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Dalla parte dei lavoratori francesi

Scioperi e proteste bloccano la Francia

25 Maggio 2016
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Blocco delle otto raffinerie petrolifere francesi. Blocco dei porti di Le Havre, Saint Nazaire, Marsiglia. Sciopero a tempo indeterminato delle ferrovie a partire dal 31 maggio, e dei trasporti pubblici a Parigi dal 2 giugno. Sciopero del traffico aereo dal 3 al 5 giugno.
Lo scontro sociale in Francia sulla legge El Khomri si radicalizza. È passato dalle giornate di mobilitazione nazionale scaglionate nel tempo a una possibile dinamica di sciopero generale.

Con l'elevarsi del livello di scontro si alza la posta in gioco.
Hollande e Valls sembrano aver tagliato i ponti alle proprie spalle, sotto la pressione incalzante della borghesia francese. La Medef (Confindustria francese) che già ha denunciato i "cedimenti" del governo ai sindacati per le modifiche apportate al testo originario della legge, ha minacciato di rompere con l'esecutivo in caso di ulteriori concessioni. Le Camere del Commercio e la Federazione delle imprese delle costruzioni hanno chiesto al governo la mano pesante per ripristinare l'ordine. Il gruppo Total ha minacciato di revocare i propri piani di investimento in Francia nel caso di un prolungamento dei blocchi e degli scioperi. La destra gollista denuncia l'incapacità del governo di ripristinare “l'autorità” e invoca l'intervento poliziesco.
Hollande e Valls hanno risposto alle pressioni impugnando la bandiera della fermezza. Prima hanno fatto ricorso al famigerato articolo 49 della Costituzione che consente di aggirare il voto parlamentare per decreto. Poi hanno inviato la polizia a sgomberare la raffineria in sciopero di Fos-sur-Mer, per demotivare la continuità della lotta. La parola d'ordine è: la legge sul lavoro non sarà ritirata. La speranza del governo è che l'esibizione della fermezza favorisca il riflusso del movimento, come era avvenuto nel 2010, sotto Sarkozy, nello scontro sulle pensioni.

Sul versante opposto, il gruppo dirigente della CGT si gioca nello scontro il proprio prestigio e il proprio peso politico, minacciati sia dall'intransigenza di Valls, sia dalla concorrenza della CFDT. Il nuovo segretario CGT, Martinez, non è certo un rivoluzionario. Ma intende difendere la forza contrattuale della burocrazia che dirige. Oltreché la propria autorevolezza nei rapporti interni alla CGT, instabili e burrascosi. Da qui il cambio di marcia e l'accelerazione della mobilitazione. La parola d'ordine della generalizzazione degli scioperi sta in questo quadro. Come le relazioni ostentate col movimento Nuit Debout e la piazza giovanile. La speranza della burocrazia CGT è che la minaccia della ingovernabilità del conflitto possa indurre il governo ad arretrare, senza essere costretta a proclamare un vero sciopero generale. Dicendo al governo che il suo braccio di ferro “è pericoloso”, la burocrazia segnala in forma contorta alla borghesia francese che vuole evitare una dinamica incontrollabile, ma che per questo ha bisogno di un passo indietro del governo.

Ma la situazione si regge sul crinale di un equilibrio instabile, che esclude il pareggio. O la dinamica aperta con lo sciopero delle raffinerie e dei trasporti si estende alle fabbriche in direzione di uno sciopero generale che paralizza l'intero paese, getta sul piatto della bilancia la forza di massa di quasi venti milioni di salariati, polarizza e salda attorno a sé il movimento studentesco e giovanile; oppure il movimento di sciopero è destinato a ripiegare sotto l'effetto congiunto della repressione e dello scoramento.

La parola d'ordine dello sciopero generale sino al ritiro della legge, combinato con l'occupazione delle fabbriche e la loro difesa organizzata contro la gendarmeria, è la parola d'ordine del momento. La parola d'ordine da agitare in ogni luogo di lavoro, in ogni sindacato, in ogni piazza. È l'unica via per piegare il governo. Ma è anche la via che aprirebbe in Francia una crisi rivoluzionaria, di enorme impatto in Europa e nel mondo. È la ragione per cui la burocrazia sindacale non vuole compiere quel passo. È la ragione per cui i rivoluzionari sono chiamati a rivendicarlo.
I marxisti rivoluzionari francesi sono oggi ovunque al loro posto di combattimento. A loro va il nostro sostegno e il nostro abbraccio. 'Fare come in Francia' è oggi la parola d'ordine del PCL.

Partito Comunista dei Lavoratori

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