Interventi

Un salto di qualità nella guerra ibrida imperialista alla Russia

Ovvero, come si completa la restaurazione

25 Ottobre 2016

Il documento dell’Atlantic Council, The future of the army today, tomorrow, and the day after tomorrow (Il futuro dell'esercito oggi, domani e dopodomani ), scritto dal gen. David Barno e da Nora Bensahel ci dà una visione organica di ciò che vuole il Pentagono e su quanto ha dichiarato il capo di stato maggiore dell’Esercito degli USA il 4 ottobre, nella conferenza annuale dell’Associazione dell’Esercito degli Usa: “ci batteremo ovunque e in qualsiasi momento”.

“Dato il cambiamento del contesto strategico, l’esercito deve prepararsi per l’improbabile, ma non impossibile, scenario che abbiamo chiamato ‘la prossima grande guerra’- che coinvolgerà nemici molto capaci, alti livelli di morte e distruzione e forse centinaia di migliaia di soldati Usa” (pag.8-9). In che consiste il ‘cambiamento del contesto strategico’? “Il mondo di oggi rassomiglia poco a quello dei vincoli di bilancio alla spesa militare nel 2011, alla Guida Strategica del Dipartimento difesa del 2012 e del 2014. Quel mondo è stato rappresentato con un cauto ottimismo indotto dalla primavera araba, dal ritiro delle truppe dall’Iraq e dall’Afghanistan, dalle rinnovate speranze di cooperazione internazionale di Russia e Cina e con la morte di Osama bin Laden con la conseguente riduzione della minaccia terroristica di Al Qaeda”. Questo era il mondo prima del 2016. Quello di oggi com’è? “ Il mondo del 2016, tuttavia, è molto differente - uno in cui sono ritornatele minacce strategiche e le grandi potenze sono ancora una volta alla ribalta. L’aggressività senza limiti di una Russia risorgente e una Cina in ascesa minacciano i nostri alleati in Europa e nel Pacifico. L’emergenza dell’ISIS come pressante minaccia terroristica internazionale ha eclissato Al-Qaeda in pericolo ed efficacia letale. La turbolenza nel vasto Medio Oriente ha sostituito le speranze in un rinnovamento arabo con una guerra radicata in Siria e una diffusa instabilità regionale”(pag.3). Per far fronte alla “prossima grande guerra” l’esercito dev’essere portato dalle 980 mila a 1, 2 milioni di soldati secondo quanto richiesto davanti al Congresso dal capo di stato maggiore Mark Milley. L’esercito del modello Rumsfeld, “per conflitti irregolari limitati”, che ha fallito in Afghanistan ed in Iraq, dev’essere sostituito da un’armata adatta alle “minacce strategiche”: “una guerra futura contro una grande potenza che potrebbe minacciare la sopravvivenza nazionale richiede un esercito che cresca di molti ordini di grandezza per prevalere. Per combattere e vincere la prossima grande guerra l'esercito deve essere in grado di assorbire un enorme afflusso di dollari e decine di migliaia di reclute di leva, e trasformarli rapidamente in una forza di combattimento efficace”(pag.21). In vista della guerra con “grandi potenze” (Russia e Cina) nel documento è prevista la ricreazione delle di unità di cavalleria pesante e di divisioni corazzate, unità di combattimento per guerre convenzionali (contro grandi potenze) e non per guerre come quelle in Afghanistan ed in Irak. Viene ribadito quanto contenuto nel documento “Megacities and the united states army-Preparing for a complex and uncertain future” del Strategic Studies Group, il terreno di battaglia saranno le megalopoli. Ipocritamente, a pagina 28 del documento The future of the army, è scritto che l’esercito ha sempre cercato di evitare i combattimenti nelle zone urbane, ma entro il 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane ….[e] la guerra terrestre sarà dominante nelle metropoli”. Le battaglie “in aree densamente abitate” con unità corazzate, artiglieria e aviazione che hanno costituito il materiale empirico per le generalizzazioni strategiche sono state le grandi ed eroiche battaglie degli insorti contro l’invasione imperialista a Bahgdad, Falluja, Ramadi, Najaf e Sadr City. In Europa le battaglie in aree densamente popolate sono state combattute dagli insorti del Donbass per difendere il diritto alla separazione e alla propria economia dalle truppe di macellai e stupratori del governo banderista di Kiev. Le unità fasciste di Kiev devono imporre l’accordo di associazione del governo banderista con l’UE: la distruzione dell’industria mineraria, dell’industria metalmeccanica e siderurgica, la devastazione dell’agricoltura che non ha dietro di sé le abbondanti sovvenzioni che l’UE da agli esportatori agricoli. Tra la fine del 2014 e primi mesi del 2015 al centro e all’ovest dell’Ucraina è forte il movimento di diserzione sostenuto dalle comunità natali dei disertori. I settori della piccola borghesia che avevano sostenuto il golpe non ne vogliono più sapere dei banderisti. Occasione straordinaria per unificare la ribellione del Donbass con le lotte delle popolazioni ucraine centrali e occidentali. L’unificazione sarebbe sfociata in un’insurrezione generale contro il governo di Kiev, in questa processo gli agenti di Putin non ci avrebbero messo piede. Il nostro partito fratello greco con le sue conferenze euro mediterranee ha chiarito la posta in gioco in Ucraina ma non è stato ascoltato. Sulla questione ucraina i marxisti rivoluzionari hanno dato la possibilità agli stalinisti di fare propaganda e agitazione politica oltre i loro steccati. A una generazioni di marxisti rivoluzionari è stata data la possibilità di essere dirigente di un’esplosione operaia e popolare dove si combinavano resistenza armata alla restaurazione capitalistica, lotta contro gli oligarchi del Donbass e gli agenti di Putin. La cosa va indagata.
Il documento “Il futuro dell’esercito” dà la linea politica al prossimo governo degli USA citando dal discorso del gen. Mark Milley al Congresso ( 7 aprile 20169): “ la nuova amministrazione che entrerà in carica nel gennaio 2017, indipendente da quale candidato vincerà le elezioni dovrà aumentare la dimensione e le risorse finanziarie dell’esercito.

La politica militare della Russia è di difesa perché non è in grado di affrontare all’offensiva le truppe e i mezzi della Nato. Da Eltsin l’ex armata rossa ha subito diverse riforme che hanno avuto come risultato uno strumento militare altamente al di sotto di quello dell’imperialismo restauratore. Le forze armate russe hanno come base l’ex Armata rossa che uscì con le ossa rotta ed senza prestigio dalla sconfitta in Afghanistan(1). Tutta la politica militare della Russia di Putin è una risposta difensiva all’avanzata delle truppe della Nato. Né la burocrazia usurpatrice né, tantomeno l’oligarchia e i vertici dello stato russo s’impegnerebbero in uno scontro diretto contro l’imperialismo. Stalin prima s’accorda con Hitler poi, dopo che quest'ultimo lo ha fregato, gli fa guerra perché è costretto dal popolo sovietico, e sotto il controllo dell’imperialismo. Per quest’ultimo l’imperativo su Stalin era di tenerlo al potere per evitare che dalla guerra antinazista scaturisse la rivoluzione politica antiburocratica. Il governo Putin è il governo dell’oligarchia che si è arricchita saccheggiando la proprietà dello stato ai tempi di Eltsin. L’oligarchia è pronta ad abbandonarlo, qualora Putin faccia la mossa falsa che serva di giustificazione dell’azione USA. Gli oligarchi russi si comporteranno come la borghesia francese con Napoleone Bonaparte il grande, che lo abbandonò non per i suoi metodi bonapartistici, “ma perché, esaurito il sangue del popolo, la guerra cominciava a prenderle i figli e soprattutto perché essa nuoceva alla sua tranquillità ed impediva al commercio di prosperare, la classe borghese, dunque, ricevette i soldati stranieri come liberatori e i Borboni come gli inviati di Dio” (Blanqui). Per gli oligarchi russi non esiste un capitale russo da difendere, ma il settore statale predominante da saccheggiare ulteriormente è il luogo di formazione dei capitali privati e tantomeno esiste realmente una classe di capitalisti acquirenti che abbia il monopolio della relazione tra capitale e mercato internazionale, da un lato, e mercato internazionale dall’altro; in Cina, Russia e Cuba tale mediazione avanza, almeno, principalmente, per parte della burocrazia dello stato”. Per poter accedere liberamente al mercato internazionale gli oligarchi devono disfarsi del regime bonapartista di Putin, di qualsiasi regime bonapartista. Gli interessi degli oligarchi e quelli dell’imperialismo USA e UE su questo coincidono, ma la loro affermazione sul piano politico sarà la trasformazione dell’ex spazio sovietico in regimi di colonia e di semicolonia. Come in Ucraina. Un arretramento storico di proporzioni catastrofiche, la barbarie. L’accerchiamento militare progressivo della Federazione russa, dal Caucaso ai Paesi Baltici ed il colpo di stato della Nato in Ucraina hanno determinato la reazione difensiva di Putin, spacciata dagli ideologi guerrafondai come prova dell’aggressività russa. Il New York Times ha qualificato la Russia “stato fuorilegge”. Con altre parole è stato definita la repubblica dell’Iraq, prima di essere aggredita nel 2003. Il crollo dell’URSS aveva dato mano libera all’imperialismo per riprendersi tutto ciò che le era stato sottratto con la Rivoluzione. Il crollo dell’URSS è stato un arretramento brutale nei rapporti di forza mondiali tra capitale e lavoro e “un arretramento di carattere storico delle forze produttive imposto dalle relazioni sociali esistenti (Tesi 2004). Sbaglia chi ha visto nel crollo dell’URSS una “rivoluzione democratica”. La restaurazione nell’URSS “ha avuto inizio con la controrivoluzione burocratica che non fu altro che l’espressione della pressione dell’economia capitalista mondiale su un “socialismo” isolato in uno o vari paesi storicamente arretrati”(Tesi del CRQI 2004). Il saccheggio avvenuto sotto Eltsin non ha certo posto le condizioni per cui l’ex URSS potesse diventare nel giro di poco tempo un “temibile competitore” dell’imperialismo USA. Spesso nelle analisi sul regime putiniano si dimentica che fu la Germania a favorire l’ascesa di Putin perché il caos eltsiniano non garantiva gli affari. Sono gli USA e l’UE e i capitalisti occidentali a intervenire nella politica interna della Russia finanziando gruppi d’opposizione. Pensiamo al gigantesco flusso di denaro per finanziare le unità militari fasciste in Ucraina. Putin si guarda bene dall’attuare una iniziativa politica del genere. H. Clinton ha tirato in ballo Putin solamente per orientare tutta la borghesia statunitense all’aggressione militare alla Russia secondo i metodi della guerra ibrida, dando prova di superiorità rispetto al fascista Trump. H. Clinton è stata il massimo responsabile dell’aumento di truppe e mezzi militari ai confini europei con la Russia e dello schieramento del 60% della marina militare USA dall’Oceano indiane al Mare Meridionale della Cina. Spesso si fa l’errore di sottovalutare il peso delle armi negli stessi rapporti economici: sono le portaerei e l’aviazione degli USA a mantenere in piedi il debito pubblico degli USA. Nel movimento contro l’aggressione imperialista all’Iraq tutti difendevano il popolo iracheno e nessuno difendeva Saddam. A nessuno veniva in mente di sostenere i bombardamenti degli imperialisti su Baghdad per cacciare via Saddam, l’esatto contrario di ciò che dice Gilbert Achcar, intellettuale di punta del Segretariato Unificato, sulla Siria e nel 2011 sulla Libia. Nell’articolo pubblicato il 19 di settembre su The Nation (strumento di sfondamento dell’imperialismo democratico nella sinistra) e poi su International Viewpoint di settembre “La tregua di settembre e la strategia d’uscita di Obama”, in cui attacca quest’ultimo per la tregua concessa a B. Assad. Lo stesso livore con cui i neocons attaccavano i vincoli di bilancio alla spesa militare di Obama e criticati nel documento di Barno e Bensahel. Per l’analisi errata della restaurazione e della direzione militare dell’imperialismo “i morenisti (compresi quelli che partecipano al FIT) hanno assunto le posizioni più reazionarie, pro-imperialiste in Ucraina o nel Medio-Oriente (su Siria, Libia, Egitto prima e durante il golpe militare di al Sisi)”(Savas). Il nostro partito ha fra i suoi atti costitutivi il sostegno di Marco Ferrando al diritto all’insurrezione degli iracheni, quando quel movimento contro la guerra si era esaurito e si diffondevano i fumi dell’imperialismo democratico, il cui unico fine è quello di eliminare dal movimento operaio la lotta contro l’imperialismo.
Il nostro partito ha il dovere di lanciare da subito l’iniziativa di disfattismo rivoluzionario contro l’ammasso di truppe e di mezzi ai confini con la Russia perché l’obiettivo di questo dispiegamento militare non è quello di contenere ‘l’aggressività russa’, ma quello di aggredire la Russia secondo i metodi della guerra ibrida imperialista.

Note

1) Come nel 1905 la sconfitta militare favorì la rivoluzione, così la sconfitta dell’armata rossa in Afghanistan non indebolì i minatori sovietici allora impegnati in giganteschi scioperi, anzi li rafforzò perché la perdita di prestigio dell’esercito screditava ulteriormente la burocrazia del Cremlino. Ma non c’era il Partito della rivoluzione politica antiburocratica.

Gian Franco Camboni

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