalle nuove tecniche, hanno bisogno un’estetica:
“Tutto il mondo civile si sta trasformando in una immensa gigantesca città. La città sostituisce la natura e le sue forze. La città stessa diventa una forza naturale, nel cui seno nasce il nuovo uomo di città. I telefoni, gli aeroplani, i rapidi, gli ascensori,le rotative, i marciapiedi, le ciminiere, le moli di pietra delle case, la fuliggine, il fumo: ecco gli elementi della bellezza della nuova natura urbana. Noi vediamo più spesso il lampione elettrico che non la vecchia romantica luna. Noi cittadini non conosciamo le foreste, i campi, i fiori, ma conosciamo i tunnel delle strade, con il loro movimento, con il loro chiasso e frastuono, con il loro balenare e vorticare ininterrotto. Ma la cosa essenziale sta nel fatto che è cambiato il ritmo della vita. Tutto è diventato più fulmineo e trascorre rapido come in una pellicola cinematografica…. La febbrilità è il simbolo del nostro ritmo di vita. Nella città non ci sono linee morbide, tonde, tonde, uniformi, ma angoli, spigoli, zigzag: ecco cosa caratterizza il linguaggio urbano”(1). Le cacofonie della città, le sue linee geometriche taglienti e il ritmo frenetico non corrispondono più ai ritmi pacati, uniformi e placidi della letteratura di un passato irripetibile. “ Alla domanda chi siete? Rispondere seriamente: siamo i geni della contemporaneità” (2). La nuova estetica nascerà dalla negazione attiva, rivoluzionaria del passato, “su tutto ciò che è stato creato pongo il mio nihil” scriverà Majakovskij nel poema La nuvola in calzoni, poema composto tra i 21 e i 22 anni (1914-1915).

A) La rivoluzione nella parola
“Lavatevi le mani, sudicie della lurida putredine dei libri scritti da questi innumerevoli Leonid Andreev. A tutti questi Maksim Gorkij, Kuprin, Blok, Sologub, Remizov, Avercenko, Cernyj, Kuzmin, Bunin, ecc., ecc., occorre solo una villa sul fiume. Questa ricompensa riserba il destino ai sarti.
Dall’alto dei grattacieli scorgiamo le loro nullità!
Ordiniamo che si rispetti il diritto dei poeti:
1. ad ampliare il volume del vocabolario con parole arbitrarie e derivate (neologismi);
2. a odiare inesorabilmente la lingua esistita prima di loro;
3. a respingere con orrore dalla propria fronte altera la corona di quella gloria a buon mercato, che vi siete fatta con le spazzole del bagno;
4. a stare saldi sullo scoglio della parola ‘noi’ in mare di fischi e di indignazione.
E, se nelle nostre righe permangono tuttora i sudici marchi del vostro <>, <> in esse tuttavia già palpitano, per la prima volta, i baleni della nuova bellezza futura della parola autonoma (autotorta)” (Schiaffo al pubblico, manifesto del dicembre del 1912). I firmatari sono David Burljuk, Aleksandr Krucenych, Vladimir Majakovskij e Viktor Chlebenikov. La vecchia sintassi, il vecchio vocabolario sono inadatti a dar forma ai ritmi accelerati di quel momento storico che culmina nella prima guerra mondiale e nella rivoluzione russa, che segnò una frattura insanabile tra il vecchio ed il nuovo mondo. La preferenza dei futuristi per il suono contro il senso è l’attitudine a sentire con un orecchio giovane il suono che con la routine delle parole. La ricerca su nuovi usi della parola si concentrò sul ritmo:
“Lo sforzo di organizzare il movimento, di organizzare i suoni intorno a sé, cogliendone il carattere, le peculiarità, è uno degli aspetti principali e costanti del lavoro poetico: le provviste ritmiche. Non so se il ritmo esista fuori o dentro di me, forse esso in me. Ma per ridestarlo è necessario un impulso: così, per effetto d’un ignoto cigolio, comincia a risonare il ventre del pianoforte; così, minacciare di crollare, vacilla il ponte sotto il peso di una formica.
Il ritmo è la forza essenziale del verso. Non lo si può spiegare, di esso si può dire soltanto quel che si dice del magnetismo e dell’elettricità. Sono forme d’energia. Il ritmo può essere identico in molte poesie e persino in tutto il lavoro di un poeta; non per questo il lavoro diventerà monotono, perché il ritmo può essere a tal punto complicato e difficile da formare che talvolta non si riesce a coglierlo neanche con lunghi poemi” (3). Per il futurista Majkovskij “la parola poetica non deve descrivere, ma esprimere di per sé. La parola ha il suo aroma, il suo colore, la sua anima. La parola è un organismo vivente, e non soltanto un segno per determinare un concetto. La parola è capace di cadenze infinite come una gamma musicale”(4). Questa è la lezione di colui che programmaticamente rivendicava che “bisogna essere assolutamente moderni”, Rimbaud:

“ A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;
I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe
Che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
- O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi!”
(Vocali- 1874).

La parola ha una sua autonomia e oggettualità, non deve descrivere e designare, ma esprimere di per sé, tramutarsi, nella parola in quanto tale. Il poeta Chlebnikov, firmatario di “Schiaffo al pubblico” affermava che la poesia deve seguire le orme della pittura cubista. Per Majakovskij la poesia deve avere una funzione d’avanguardia rispetto al proprio tempo deve “storpiare la natura”(5), frantumare cubisticamente l’oggetto per poi raccostarne liberamente e paradossalmente le componenti cromatiche. Il futurismo russo trae dalle ricerche sperimentali dei pittori russi d’avanguardia, il cui punto di partenza è innanzitutto il cubismo, importanti stimoli: “la ripresa di moduli arcaizzanti, elementari, infantili, l’inserzione ‘animata’ di lettere dell’alfabeto, i ‘calligrammes’ e gli arabeschi tipografici, i contrasti di parole come mezzo per rendere la ‘simultaneità’, la scomposizione ‘volumetrica’ dei segnali verbali, l’insieme dei procedimenti intesi a denudare l’ordito fonico della parola(dall’invenzione di ruvide tessiture consonantiche a quella sublimazione di tutti i possibili ‘effetti sonori’ che in poesia consiste nei versi ‘palindromi’, cioè in versi che possono leggersi da destra a sinistra e viceversa)”(6). La sperimentazione della “parola auto centrata” è contro lo spiritualismo dei simbolisti, per questi ultimi la parola è allusione a una realtà metafisica. Per i futuristi russi solo la “parola auto centrata” poteva esprimere la vita reale delle “città-lebbrosario”:

“ Noi
dal viso come lenzuolo assonnato,
dalle labbra pendenti come lampadario,
noi,
galeotti della città-lebbrosario,
dove oro e fango hanno ulcerata la lebbra,
noi siamo più puri dell’azzurro veneziano,
lavato un tempo dai mari e dai soli!

Me ne infischio
Se negli omeri e negli Ovidi
Non c’è gente come noi,
butterata e coperta di fuliggine.
Io so
che il sole si offuscherebbe a vedere
le sabbie aurifere delle nostre anime!

Muscoli e nervi sono più sicuri di tutte le preghiere.
Dovremmo impetrare le grazie del tempo?
Ciascuno
Di noi
tiene nelle sue cinque dita
le cinghie motrici dei mondi!” (7).

La carica antiaccademica, antisimbolista e antispiritualista trasforma in poesia tutto ciò la poesia dominante manteneva decisamente fuori dalla sua riflessione estetica:
“Con il cubofuturismo ricevono così diritto di cittadinanza in poesia la lingua delle strade, il lessico colloquiale, il ‘parlato’; gerghi, dialettalismi, espressioni popolaresche, parole straniere, parole-tabù, arcaismi. Certo, a simili prelievi la poesia la poesia aveva fatto ricorso anche in altri periodi, ma la novità condizionante e funzionale dell’esperimento cubo futurista sta, oltre che nelle proporzioni di per sé dissacranti, nel programmatico disordine e accavallamento dei vari strati lessicali in vista di un effetto di trasgressione e di sorpresa, o, come più tardi avrebbero teorizzato i formalisti, di ‘straniamento’. Il pluringuismo si presenta dunque come una delle forme essenziali e primarie assunte, nella pratica cubofuturista, dalla poetica dello ‘sdvig’ (dislocazione, slogatura, smottamento). Questo termine, mutuato dalla terminologia pittorica del tempo viene ampiamente usato nella teoria cubofuturista a indicare tutti i procedimenti che, attraverso la combinazione di categorie poetiche apparentemente incompatibili, danno luogo a slittamenti di senso capaci di spostare il centro di gravità dal significato al significante”(8). Nel testo poetico si inseriscono elementi extrapoetici come cifre, lettere e segni matematici. Altra forma artistica utilizzata da Majakovskij era il libro “autoscritto” che rompe decisamente con le edizioni eleganti, di lusso recupera la tradizione popolare dei lubok. Questo carattere “non industriale” ma artigianale non è in contraddizione con la teoria futurista come se si trattasse di un recupero reazionario di una tradizione preindustriale. Si tratta al contrario “di una sorta di attacco antiborghese, mentre l’aspetto “rozzo” diventa una delle forme di provocare scandalo”(9)


B)La scienza, la tecnica e la guerra

Entrambi i futurismi condividono un atteggiamento positivo verso le scienze della natura e della tecnica. Ma sussistono profonde differenze. La scienza è l’appropriazione pratico-teorica delle leggi che governano la natura inorganica, organica e di quelle della nostra specie. Siamo animali che producono strumenti e questa caratteristica ha segnato, segna e segnerà l’evoluzione e la storia della nostra specie. Qualcuno potrebbe obiettare che anche gli elefanti strappano ramoscelli con la proboscide per pulirsi. Ma quel ramoscello ha avuto l’influenza sull’evoluzione degli elefanti così come gli strumenti, fin dalla pietra scheggiata, l’hanno acuta sulla nostra evoluzione. Dalla pietra scheggiata alle tecniche di fabbricazione di prodotti le cui dimensioni, o almeno i dettagli funzionali, sono dell'ordine del micrometro (un milionesimo di metro). L’evoluzione degli strumenti è dovuta all’accrescimento della nostra conoscenza della natura. Il valore oggettivo delle teorie scientifiche è data dalle tecniche che ne sono la loro applicazione e dalla capacità di fare previsioni. Questa è la ragione per cui la scienza e la tecnica sono universali.
Alla visione della scienza che ha Marinetti manca proprio l’universalità della conoscenza scientifica e della sua produzione: “Genializziamo e italianizziamo la scienza che ipnotizzata dai balordi libroni degli innumerevoli professori universitari di Germania, è tutta superficialmente precisa, grettamente accurata, idiotamente sicura della propria infallibilità, priva di qualsiasi esplosione geniale”(10). Marinetti non tiene conto che il salto in avanti alla scienza l’ha fatto fare l’ebreo tedesco Albert Einstein. Nel padre del futurismo italiano la propria visione della scienza s’innesta nell’ideologia nazionalista nata in Francia alla fine dell’Ottocento (Barrès e Maurras ) e ripresa nello Stato Italiano da Enrico Corradini convinto assertore di una linea espansionistico-imperialista alla quale avrebbe dovuto raccordarsi non solo la borghesia, ma la stessa classe operaia una volta che fosse stato sottratto all'egemonia socialista. Corradini, nel 1910, fu tra i fondatori dell’Associazione Nazionalista italiana, poi trasformatasi in Partito Nazionalista che confluì nel Partito Nazionale fascista nel 1923. Oltre che in questa corrente di pensiero la visione della scienza, come scrive Mario De Micheli, “esce direttamente dai lividi lombi del decadentismo francese alleato chiassosamente al superomismo nietzschiano. E tale fatto è da sottolineare per il giudizio che si dovrà dare di questo movimento artistico italiano”(11). Sempre questo critico considera il Futrismo di Marinetti “una motorizzazione del decadentismo”(12). Nel romanzo esotico Mafarka il futurista ambientato in un'Africa immaginaria, narra le epiche avventure di Mafarka, che dopo aver trionfato sui suoi nemici in battaglia, in luogo di proclamarsi re degli africani decide di ritirarsi e dedicarsi alla 'creazione' di suo figlio, Gazurmah, automa e semidio alato. Il romanzo fu accusato di oltraggio al pudore e ripubblicato in forma censurata nel 1920. Su questo romanzo De Micheli scrive: “E così Marinetti, dopo la fuga nell’esotismo, rientrava nell’ordine della borghesia industriale lombarda sull’uccello meccanico di Mafarka. La sua ‘estetica della macchina’ sarà fatta in gran parte con le ali di questo velivolo decadente; i suoi gridi bellicisti, le sue frasi patriottarde e belliciste saranno composte coi periodi del suo romanzo africano”(13).
Il Manifesto del 1916 sulla Scienza Futurista(antitedesa, avventurosa…) ha un approccio superficiale, scorretto e fantasioso alla scienza ‘passatista’ e alle nuove teorie scientifiche (la relatività e la meccanica quantistica) che sono nate proprio in Germania. La Scienza futurista non è altro che irrazionalismo: “attiriamo l’attenzione di tutti gli audaci verso quella zona meno scandagliata della nostra realtà che comprende i fenomeni del medianismo, dello psichismo, della rabdomanzia, della divinizzazione, della telepatia..”(14). Marinetti ricicla nel suo futurismo il contenuto fondamentale del decadentismo: l’opera d’arte non è rappresentazione della realtà ma è il tramite per cogliere un livello di mistero che non può essere colto con il comune intelletto. Questa è la ragione dell’attrazione che l’esoterismo e le cosiddette scienze occulte eserciteranno sugli artisti decadenti.
L’esaltazione marinettiana dell’industria è superficiale ed è quella del consumatore appartenente al ceto intellettuale. Gli intellettuali italiani di fine ottocento e dei primi del novecento erano condizionati da <>. L’egemonia l’aveva l’idealismo di Giovanni Gentile e Benedetto Croce: i concetti della scienza erano pseudoconcetti. A causa di tale egemonia fu osteggiato l’insegnamento universitario della psicologia(15). Marinetti si rivolge alla borghesia del settore siderurgico, metallurgico ed elettrotecnico. Questa è una borghesia aggressiva che vuole competere sul piano internazionale e vuole partecipare da protagonista alla spartizione coloniale del pianeta.
Se il futurismo di Marinetti s’innesta su una cultura nazionalista non passatista ma modernamente aggressiva, quello di Vladimir Majkovskij affonda nella cultura del Partito operaio socialdemocratico della Russia. Al ginnasio nel 1905 leggeva il libro di filosofia della scienza di F. Engels, l’' “Anti-Dühring” (1878) e non si curava di poesia e letteratura ma “studiavo solo la filosofia, Hegel e le scienze naturali ; ma soprattutto il marxismo” (16). Questa concezione individua l’aspetto contradditorio della tecnica e dell’industria meccanizzata in generale, quale realizzazione delle scienze teoriche della natura: da un lato, lo sviluppo della meccanizzazione degrada il singolo lavoratore ad uno strumento parziale del sistema delle macchine, dall’altro lato, questo stesso sviluppo crea nel contempo i presupposti affinché il dispendio delle energie umane nel processo di produzione venga ridotto al minimo, e ai lavoratori parziali della società capitalista subentrino individui sviluppati in tutte le direzioni. La tecnica e la scienza liberate dal dominio del profitto potranno liberare il massimo di tempo libero dalla produzione e costruirsi come uomini e donne omnilaterale: “..laddove, nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera esclusiva ma può svilupparsi a piacere, la società regola la produzione generale, e appunto in tal modo mi rende possibile oggi fare questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico” (17). Questa immagine della vita quotidiana in una società comunista pienamente sviluppata utilizza evidentemente una certa licenza poetica, ma essa tratta il punto essenziale: dato lo sviluppo delle forze produttive apportato dal capitalismo, non c’è assolutamente bisogno che gli esseri umani passino gran parte della loro vita nella prigione di un unico genere di attività - soprattutto nel genere di attività che permette l’espressione solo di una minuscola parte delle capacità reali dell’individuo. Allo stesso modo, parliamo dell’abolizione della vecchia divisione tra piccole minoranze di individui che hanno il privilegio di vivere di un lavoro realmente creativo e gratificante, e la vasta maggioranza condannata all’esperienza del lavoro come alienazione della vita: “Il fatto che il talento artistico sia concentrato esclusivamente in alcuni individui e che esso sia, per questa ragione, soffocato nella gran massa delle persone è una conseguenza della divisione del lavoro. (...) in un’organizzazione comunista della società l’assoggettamento dell’artista allo spirito ristretto del luogo e della nazione sarà scomparso. Questa grettezza di spirito è un puro risultato della divisione del lavoro. Scomparirà anche l’assoggettamento dell’individuo a tale arte determinata che lo riduce al ruolo esclusivo di pittore, di scultore, ecc., in modo che, di per sé, la denominazione rifletta perfettamente la ristrettezza del suo sviluppo professionale e la sua dipendenza dalla divisione del lavoro. In una società comunista, non ci sono pittori, ma al massimo degli esseri umani che, tra le altre cose, dipingono”(18). La scienza e la tecnica liberate dal capitalismo pongono le condizioni affinchè si possa sviluppare un’umanità libera dalle mutilazioni della divisione del lavoro per questa ragione Majakovskil è il loro cantore:

: . “Io, che decanto la macchina e l'Inghilterra,
sono forse semplicemente
nel più comune vangelo
il tredicesimo apostolo”(19).

Ma a differenza del futurista nazionalista imperialista Marinetti, Majakovskij vede l’altro lato della contraddizione, lo sfruttamento delle masse e l’azione per liberarle e l’arte ne è uno degli strumenti. Le masse a cui si rivolge non sono quelle inquadrate passivamente negli organismi di uno stato autoritario, sono le masse sfruttate, i paria il cui rivoluzionamento creerà una nuova umanità:

“Là dove l'occhio degli uomini si arresta insufficiente,
alla testa di orde affamate
con la corona di spine delle rivoluzioni
avanza l'anno sedici.
Ed io presso di voi sono il suo precursore,
io sono sempre là dove si soffre:
su ogni goccia di fluido lacrimale
ho posto in croce me stesso.
Ormai non si può perdonare più nulla.
Io ho incendiato le anime, dove si coltivava la tenerezza.
Questo è più difficile che prendere
migliaia di migliaia di Bastiglie!
E allorché,
proclamando con una sommossa
il suo avvento,
uscirete incontro al Salvatore,
io
vi strapperò l'anima
e, dopo averla calpestata
perché sia grande,
ve la darò insanguinata come un vessillo!
…………………….
Cavate, bighelloni, le mani dalle brache:
prendete una pietra, un coltello o una bomba,
e se qualcuno è sprovvisto di mani,
è venuto per battersi magari con la fronte!
Fatevi avanti, affamati,
molli di sudore,
umili,
inaciditi nel sudiciume pulcioso!
Fatevi avanti!
I lunedì e i martedì col sangue
noi tingeremo a festa!
Sotto i coltelli la terra ricordi
chi voleva rendere triviale!
La terra,
impinguata come un'amante
su cui Rothschild sfogò la sua libidine!
Perché garriscano bandiere nella febbre delle scariche,
come in ogni festa ragguardevole,
levate in cima, pali dei lampioni,
le insanguinate carcasse dei mercanti”(20).

Due anni dopo “gli affamati molli di sudore”avrebbero dato vita ad un rovesciamento rivoluzionario che avrebbe segnato la storia del mondo.
Di fronte alla guerra i due futuristi sono su fronti opposti. Per Marinetti “in politica siamo tanto lontani dal socialismo internazionale ed antipatriottico – ignobile esaltazione del ventre – quanto dal conservatorume pauroso e clericale, simboleggiato dalle pantofole e dallo scaldaletto.
Noi, dunque, esaltiamo il patriottismo e il militarismo. Amiamo e affrettiamo la guerra, sola igiene del mondo, superba fiammata d’entusiasmo e di generosità, nobile bagno d’eroismo, senza il quale le razze si addormentano nell’egoismo accidioso, nell’arrivismo economico, nella taccagneria della mente e della volontà”(21).
Il futurista internazionalista Majakovskij nella guerra non vede nulla di eroico ma solo un furore, un entusiasmo bestiale che colora la neve col sangue e coi brandelli di carne umana (La guerra è dichiarata):

“ «Edizione della sera! Della sera! Della sera!
Italia! Germania! Austria!»
E sulla piazza, lugubremente listata di nero,
si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!
Un caffè infranse il proprio muso a sangue,
imporporato da un grido ferino:
«Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!
I tuoni degli obici sul marmo di Roma!»
Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette
gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio,
e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:
«Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!»
I generali di bronzo sullo zoccolo a faccette
supplicavano: «Sferrateci, e noi andremo!»
Scalpitavano i baci della cavalleria che prendeva commiato,
e i fanti desideravano la vittoria-assassina.
Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno
la voce di basso del cannone sghignazzante,
mentre da occidente cadeva rossa neve
in brandelli succosi di carne umana.
La piazza si gonfiava, una compagnia dopo l’altra,
sulla sua fronte stizzita si gonfiavano le vene.
«Aspettate, noi asciugheremo le sciabole
sulla seta delle cocottes nei viali di Vienna!»
Gli strilloni si sgolavano: «Edizione della sera!
Italia! Germania! Austria!»
E dalla notte, lugubremente listata di nero,
scorreva, scorreva un rigagnolo di sangue purpureo” ( 22).

In questo componimento il poeta, piuttosto radicale nelle forme e nello stile, accantona la caratteristica e propriamente avanguardista demolizione del linguaggio tradizionale, in favore di penetranti immagini allusive che si rincorrono numerose, donando ai versi una straordinaria efficacia. Emblematica  è l’immagine del cannone che in quel folle delirio sembra sghignazzare come un mostro terrificante sorprendendo di notte la città mentre dorme. La follia che sembra aver invaso tutti è espressa con toni grotteschi dall’immagine assurda delle statue di bronzo dei generali che supplicano addirittura di voler essere liberati per andare a combattere. Il futurista Majakovskij condanna della guerra in nome di quelle masse a cui si rivolge lo Zarathustra proletario dalle “labbra clamanti” che incontriamo nei versi 304-315 di “La nuvola in calzoni”: il portavoce del proletariato urbano, degli studenti, delle prostitute, dei "forzati della città-lazzaretto", dei lebbrosi', in nome di un loro immediato riscatto, e “della loro purezza, più diafana ancora dell'azzurrìa veneziana / lavata a un tempo dai mari e dai soli!".


NOTE


1)Majakovskij, conferenza del gennaio 1914 a Nikolaev, in Poesia rivoluzione di Ignazio Ambrogio, pag. 12-13, Editori Riuniti 1970;
2)Majakovskij, in Per conoscere l’Avanguardia Russa, pag. XXIV, Arnoldo Mondadori 1978;
3) Majakovskij, Come far versi’ , marzo 1926, in Poesia rivoluzione di Ignazio Ambrogio, pag. 130, Editori Riuniti 1970;
4) Majakovskij, conferenza del gennaio 1914 a Nikolaev, in Poesia rivoluzione di Ignazio Ambrogio, pag. 14, Editori Riuniti 1970;
5) Majakovskij, Il cinematografo di strugge il ‘teatro’: è questo il sintomo della rinascita dell’arte teatrale, in Opere vo. I, pag. 689, Editori Riuniti 1972;
6) Ignazio Ambrogio, Majakovskij: poesia e rivoluzione, in Poesia rivoluzione di Ignazio Ambrogio, pag. 16, Editori Riuniti 1970;
7) Majakovskij, La nuvola in calzoni, in MAJAKOVSKIJ-OPERE SCELTE a cura di Mario De Micheli, pag. 95, Feltrinelli 1982;
8) Serena Vitale, in Introduzione a Per conoscere l’avanguardia russa, pag. XXXIV, Arnoldo Mondadori Editore 1979;
9) Gabriele Mazzitelli, Slavica Biblioteconomica, pag. 22, Firenze University Press, 2007;
10) La scienza futurista (antitedesca, avventurosa,capricciosa, sicurezzofoba,ebbra d’ignoto). Manifesto futurista- Carli, chiti, corra, Mara, Marinetti, Settimelli, 1916, in Pier Luigi Albini, Manifesti Futuristi. Scienza Macchine Natura, 2003, www.fondazionebassetti.org;
11) Mario De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, pag. 59, Feltrinelli, 1988;
12) Ivi, pag. 61;
13) Ivi, pag. 61;
14) La scienza futurista (antitedesca, avventurosa,capricciosa, sicurezzofoba,ebbra d’ignoto). Manifesto futurista- Carli, chiti, corra, Mara, Marinetti, Settimelli, 1916, in Pier Luigi Albini, Manifesti Futuristi. Scienza Macchine Natura, 2003, www.fondazionebassetti.org;
15) “La Riforma di Giovanni Gentile portò all’insegnamento della filosofia attraverso corsi di storia della filososofia e non più per aree tematiche come la metafisica, la psicologia, l’estetica ecc. La psicologia italiana che prima del 1923 era stata insegnata nei licei, seppur nell’ambito delle discipline filosofiche, perse così il suo carattere di specificità tematica….; in pratica la nuova organizzazione dei programmi di filosofia, introdotti nel 1923, ridusse lo spazio di trattazione delle tematiche psicologiche e contribuì, di conseguenza, ad affievolire anche la conoscenza scientifica che veniva prodotta negli istituti scolastici che in passato avevano ospitato significative attività di ricerca. Questo fatto suscitò non poche polemiche fra i maggiori psicologi del tempo, i quali protestarono contro questa decisione nel corso del IV Congresso della Società Italiana di Psicologia che si tenne in quello stesso anno. In essa fu votato un ordine del giorno, per alcuni aspetti anti-gentiliano, dove si richiedeva che fosse resa obbligatoria l’istituzione di una Cattedra di Psicologia in ogni Facoltà di Lettere e Filosofia e che, insieme con essa, fosse creato un laboratorio per le ricerche psicologiche fornito dei mezzi adeguati. La situazione negli anni successivi appare ulteriormente svilupparsi in questa direzione, tanto che il Bureau International d’Education, nel 1937, rilevò questa negativa particolarità constatando, sulla base di un’inchiesta riguardante diversi paesi, che solo l’Italia, aveva eliminato dai corsi di preparazione degli insegnanti la psicologia e aveva sostituito lo studio di questa disciplina con letture di filosofia e pedagogia ” in Giovanni Pietro Lombardo e Renato Foschi, “La psicologia italiana prima del Novecento – le prospettive emergenti nella prima metà del secolo” Franco Angeli Editore, 1997, pag. 29-30.
16) Mario De Micheli, Opere scelte, Feltrinelli, 1969, pag. 10;
17) Marx-Engels Ideologia tedesca, Editori Riuniti, pag. 33;
18) ivi, pag.34;
19) Majakovskij, La nuvola in calzoni, in MAJAKOVSKIJ-OPERE SCELTE a cura di Mario De Micheli, pag. 100, Feltrinelli 1982;
20) ivi, pag. 106;
21) Marinetti in Marinetti Futurista, La spirale – Guida editore, pag. 34;
22) Majakovskij in A. M. Ripellino, in Poesia straniera del Novecento, a cura di A. M. Ripellino, Garzanti, Milano 1961.

Partito Comunista dei Lavoratori - Sezione di Sassari

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