Interventi

Una sentenza pericolosa della Corte permanente di arbitrato sulla legge del mare dell’Aja

17 Luglio 2016
marina cina

La Corte permanente di arbitrato sulla Legge del mare respinge le rivendicazioni della Cina sul Mar Meridionale cinese, sugli arcipelaghi delle Spratly e delle Parcelse, di conseguenza la costruzione d piste di atterraggio e di fari è una violazione del diritto internazionale. La Corte ha riconosciuto le pretese delle Filippine, alleato di ferro degli USA. Secondo la Corte permanente i diritti storici accampati dalla Cina non hanno nessuna base giuridica. Inoltre altri stati della regione avanzano rivendicazioni sugli arcipelaghi del Mare meridionale Cinese: Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia, anche questi alleati degli USA. La sentenza della Corte non ha disposizione strumenti specifici per essere eseguita. La Corte, infatti, non è un tribunale permanente, come la Corte internazionale di giustizia, anche questa con sede all’Aja.

La stampa imperialista internazionale, dal Wall Street Journal al New York Times, ha auspicato che le armi dell’imperialismo si facciano carico di far rispettare la sentenza e il diritto. “Sepolcri imbiacati”, ipocriti maledetti, nessun tribunale internazionale ha emesso sentenze sulla violazione del diritto internazionale borghese nelle guerre imperialiste condotte in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, nel colpo di stato a Kiev e contro le bande naziste che uccidono e stuprano nel Donbass.
La sentenza della Corte permanente è l’ultimo degli atti provocatori, combinati con l’aumento dei mezzi aereonavali USA nell’area decisi nel quadro strategico militare fissato nel documento “Sustaining US Global Leadership: Priorities for 21st Century Defense”, esposto da Obama al Pentagono il 6 gennaio del 2012. Un ruolo di primo piano nella strategia di aggressione alla Cina restaurazionista lo ha avuto H. Clinton. Quando era segretario di stato nel governo Obama al forum sulla sicurezza dei paesi dell’ASEAN, il 23 luglio del 2010, ha sostenuto le rivendicazioni del Vietnam e degli altri paesi membri nella disputa che questi hanno con la Cina in merito al controllo del Mare della Cina meridionale. La posta in gioco è di importanza strategica:
1)un terzo del commercio mondiale passa per quelle acque;
2)l’80% del petrolio e del gas, importato principalmente dal Medioriente e dall’Africa, passa per questa rotta;
3) nel Mare della Cina meridionale ci sono riserve di petrolio e di gas naturale pari a 35 miliardi di tonnellate. Quante stupidaggine sono state dette nei primi mesi di governo del neoeletto Obama, il negro da cortile, sul G2 Usa-Cina. Obama, inaugurando a Washington il “Dialogo strategico ed economico tra l'America e la Cina”, alla fine del luglio del 2009, disse, rivolgendosi alla delegazione cinese, “le scelte in America si riverberano sull'economia globale da New York a Shan¬ghai, e occorre perciò che co¬ordiniamo i nostri interven¬ti “, auspicò la “re¬golamentazione e trasparen¬za dei mercati, e liberi ed equi commerci”, chiese alla Cina di aprire le porte del proprio mercato, così “ lo svilup¬po globale sarà più sostenibi¬le”. Tutti coloro che erano stati sedotti dall’ideologia della globalizzazione ripresero fiato e con tutte le loro forze cercarono di dimostrare che la crisi era una crisi fisiologica, un po’ più grave delle altre ma superabile. Quella parte della sinistra priva degli antidoti del catastrofismo del socialismo scientifico continuò a sperare, anche senza dirlo chiaramente, in “soluzioni keynesiane” e non vedeva e non vede la marcia tortuosa verso la guerra imperialista alla Russia e alla Cina. (1) Di quale antidoto si tratta? E’ quello delle generalizzazioni del socialismo scientifico contenute nell’analisi della decadenza, dell’agonia del capitalismo di Lenin e degli approfondimenti di Trotsky: “Durante l'infanzia, nella maturità e nella vecchiaia il cuore batte con tempi differenti. Durante l'ascesa le crisi del capitalismo avevano un carattere effimero e il calo temporaneo della produzione era più che compensato nella fase successiva. Ora non è più così. Siamo entrati in un'epoca in cui i periodi di ripresa economica sono di breve durata, mentre i periodi di depressione diventano sempre più profondi. Le vacche magre divorano le vacche grasse senza lasciare traccia e continuano a urlare nella fame”.
Quest’articolo di Trotsky - dell’aprile del 1934, Nationalism and Economic Life- mette in guardia il proletariato rivoluzionario contro l’ideologia risorgente del nazionalismo economico ed evidenzia la bancarotta del liberoscambismo internazionalista (l’ideologia globalista di quegli anni): “Solo 20 anni fa, in tutti i libri di scuola s’insegnava che il fattore più potente nella produzione di ricchezza e di cultura è la divisione mondiale del lavoro presentata come la condizioni naturali e storica dello sviluppo del genere umano. Ora si scopre che lo scambio mondo è la fonte di tutte le disgrazie e di tutti i pericoli. Si torna al focolare nazionale… La libera concorrenza è come una gallina che non ha covato un pulcino, ma un coccodrillo. Non c’è da stupirsi se non può gestire la sua prole”. Il nazionalismo economico è reazionario e utopico ma “il fatto è che le condizioni che fanno emergere il nazionalismo sono anche i laboratori delle guerre future; come una tigre affamata, l’imperialismo si ritira nella propria tana nazionale per raccogliere le proprie forze per un nuovo salto”.
Lawrence Summers, uno dei protagonisti dell’ideologia della globalizzazione e della finanziarizzazione (abolì, sotto Clinton, la rooseveltiana Glass-Steagall Banking Act che separava l’attività delle banche d’investimento dalle banche commerciali) sul Financial Times (10 luglio) manifesta tutta l’impotenza teorica degli intellettuali del grande capitale di fronte ai risultati del referendum inglese e alla vittoria di D.Trump alle primarie presidenziali repubblicane: “gli elettori si rivoltano contro le politiche economiche relativamente aperte che sono state la norma negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dopo la seconda guerra mondiale”(2). Summers è come la gallina che partorisce coccodrilli e non pulcini. Ma sia che vinca la Clinton oppure Trump la strada è la stessa l’imperialismo risponderà alla sua crisi col militarismo.

La burocrazia restaurazionista ha il dente avvelenato non solo per la sentenza della Corte permanente, ma anche perché nei primi mesi di quest’anno il parlamento europeo, a larghissima maggioranza (546 favorevoli, 28 contrari e 77 astenuti) ha respinto la richiesta dei vertici cinesi di ottenere lo status di “economia di mercato”, sin quando questi non accetteranno integralmente i criteri imposti per poter essere riconosciuta come tale. Ma non sono solo i parlamentari europei a opporsi a tale riconoscimento, Luca Visentini, neosegretario della Confederazione dei sindacati europei (Ces) Luca Visentini, segretario della Confederazione dei sindacati europei (Ces), alla fine di novembre dello scorso anno incoraggiava i parlamentari europei al rifiuto: “si incoraggerebbe il dumping illimitato alle importazioni cinesi a basso costo, con un impatto immediato e devastante sull'intero settore della produzione manifatturiera europea. Crediamo fortemente che la Ue debba allinearsi con gli altri attori su questo significativo problema economico e sociale, mantenendo regole antidumping efficaci, trasparenti e tecnicamente valide”. Sulla questione della crisi dell’acciaio la burocrazia sindacale europea è in prima fila nella richiesta di misure protezioniste contro la Cina. La burocrazia sindacale europea è in prima fila l’alfiere del nazionalismo economico. Non dobbiamo meravigliarci se sindacalisti inglesi, ritenuti classisti, abbiano votato per la Brexit. A dicembre il parlamento dell’Ue dovrebbe decidere definitivamente per il riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, ma l’aria che tira va nella direzione opposta.

La sentenza della Corte permanente dell’Aja, non fa altro che buttare benzina sul fuoco. Tutto ciò non fa altro che innescare una pericolosa spirale della ricerca di incidenti tra Cina e alleati degli USA nell’area. I vertici restaurazionisti risponderanno mostrando i muscoli, facendo i bulli, ma potranno rispondere militarmente in senso reazionario. Gli imbecilli di sinistra che adesso son diventati nazionalisti vedranno nei vertici cinesi un baluardo antimperialista (il campismo si ricicla).
Contro l’imperialismo e contro gli oligarchi cinesi la strategia e la tattica sono le stesse: sfruttare ogni occasione per conquistare le masse alla rivoluzione socialista mondiale. La costruzione della IV Internazionale, del partito della rivoluzione socialista mondiale, non può essere una prospettiva ma un compito dell’oggi.


Note

1) “I singoli imperialismi continuano ad avere propri interessi ed hanno continue differenziazioni con i loro alleati, come dimostrano le guerre neocoloniali della Francia in Africa, ma oggi è impensabile una guerra interimperialista (i paesi europei occidentali, ad esempio, fabbricano in comune il loro armamento) ed è anche assai improbabile a breve o medio termine una guerra di qualsiasi degli imperialismi contro la Cina, che sostiene tutti acquistando beni e imprese, e che è il principale socio commerciale delle multinazionali” Guillermo Almeyra, “Trotsky: che cosa continua ad essere valido?”
2) L. Summers, “Voters deserve responsible nationalism not reflex globalism,” 10 luglio F.T.

Gian Franco Camboni

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