Dalle sezioni del PCL

Chiusura dello stabilimento Whirlpool di Albacina: tutti tacciono, i sindacati acconsentono!

19 Giugno 2016

La chiusura programmata, da un paio di anni a questa parte, dello stabilimento di Albacina della multinazionale americana per eccellenza nella produzione di elettrodomestici, ormai non fa più neanche notizia negli ambienti politici e sindacali che dovrebbero contrastare questa disgraziata scelta tutta a danno dei lavoratori.
Come Partito Comunista dei Lavoratori, in passato e in tempi non sospetti abbiamo più volte sottolineato la drammaticità della situazione, che troverà il suo epilogo alla fine del mese di giugno e che avrà gravi ripercussioni sociali e occupazionali nel breve e medio-lungo termine.
Di fronte a tale situazione, gli aspetti che emergono principalmente sono due: da un lato il silenzio generale della politica locale che rispetta fedelmente gli ordini imposti dal potentato e dal padrone liberi di decidere del destino di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie per mano delle riforme fatte dai governi di centrodestra e di centrosinistra, e non ultimo dal Jobs Act di Renzi. Dall’altro, il totale lassismo e la compromissione delle sigle sindacali (CGIL-CISL-UIL) che in questi anni non hanno costruito un'opposizione reale e concreta all’interno delle fabbriche di tutto il gruppo per opporsi a questa ennesima macelleria sociale. A sostegno della nostra tesi vi sono innumerevoli dichiarazioni ed atti delle sigle sindacali, compresa la FIOM-CGIL, colpevole, soprattutto, di non aver lavorato a costruire un fronte di lotta interno che si contrapponesse alle scelte del padrone.
Di fatto, la chiusura della fabbrica viene avallata e mercimoniata sulla base, e con la scusa, di “forti investimenti nel prodotto e nell’innovazione”, che secondo la nostra esperienza nelle vertenze mai ci saranno. Aumenteranno le ore di cassa integrazione utilizzate dall’azienda, che nell’immediato causeranno l’abbattimento dei salari e abbasserà notevolmente il potere di acquisto dei nuclei famigliari già sofferenti e più colpiti dalla crisi, che verranno massacrati definitivamente da futuri licenziamenti che daranno il via conclusivo al processo di delocalizzazione di tutte le attività produttive.
Arrivati a questo punto, le responsabilità delle sigle sindacali sono limpide e difficile da mal interpretare. La finta combattività della FIOM locale e nazionale si è dissolta come neve al sole. Le tesi del tandem Camusso-Landini, nella ricerca estenuante degli accordi e della concertazione a tutti i costi per salvare il salvabile, risultano inadeguate e non corrispondono alle reali esigenze dei lavoratori e della classe lavoratrice.

Come forza politica anticapitalistica e di opposizione, rilanciamo la necessità di instaurare momenti unitari di lotta che possano contrapporsi al completo collasso del territorio e del nostro tessuto sociale, e che non si riducano ad una semplice ed inutile iniziativa di legge popolare legata alla nuova "carta dei diritti" che tutto l’apparato CGIL sta facendo passare come momento di svolta e di opposizione al governo, o alla sola campagna referendaria per l’appuntamento di ottobre.
Il tema centrale per noi è uno solo: l’opposizione ai governi borghesi di ogni colore e la tutela del lavoro e della classe lavoratrice su scala nazionale ed internazionale per l’unico governo possibile a difesa di questi interessi: il governo dei lavoratori.
Per una mobilitazione di massa, che produca un vero sciopero generale ad oltranza per la rivendicazione dei diritti collettivi e per le libertà personali.
Le lunghe mobilitazioni francesi, i continui scioperi in Grecia e tutti quei momenti di lotta sparsi nelle varie situazioni di crisi, devono essere ricollegati ad una grande mobilitazione generale e unitaria in risposta alla borghesia e alle burocrazie sindacali che ormai sono diventati un unica “confederazione” per la tutela del potere e per il mantenimento degli incarichi e dei ruoli.

Il PCL è impegnato con i propri militanti a ricostruire un’opposizione sul territorio nei fronti più ampi delle lotte, nella lotta interna di opposizione classista in CGIL e in tutti quei settori del mondo del sindacalismo di base ancora troppo frammentato e autoreferenziale.
Per la ricomposizione della unità di classe, espressione massima della contrapposizione al capitalismo e ai giochi legati al profitto economico.
Questa è la base su cui doveva essere costruita la vertenza in tutti gli stabilimenti della Whirlpool a rischio chiusura, con l’occupazione di tutte le fabbriche del gruppo e il blocco delle merci in entrata ed uscita, per il mantenimento del salario, contro ogni licenziamento singolo o collettivo. Un processo contro il sistema che sta distruggendo la vita di migliaia di lavoratori, ridotti ormai sul lastrico.
Ormai si è ad un bivio: o si sta dalla parte dei lavoratori o si è inevitabilmente loro nemici. Le carte sul tavolo sono ben chiare, come lo sono anche le responsabilità delle dirigenze partitiche e delle burocrazie sindacali che hanno scelto di stare, da tempo, dalla parte sbagliata. Rompere questo equilibrio diventa indispensabile per poter dare una nuova visione e una speranza ad una società ormai del tutto devastata nei principi e nella dignità.
Noi da tempo abbiamo fatto la nostra scelta! Tutti gli altri, per noi, saranno nemici di classe che contrasteremo con tutte le nostre forze e risorse.

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Ancona

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