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No al governo Monti-Napolitano, governo della Confindustria e delle banche!

14 Novembre 2011

Questa è la ragione sociale del governo: fare contro i lavoratori ciò che Berlusconi non era più in grado di fare e ciò che il centrosinistra non era ancora pronto a fare

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Nasce il governo della Confindustria e delle banche, sotto il commissariamento della BCE e la garanzia della presidenza della Repubblica. Mai nella storia italiana del dopoguerra un esecutivo è stato espressione così diretta del capitale finanziario. Mai la presidenza della Repubblica ha svolto un ruolo tanto determinante e diretto nella sua genesi, sino a travalicare forme, tempi, procedure, del tradizionale parlamentarismo borghese.

Il combinarsi della crisi del berlusconismo e della crisi finanziaria, italiana ed europea – in assenza di una soluzione parlamentare alternativa immediatamente spendibile – ha prodotto questo esito straordinario.


MARIO MONTI FIDUCIARIO DEL CAPITALE FINANZIARIO

Tutti i partiti dominanti hanno compiuto un passo indietro, per lasciare il passo al fiduciario delle banche e degli industriali. L'assetto bipolare tradizionale, già in crisi, ha subito un duro colpo dagli avvenimenti, con il distacco tra PdL e Lega da un lato e l'incrinatura interna al centrosinistra dall'altro.
Berlusconi si è rassegnato alla ritirata sotto i colpi della crisi delle Borse (e delle sue stesse aziende) e lo sfarinamento della maggioranza parlamentare alla Camera. Bersani ha scelto di sacrificare una vittoria elettorale scontata del centrosinistra e la sua stessa leadership di governo, sotto la pressione dell'emergenza finanziaria e dell'interesse generale di sistema. Affermando che “viene prima il paese e poi il partito” il gruppo dirigente del PD ha consacrato con parole auliche la propria vocazione sacrificale di fronte all'interesse superiore del capitale.


UN PROGRAMMA ANNUNCIATO DI MISURE ANTIPOPOLARI

Il programma che si annuncia è la continuità dichiarata della politica d'emergenza varata dal governo Berlusconi, col lasciapassare delle “opposizioni” parlamentari: il rispetto del programma Europlus e dei relativi impegni solennemente assunti in sede UE. Non è davvero in discussione il programma di fondo del governo italiano, mai come oggi così predefinito. Era semmai in discussione la credibilità della sua esecuzione, il superamento delle sue “lacune”, la rapidità dei suoi tempi.
Tutto il mondo capitalista, a partire dal governo tedesco, francese e americano, si è riunito a mani giunte attorno al capezzale del capitalismo italiano, per chiedere un'ulteriore terapia d'emergenza sul malato. Il nome di Monti e l'unità nazionale a suo sostegno sono la rassicurazione data non solo alla borghesia italiana ma al capitalismo internazionale.
Proprio per questo va rimossa ogni eventuale illusione. Il governo proverà ad edulcorare la confezione d'immagine del suo programma con qualche innocua trovata “anticasta” a fini mediatici, e una probabile minipatrimoniale richiesta persino da Confindustria e banche in funzione antidebito. Ma dentro la confezione curata starà l'attacco alle pensioni d'anzianità, il salto generale di dismissione e privatizzazione di beni pubblici, il sostegno più marcato alla demolizione progressiva del contratto nazionale di lavoro, le nuove normative sui licenziamenti. Tutto ciò che chiede l'Europa capitalista per rassicurare i banchieri.
Questa è e resta la ragione sociale del governo: fare contro i lavoratori ciò che Berlusconi non era più in grado di fare e ciò che il centrosinistra non era ancora pronto a fare. L'unità nazionale è semplicemente la soluzione di mutuo soccorso tra i partiti borghesi per garantirsi la reciproca complicità nell'attacco congiunto alla maggioranza della società. L'”unione sacra” è sempre storicamente una soluzione di guerra, in questo caso di guerra al lavoro.


LA CAPITOLAZIONE DI DI PIETRO E VENDOLA

Tanto più in questo quadro colpisce la capitolazione al governo Monti di Di Pietro e di Vendola. Il populismo comiziesco, in tutte le sue varianti, si è sciolto come neve al sole di fronte all'emergenza del capitale finanziario, sotto la pressione intimidatoria del PD e di Napolitano.
Il populismo giustizialista di Di Pietro è passato in due giorni dalla denuncia della macelleria sociale in arrivo alla «fiduciosa attesa» del nuovo governo.
Il populismo poetico di Vendola ha surfato come sempre nelle pieghe del vocabolario, per concludere che Monti è degno di un sostegno, seppur condizionato.
Entrambi hanno scelto di ingannare i lavoratori e i propri elettori accodandosi ai banchieri, e coprendo le spalle al PD, pur di coltivare le proprie ambizioni di governo futuro a braccetto con quel partito.

Dove è assente ogni confine di classe, si dissolve prima o poi ogni confine di opposizione.


VIA IL GOVERNO DEGLI INDUSTRIALI E DEI BANCHIERI!

Di fronte alla generale capitolazione al governo di Confindustria e delle banche, è necessario il rilancio di una coerente opposizione di classe. All'unità nazionale di tutti i principali partiti borghesi attorno al programma degli industriali e dei banchieri va contrapposto il fronte unico di tutte le sinistre attorno alle ragioni del lavoro. Alla guerra come alla guerra.
Il Partito Comunista dei Lavoratori fa appello a tutte le sinistre di opposizione al governo Monti per la più vasta campagna di mobilitazione contro il governo, nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole e università, nei quartieri. Preparando una prima manifestazione nazionale contro il governo da tenersi a Roma.
La cacciata del governo dei capitalisti, per un'alternativa di società, deve diventare un obiettivo centrale del movimento operaio e popolare.

Partito Comunista dei Lavoratori

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