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Contratto dei metalmeccanici: il rientro della FIOM

15 Ottobre 2016
fiom

Da oltre un anno i lavoratori e le lavoratrici dell’industria metalmeccanica sono in lotta per il rinnovo del contratto nazionale. Questo settore coinvolge 1.600.000 addetti, e in questa partita Federmeccanica e in generale tutto il padronato mirano, con la chiusura di questa vertenza, alla totale sconfitta del settore industriale storicamente più conflittuale, in vista della definizione di un nuovo modello contrattuale condiviso tra le parti sociali che preveda la restituzione di salario e diritti e la sostanziale cancellazione del contratto nazionale.

Il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici è stato oggetto negli anni di numerosi rinnovi con firme separate. L’ultimo contratto firmato unitariamente da FIM FIOM e UILM risale al 2008, mentre nel dicembre 2012 c’è stata l’ennesima firma separata da parte di FIM e UILM. Dato che la FIOM non ha riconosciuto l’accordo del 2012, in questa partita di rinnovo non c’è stata una condivisione sulla presentazione di una proposta unitaria, e quindi le piattaforme sindacali in campo sono tre.

Nonostante le differenze che hanno indotto le tre sigle sindacali a presentare posizioni diverse, la piattaforma presentata dalla FIOM rimane dentro una logica di “compatibilità” in cambio del suo riconoscimento al tavolo della trattativa. Anziché costruire una battaglia in difesa del contratto nazionale, del suo valore universale e solidaristico, la piattaforma FIOM aderisce pienamente ai contenuti del Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014 - dall’esigibilità degli accordi, che attacca l’esercizio del diritto di sciopero, allo svuotamento del contratto nazionale - rinviando intere materie alla contrattazione aziendale di ricatto e restituzione. Inoltre, con l’adesione al sistema della sanità integrativa (tra l’altro uno dei motivi per cui il sindacato di Landini non sottoscrisse il contratto del 2012), la FIOM viene meno alla necessaria battaglia in difesa della sanità pubblica e del suo carattere universalistico. Sono pure previste clausole di raffreddamento del conflitto, e nulla viene messo in campo circa il contrasto al Jobs Act.

Nei fatti questa è una piattaforma che cerca solo di ricavarsi uno spazio nelle compatibilità date, una clamorosa svolta rispetto alle posizioni, seppur discutibili (per una mancanza di prospettiva generale), che ha tenuto negli scorsi anni il sindacato di Landini sul terreno conflittuale. Così, di fronte alla durezza delle politiche di governo e padronato ci si arrende, invece che porre nuove basi su cui ricostruire rapporti di forza per riconquistare un sistema di diritti del mondo del lavoro.

I compagni e le compagne dell’area di opposizione in CGIL “Il sindacato è un'altra cosa” hanno fatto una battaglia contro questa impostazione, sia nel Comitato Centrale della FIOM sia organizzando il dissenso, dando indicazione di voto contrario in occasione del referendum sulla piattaforma.

Già dalle prime trattative, Federmeccanica ha dichiarato di essere interessata ad avviare la discussione solo nella prospettiva di una chiusura unitaria dell’accordo, respingendo da subito le tre piattaforme presentate dai sindacati, e al contempo presentando una propria proposta su cui avviare la trattativa. In sostanza si tratta di una discussione ingabbiata sul terreno del padrone, che obbliga le parti sindacali a non sfilarsi dalla trattativa, e che in sostanza comporta per la FIOM la totale rinuncia a riorganizzare il conflitto.

A questo punto, nonostante posizioni diverse, FIM FIOM e UILM hanno intrapreso un percorso unitario di discussione con la controparte; il che ha portato la stessa FIOM ad accantonare la propria piattaforma, pur dichiarando di mantenere la propria posizione.

Dopo venti ore di sciopero e blocco degli straordinari, la posizione di Federmeccanica non è sostanzialmente cambiata, e nella trattativa del 28 settembre ha riconfermato la propria posizione. Sono previsti aumenti salariali non uguali per tutti e legati all’indice IPCA (inflazione senza i costi energetici), una tra le ragioni per cui la FIOM non firmò i precedenti accordi separati. Gli aumenti sarebbero erogati a consuntivo, cioè 18 mesi dopo. Tra l’altro le imprese pretendono di recuperare 73 euro che rivendicano di avere elargito in più rispetto a quanto pattuito con il contratto firmato da FIM e UILM. Secondo la proposta padronale, i lavoratori avrebbero un aumento di non più di 32 euro in tre anni e mezzo, e se, nella migliore delle ipotesi, venisse rispettata l’inflazione calcolata al 100%, si arriverebbe ad un massimo di 50 euro.
La controparte richiede anche il superamento delle 150 ore per lo studio e delle 24 ore concesse per la formazione (8 sarebbero prese dai permessi retribuiti). Invariati anche i temi su aumento di straordinario obbligatorio e flessibilità, e sul trattamento della malattia. A questo bisogna aggiungere la pretesa di una contrattazione aziendale che preveda premi esclusivamente variabili, che sostituisca gli aumenti salariali con i buoni carrello e che preveda l’introduzione della sanità integrativa.
Di fatto, questa proposta non solo annulla il ruolo del contratto nazionale, ma trasforma anche il contratto aziendale in uno strumento totalmente subordinato alle esigenze delle aziende, scaricando il rischio di impresa sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici.

Dopo questo incontro, nel Comitato Centrale della FIOM del 29 settembre, Landini ha di fatto posto la questione della «fedeltà» alla linea intrapresa, sferrando un attacco pesante nei confronti dei compagni e delle compagne della opposizione, accusati di aver dissentito pubblicamente rispetto alla linea di conduzione della trattativa da parte della FIOM. I compagni e le compagne dell’area di opposizione hanno proposto in questo CC di proclamare - nel caso del rifiuto della controparte di ritirare la propria posizione - lo sciopero generale di tutta la categoria. Ovviamente questa proposta è stata respinta dalla maggioranza di Landini.
Nei giorni successivi la FIOM ha intrapreso una serie di attivi tra i delegati allo scopo di ottenere il consenso per continuare la trattativa. Nonostante abbia fatto intendere che il contratto si dovrà per forza portare a casa, ma che la discussione sarà fatta unicamente sulla proposta della controparte (pur rivendicando la propria piattaforma), Landini ha incassato il mandato facendo leva sullo scoramento e logoramento dei delegati rispetto a un conflitto di basso profilo e senza sbocco, che in assenza di uno sciopero generale della categoria si limita al blocco degli straordinari.

All’ultima trattativa del 12 ottobre lo scenario non è cambiato. I sindacati hanno espresso le loro richieste, Federmeccanica è rimasta sulle proprie posizioni e si è resa disponibile a raggiungere in tempi brevi una intesa unitaria. Le parti hanno così convenuto di definire un percorso di incontri “tecnici” e ristretti tra segreterie sindacali e di Federmeccanica, per verificare le condizioni di un incontro a partire dai primi di novembre per delineare i tratti della chiusura.

La posizione della FIOM sulla vertenza per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici segna un salto di qualità in peggio del sindacato industriale storicamente più conflittuale del Paese. Ad oggi ancora non si può dire come sarà la chiusura di questo accordo, ma questo ulteriore passaggio della trattativa del 12 ottobre sembra segnare la chiusura di un percorso inficiato da una impostazione programmaticamente sbagliata, che lascia presagire un nefasto risultato; perché quando si va a trattare sul terreno del padrone, senza organizzare il conflitto per supportare le proprie posizioni, la capitolazione è dietro l’angolo.
Non solo: il mancato contrasto al governo Renzi sin dal suo insediamento, la negazione della unificazione con le vertenze in campo delle altre categorie come elemento di rafforzamento dei rapporti di forza, la mancata battaglia contro l’applicazione del Jobs Act, il recente disastroso accordo firmato in Fincantieri, e anche l’avvicinamento alle posizioni della CGIL - in vista di un ingresso dello stesso Landini nella segreteria confederale nazionale per la prossima primavera – pone la FIOM su un percorso di chiusura con la sua esperienza di sindacato conflittuale.

Lo scenario potrebbe anche cambiare, ma la FIOM dovrebbe rompere con Federmeccanica e riprendere la mobilitazione, inserita in un quadro di ripresa generale delle lotte.
In Francia lo spiegamento di forze contro il Jobs Act di Hollande ha dimostrato che la messa in campo della forza dei lavoratori, con una mobilitazione prolungata, radicale e di massa, non solo è possibile, ma anche che è l'unica via capace di opporre una resistenza reale all'aggressione sociale di padronato e governi. L'unica via che può realmente incidere sui rapporti di forza e strappare risultati.

Francesco Doro

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