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Contro la teocrazia iraniana A fianco del movimento di massa Con un programma anticlericale, antimperialista e socialista

20 Giugno 2009

La conclusione dello scrutinio elettorale alle elezioni presidenziali iraniane ha dato avvio ad una grande mobilitazione di piazza, contro i risultati annunciati da un regime religioso, sorto dalla rivoluzione iraniana del ’79, e che ormai da 29 anni ha preso il controllo dell’Iran.
Grandi manifestazioni hanno percorso le strade di Teheran e, da quanto si riesce a capire, delle principali città iraniane: donne, giovani, studenti e intellettuali, ed ampi settori popolari urbani, accomunati prevalentemente da domande democratiche e antiregime. Si tratta della più grande rivolta di massa sviluppatasi in Iran dopo la rivoluzione del ’79.
La repressione di questo movimento di massa segna la continuità di un regime teocratico, consolidatosi sul sangue di studenti e lavoratori,e sulla persecuzione della sinistra politica e sociale iraniana. Segna la continuità con un regime religioso oscurantista ed oppressivo, nei confronti delle donne e dei giovani, come delle religioni e delle etnie minoritarie in Iran (in primis curdi, azeri e arabi). Segna la continuità della Presidenza Ahmadinejad, che ha attuato una feroce repressione contro il movimento sindacale, licenziando ed incarcerando i lavoratori iraniani che scioperavano chiedendo salari più alti.

Il regime teocratico iraniano è scosso dalla mobilitazione popolare e vede approfondirsi tutte le proprie contraddizioni interne. Peraltro la stessa rivolta ha tratto forza dallo scontro interno al regime: uno scontro che minaccia gli equilibri costituzionali della repubblica e investe l’intero apparato dello Stato. Come comunisti e rivoluzionari, non possiamo essere che a fianco degli studenti, delle donne, dei giovani e dei lavoratori iraniani oggi in piazza, dentro un movimento di massa a carattere progressivo, contro un regime dispotico e sanguinario, e per il suo rovesciamento. Al tempo stesso, nel sostenere pienamente il movimento di massa, la sua estensione e radicalizzazione, ci battiamo per la sua autonomia dalla borghesia liberale e per una sua prospettiva indipendente: indipendente da ogni frazione del clero, della borghesia, dell’imperialismo.

La nostra denuncia dell’attuale direzione politica del movimento è molto netta. Il leader Behind Moussavi è un esponente storico del regime, in prima fila negli anni’80 a condurre la repressione contro la sinistra sociale e politica iraniana. Alle sue spalle emerge sempre più nitida la figura di Hodjatoleslam Hashemi Rafsanjani, che in questi anni è stato uno dei due principali esponenti del regime iraniano e ne è tuttora una delle principali figure religiose ed istituzionali.

Questo fronte “riformista”, guidato dalla borghesia urbana e commerciale iraniana ha al centro del proprio programma politico non una reale democratizzazione dell’Iran, ma la fine di una politica economica inflazionistica, la necessità di aprire una politica di bilancio di tagli e sacrifici e la ripresa del commercio internazionale dell’Iran. Non a caso è un fronte che raccoglie ampi settori delle gerarchie religiose conservatrici, compreso una parte degli stessi Pasdaran, preoccupati dalla tenuta del regime per la sua politica economica e per la ricerca di un confronto internazionale con gli Stati Uniti sulla questione nucleare.

La stessa amministrazione Obama è oggi in estremo imbarazzo. Nel momento in cui ha segnato una svolta dalla politica di confronto militare di Bush ed ha momentaneamente fermato la ricerca di un escalation militare israeliana, si ritrova a non poter condurre una trattativa aperta con un regime spaccato ed indebolito. Di più, si trova sotto un attacco interno diretto da parte dei settori neoconservatori statunitensi, che gli chiedono di prendere in mano il cerino e di guidare una “nuova rivoluzione”, falsamente democratica, come a Belgrado, a Kiev od in Georgia (un “onda verde”che richiami e prosegua il lavoro della “rivoluzione arancione” in Ucraina o di quella “delle rose” in Georgia). La fine ingloriosa di queste cosiddette rivoluzioni democratiche è sotto gli occhi di tutti: la scalata al potere di circoli borghesi filoamericani, che hanno attuato repressioni interne anche peggiori delle precedenti (come in Georgia) o lotte intestine all’ultimo sangue, con contorni di corruzione e servizi segreti (Belgrado e Kiev). L’amministrazione statunitense è ancora indecisa, in parte in attesa di vedere se Ahmadinejad è in grado di consolidare la situazione o sarà travolto dagli eventi. Ma di una cosa possiamo esser sicuri: sia che continui una politica di ricerca di un accordo con il regime iraniano, sia che imprima una nuova scelta ed un confronto con un Iran militarmente accerchiato (ad ovest l’Iraq occupato, ad est l’Afghanistan occupato), la scelta sarà dettata unicamente dagli interessi della politica di potenza americana, senza alcun riguardo per i destini della democrazia iraniana e, tantomeno, dei lavoratori e delle masse popolari di quel paese.

Per tutte queste ragioni è decisivo coniugare la piena scelta di campo a sostegno del movimento di massa iraniano con una coerente proposta politica indipendente.
Le istanze democratiche della rivolta vanno sviluppate conseguentemente sul loro stesso terreno: immediata riconvocazione delle elezioni! Via la repubblica islamica, via la teocrazia! Assemblea costituente, libera e sovrana, con un suffragio universale dai sedici anni di età!
Questo stesso sviluppo di una battaglia democratica conseguente richiede la rottura con Moussavi e Rafsanjani, con ogni ala della borghesia islamica e liberale, e l’ingresso in campo della classe operaia, a partire dalle sue rivendicazioni sociali.
Solo una classe operaia che si ponga alla testa della rivolta democratica può contrastare ogni sua subordinazione alle pressioni dell’imperialismo.
Solo un blocco sociale autonomo da Rafsanjani, dalla borghesia degli arricchiti, dall’imperialismo, può incrinare il blocco sociale su cui si regge il regime, sottrargli il consenso dei settori poveri, nelle campagne e nelle città.
Solo un blocco sociale di lavoratori, giovani, strati popolari delle città, può rovesciare i rapporti di forza, precipitare la crisi del regime, aprire la via di un’alternativa vera.
Solo un governo operaio e popolare in Iran, che rompa con la borghesia e l’imperialismo, può trascinare la realizzazione compiuta delle rivendicazioni democratiche, entro una dinamica di rivoluzione permanente.

Questo programma richiede lo sviluppo di un partito comunista rivoluzionario dell’avanguardia di classe in Iran, che tragga le lezioni del movimento operaio iraniano e delle politiche fallimentari delle sinistre iraniane: dalla subordinazione degli stalinisti a Khomeini nella rivoluzione iraniana del ’79, sino alla subordinazione del riformismo e del centrismo ai fronti popolari con la cosiddetta “borghesia democratica” (“Consiglio della resistenza iraniana”).

Il PCL fa appello a tutte le forze della sinistra italiana per un’azione di autonomo sostegno al movimento di massa iraniano contro la repressione teocratica sulla base di un programma e di una proposta coerentemente classista e antimperialista. In aperto contrasto con quelle operazioni politiche dell’imperialismo e del sionismo che lavorano ad assorbire la rivolta iraniana entro il proprio programma di omologazione dell’Iran al controllo occidentale.


Comitato Esecutivo del
Partito Comunista dei Lavoratori
Sez. italiana del
Coordinamento per la rifondazione della IV Internazionale

info@pclavoratori.it

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